Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1936 del 25/01/2017


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Cassazione civile, sez. I, 25/01/2017, (ud. 06/12/2016, dep.25/01/2017),  n. 1936

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 140/2013 proposto da:

S.A.A.R. S.R.L., (p.i (OMISSIS)), già S.A.A.R. S.P.A., in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE 161, presso l’avvocato LORENZO

ATTOLICO, rappresentata e difesa dall’avvocato GIANPIETRO QUIRICONI,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SAN

SEBASTIANELLO 9, presso l’avvocato ARTURO LEONE, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato FULVIO VINCENZO MELLUCCI, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2987/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 11/09/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/12/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;

uditi, per la ricorrente, gli Avvocati G. QUIRICONI e L. ATTOLICO che

si riportano;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato F.V. MELLUCCI che si

riporta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LUCIO CAPASSO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il tribunale di Milano, accogliendo le pretese di C.A. nei confronti della Saar s.r.l. (già Saar s.p.a.), inibiva alla convenuta l’uso delle immagini e di alcuni brani musicali dell’artista e ordinava il ritiro di esse e dei relativi supporti fonografici (CD e musicassette), nonchè delle immagini impiegate in materiale pubblicitario. Condannava altresì la convenuta al risarcimento dei danni da responsabilità extracontrattuale, quantificandoli in base a c.t.u..

I gravami, principale della Saar e incidentale di C., venivano rigettati dalla sezione specializzata per la proprietà industriale della corte d’appello di Milano.

Il giudice d’appello, per quanto ancora unicamente rileva a proposito del gravame principale, osservava che la società, violando l’art. 110 della legge aut., non aveva dato prova scritta dell’esistenza di un contratto discografico inter partes, nè di essere titolare di quei diritti che, in difetto di prova, dovevano presumersi sempre in capo all’artista; che il contratto registrato nel 1964 aveva riguardato la cessione a Saar dei diritti derivati dalle prestazioni artistiche di C. a partire dal 1960, senza nulla evidenziare con riferimento ai diritti spettanti per i brani antecedenti; che la misura inibitoria doveva trovare conferma, non potendo considerarsi impeditiva la prospettata difficoltà di estrapolare i brani contenuti in raccolte, giacchè, dal punto di vista materiale, l’inibitoria, pur potendo coinvolgere anche brani diversi, era strettamente necessaria a garantire la non continuazione della condotta illecita.

Avverso la sentenza, depositata l’11-9-2012 e notificata il 19-10-2012, la Saar ha proposto ricorso per cassazione in sei motivi.

L’intimato ha replicato con controricorso.

Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Col primo mezzo, denunziando violazione o falsa applicazione degli artt. 1, 2, 13, 61, 72 e 110 legge aut. e vizio di motivazione, la ricorrente ascrive alla corte d’appello di aver confuso i concetti giuridici rilevanti in causa, non avendo colto la differenza di disciplina esistente per la tutela dei diritti rivendicati da C., in qualità di artista interprete esecutore, rispetto a quella invece riservata agli autori e ai produttori di fonogrammi.

Sempre col primo mezzo la ricorrente, deducendo violazione dell’art. 110 legge aut., censura inoltre la sentenza per aver omesso di considerare che la detta norma non era applicabile ai fatti di causa, ove le registrazioni fonografiche erano relative agli anni dal 1958 al 1960, sì da essere soggette alla disciplina della L. n. 633 del 1941 anteriore alla riforma dettata dal D.Lgs. n. 685 del 1994; e, in ogni caso, per non aver considerato che la forma scritta richiesta ad probationem non poteva costituire requisito di validità dell’acquisito e della cessione dei diritti. Donde, se la corte d’appello avesse correttamente applicato l’art. 110 cit., mai avrebbe potuto negare la prova dell’esistenza dell’accordo tra C. e Saar quanto alla realizzazione e commercializzazione delle registrazioni fonografiche in oggetto, posto che (i) l’avvenuta registrazione a favore di Saar non era stata neppure messa in dubbio; che (ii) in base a prova scritta, C. aveva percepito per un trentennio i compensi concordati; e che (iii) lo stesso artista, come ancora documentalmente evidenziato, aveva chiesto a Saar, e da questa ottenuto, il consenso per poter riprodurre e commercializzare le medesime registrazioni.

Col secondo motivo, deducendo omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza, la ricorrente lamenta non esser stata esaminata la documentazione prodotta in causa, in relazione alle registrazioni fonografiche di cui sopra.

Col terzo motivo, ancora deducendo omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza, la ricorrente lamenta non esser stata esaminata la documentazione relativa alle immagini fotografiche di C..

