Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19359 del 21/08/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 19359 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: TRIA LUCIA

SENTEN7A

sul ricorso 27605-2007 proposto da:
RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A. 01585570581, in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE TUPINI 113,
presso lo studio dell’avvocato CORBO NICOLA, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro.

1990

CATANIA SALVATORE;
– intimato –

avverso la sentenza n. 151/2007 della CORTE D’APPELLO

Data pubblicazione: 21/08/2013

di MESSINA, depositata il 08/03/2007 R.G.N. 144/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/06/2013 dal Consigliere Dott. LUCIA
TRIA;
udito l’Avvocato POMPEI ANGELO per delega CORBO

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per
accoglimento (del secondo motivo per quanto di
)

ragione.

NICOLA;

Udienza del 5 giugno 2013 — Aula B
n. 18 del ruolo — RG n. 27605/07
Presidente: Lamorgese – Relatore: Tria

1.— La sentenza attualmente impugnata, riformando la sentenza del Tribunale di Messina n.
466/03, dichiara il diritto di Salvatore Catania, dipendente ferroviario, ad ottenere, dal datore di
lavoro Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. (già Ente Ferrovie dello Stato) il pagamento dell’indennità di
trasferta maturata nel periodo 1 ottobre 1996 (recte: 1986)-13 febbraio 1994 e non corrispostagli,
condannando il datore di lavoro alla relativa corresponsione, con accessori di legge.
La Corte d’appello di Messina, per quel che qui interessa, precisa che:
a) la sentenza di primo grado è da censurare perché basata su una ricostruzione della
fattispecie non condivisibile;
b) infatti, la trasferta del lavoratore subordinato — cui consegue il diritto alla percezione della
relativa indennità — è caratterizzata esclusivamente dal mutamento temporaneo del luogo di
esecuzione della prestazione, nell’interesse e su disposizione del datore di lavoro, senza che
assumano alcun rilievo l’eventuale disponibilità manifestata dal dipendente ovvero la durata
prolungata nel tempo del suddetto mutamento o anche la coincidenza del luogo della trasferta con
quello del successivo trasferimento;
c) ciò vale anche per i dipendenti ferroviari, come si desume dall’art. 1 della legge 11 febbraio
1970, n. 34, il cui penultimo comma conferma che la trasferta si distingue dal trasferimento solo
perché lo spostamento logistico è di durata temporanea, ma che tale durata può anche essere
indeterminata;
d) ne consegue che, nella specie, sussistono tutti gli elementi per il riconoscimento del diritto
all’indennità di trasferta, visto che il Catania è stato spostato da Milazzo — sede di assegnazione e
residenza — a Messina “in via precaria e provvisoria”, continuando ad appartenere al Tronco di
Milazzo per tutto il periodo di svolgimento del lavoro a Messina (come risulta dalle buste paga);
e) d’altra parte, la distanza di quaranta chilometri intercorrente tra Milazzo e Messina
evidenzia che si è realizzata una situazione di “missione”, quale contemplata dall’art. 2 della legge
n. 34 del 1970 cit.;
t) il credito del lavoratore deve essere quantificato secondo il criterio indicato nella nuova
CTU contabile disposta in appello.
2.— Il ricorso di Rete Ferroviaria Italiana (d’ora in poi: RFI) s.p.a. domanda la cassazione della
sentenza per due motivi; Salvatore Catania non svolge attività difensiva in questa sede.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

MOTIVI DELLA DECISIONE
I — Sintesi dei motivi di ricorso
1.— Il ricorso è articolato in due motivi.

La società ricorrente precisa, in primo luogo, che in assenza di una definizione positiva della
nozione di trasferta nell’art. 1 della legge n. 34 del 1970, è necessario fare riferimento alla
giurisprudenza di legittimità dalla quale si desume che la trasferta si distingue dal trasferimento —
che comporta assegnazione definitiva del lavoratore ad altra sede diversa da quella precedente — per
il persistente legame del rapporto con il normale luogo di lavoro.
Ne consegue che, ai fini della qualificazione giuridica della presente fattispecie, ha un ruolo
centrale l’interpretazione dell’ordine di servizio del 1986, con il quale è stato stabilito lo
spostamento del Catania da Milazzo “al 44° tronco lavori di Messina con contemporaneo distacco
at sezione lavori Messina per essere utilizzato in via precaria e provvisoria in mansioni di
commesso”.
La Corte messinese ha ritenuto che tale provvedimento — letteralmente, e impropriamente
indicato come “trasloco” dell’operaio specializzato — non integrasse un trasferimento ma una
“missione”, dato il riferimento all’utilizzazione “precaria e provvisoria” del dipendente.
Tale interpretazione non corrisponde al significato letterale e logico del provvedimento, che
aveva un duplice contenuto: di trasferimento del lavoratore al 44° tronco di Messina e di
contemporaneo provvisorio distacco dello stesso alla 4° Sezione lavori, per il momentaneo utilizzo
con mansioni di commesso.
La Corte territoriale ha sovrapposto tali due contenuti — che, invece, nel testo sono nettamente
separati — e su tale erronea premessa è