Col quarto motivo essa deduce, in relazione all’art. 112 cod. proc. civ., il vizio di ultrapetizione, essendo stata, a fronte di più limitata domanda, accolta l’azione inibitoria relativamente all’utilizzo dell’immagine dell’artista “su tutti i supporti fonografici (CD e musicassette) tuttora in possesso della convenuta o dei licenziatari della stessa nonchè delle immagini utilizzate per materiale pubblicitario strumentale alla vendita dei CD e delle musicassette così individuate”; ed essendo stato altresì impartito l’ordine di ritiro dal commercio di determinati CD, alcuni dei quali non riproducesti le registrazioni oggetto di causa.

Col quinto motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 161 della legge aut. e art. 101 cod. proc. civ., oltre che vizio di motivazione, la ricorrente lamenta che il provvedimento inibitorio non poteva esser pronunciato in relazione a supporti fonografici incorporanti anche opere musicali di terzi estranei al giudizio.

Infine col sesto conclusivo mezzo la ricorrente lamenta la mancanza di motivazione della sentenza in relazione al quantum risarcibile.

Possono essere unitariamente esaminati, per connessione, i primi due motivi di ricorso.

I motivi sono fondati.

La sentenza riferisce che i fatti erano relativi all’utilizzazione di immagini e registrazioni fonografiche attinenti al periodo anteriore al 1960.

L’illecito extracontrattuale della società è stato desunto dalla considerazione che “la mera qualificazione di Saar come produttore di alcuni brani oggetto della lite non prova nè l’esistenza del contratto discografico tra le parti, nè l’esistenza in capo a Saar dei diritti di cui esclusivo titolare, in assenza di prova contraria, rimane pur sempre l’artista”.

In questo senso, secondo la corte d’appello, “l’assenza di qualsivoglia documentazione che possa provare l’effettiva cessione dei diritti dell’artista, nonchè il suo effettivo contenuto, conferma l’esistenza dell’illecito utilizzo dei brani e dei fonogrammi oggetto del giudizio”, in quanto “il contratto (..) registrato nel 1964, riguardante la cessione esclusiva a Saar, per il periodo 1960-1962, dei diritti derivanti da qualsiasi prestazione artistica” di C. “disciplina dettagliatamente i rapporti (..) a partire dal 1960 e per il futuro”; mentre “nulla dice con riferimento ai diritti spettanti a Saar per i brani e fonogrammi anteriori”.

3. – A fronte di quanto considerato dal giudice d’appello, è invece da osservare che la disciplina normativa distingue la tutela accordata a colui che si identifica con l’autore dell’opera dell’ingegno – tutela che consegue in sè all’atto di creazione dell’opera (art. 6 legge aut.) – dalla tutela accordata, quanto alle opere o composizioni musicali, agli artisti esecutori (art. 80).

Precisato che ratione temporis deve aversi riguardo al testo originario della L. n. 633 del 1941, in quanto le registrazioni de quibus e le immagini nelle riproduzioni in CD e musicassette erano, in base alla sentenza, anteriori al 1960, vi è che l’art. 80, nel testo pro tempore, riconosceva agli artisti esecutori di opere o composizioni musicali, indipendentemente dalla eventuale retribuzione loro spettante per la rappresentazione o esecuzione, il mero diritto a un equo compenso nei confronti di chiunque avesse diffuso o trasmesso per radiodiffusione, telefonia o altro apparecchio equivalente, ovvero avesse inciso, registrato o comunque riprodotto su disco fonografico o altro apparecchio equivalente, la suddetta rappresentazione o esecuzione.

Uguale diritto la legge riconosceva nei confronti di chiunque, con gli stessi mezzi, avesse diffuso o riprodotto successivamente l’opera già diffusa, trasmessa, incisa, registrata o riprodotta.

Ancora, sempre in base al testo originario, l’art. 80 prevedeva che il mentovato diritto non competesse se la rappresentazione o esecuzione, fossero state fatte per la radiodiffusione, la telefonia, la cinematografia, l’incisione o la registrazione sugli apparecchi meccanici sopraindicati e a tale scopo retribuita. Ed egualmente che nessun compenso era dovuto per le registrazioni su disco, nastro metallico o altro procedimento analogo, indicate negli art. 55 e 59 della legge aut.

4. – Solo in esito alle modifiche attuate, in sequenza, con il D.Lgs. 23 ottobre 1996, n. 581, art. 6, con il D.Lgs. 16 novembre 1994, n. 685, art. 13, con il D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 154, artt. 10 e 11 e, da ultimo, con la sostituzione fattane dal D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 68, art. 20, l’art. 80 è giunto all’attuale configurazione dei diritti degli artisti interpreti e degli artisti esecutori, modellata, indipendentemente dall’eventuale retribuzione loro spettante per le prestazioni artistiche dal vivo, su diritti esclusivi: segnatamente sui diritti di (a) autorizzare la fissazione delle loro prestazioni artistiche; (b) autorizzare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte, della fissazione delle loro prestazioni artistiche; (c) autorizzare la comunicazione al pubblico, in qualsivoglia forma e modo, ivi, compresa la messa a disposizione del pubblico in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente, delle proprie prestazioni artistiche dal vivo, nonchè la diffusione via etere e la comunicazione via satellite delle prestazioni artistiche dal vivo, a meno che le stesse siano rese in funzione di una loro radiodiffusione o siano già oggetto di una fissazione utilizzata per la diffusione; (d) autorizzare la messa a disposizione del pubblico in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente, delle fissazioni delle proprie prestazioni artistiche e delle relative riproduzioni; (e) autorizzare la distribuzione delle fissazioni delle loro prestazioni artistiche; (f) autorizzare il noleggio o il prestito delle fissazioni delle loro prestazioni artistiche e delle relative riproduzioni.

In base quindi all’evoluzione di cui si è detto, l’interpretazione ed esecuzione di opere musicali (o simili) rimane sì oggetto di un diritto connesso al diritto d’autore. Tuttavia, per fatti collocati temporalmente nella vigenza della norma originaria, al suddetto diritto non viene collegata una facoltà esclusiva di utilizzazione ma solo una tutela patrimoniale, consistente nel diritto all’equo compenso (e v. anche l’art. 2579 cod. civ.).

5. – Siffatta peculiarità non è stata considerata dall’impugnata sentenza, cosicchè la stessa va cassata in relazione ai primi due motivi di ricorso.

Ciò determina l’assorbimento dei motivi terzo e sesto.

6. – Il quarto motivo è inammissibile.

La censura si incentra su un rilievo di ultrapetizione. L’ultrapetizione viene ascritta al giudice d’appello per aver confermato la sentenza di primo grado s sua volta asseritamente viziata da ultrapetizione.

Anche a voler prescindere dalla genericità di formulazione del motivo, atteso che non risultano riportati in ricorso i termini della censura proposta avverso la sentenza di primo grado, alla quale l’ultrapetizione era stata ascritta, può osservarsi che la corte d’appello ha escluso l’ultrapetizione del tribunale in quanto le domande di C. – di “ordinare, condannare e inibire” – “previo accertamento dell’illecito utilizzo da parte di Saar dell’immagine (..) nonchè della riproduzione e commercializzazione di fonogrammi dello stesso”, erano corrispondenti “alle pronunce di inibitoria e di condanna disposte dal giudice di primo grado”.

Una simile valutazione della sentenza d’appello, implicando l’interpretazione della domanda in termini consonanti col giudice di primo grado, non può considerarsi affetta essa in quanto tale – da ultrapetizione.

Invero la decisione d’appello ha reso la pronuncia alla stregua della censura che si assume esser stata a lei rivolta, e semplicemente l’ha rigettata perchè, a suo dire, infondata.

Va rammentato che, secondo la giurisprudenza di questa corte, l’interpretazione della domanda spetta al giudice del merito, per cui, ove questi abbia espressamente ritenuto che una certa domanda era stata avanzata – ed era compresa nel thema decidendum – tale statuizione, finanche ove erronea, non può essere direttamente censurata per ultrapetizione. Essa può configurare al più un errore interpretativo in ordine all’accertamento in concreto della volontà della parte così come esplicitamente ricostruita nella motivazione (cfr. Sez. 3 n. 17451-06; Sez. lav. n. 3702-06; Sez. 1 n. 2096-07; Sez. lav. n. 2630-14; Sez. 2 n. 1445-16).

In sostanza, avendo il giudice d’appello comunque svolto una verifica sul punto, e affermato che la certa statuizione era da ritenere compresa tra quelle da adottare dal giudice di primo grado, il vizio di ultrapetizione non è logicamente prospettabile, dovendosi semmai sindacare la specifica ricostruzione dell’oggetto della pretesa rispetto alla volontà della parte.

7. – Il quinto motivo, ove non assorbito dall’accoglimento dei primi due, è comunque inammissibile per genericità, non essendo stata fornita alcuna indicazione in ordine al presupposto concernente le opere musicali di autori terzi.

8. – Conclusivamente, vanno accolti il primo e il secondo motivo di ricorso.

In relazione ai detti motivi l’impugnata sentenza va cassata con rinvio alla medesima corte d’appello di Milano, che, diversamente composta, provvederà a svolgere i pertinenti accertamenti tenendo conto dei principi di diritto esposti.

Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbiti il terzo e il sesto motivo, inammissibili gli altri; cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte d’appello di Milano.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della prima sezione civile, il 6 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2017

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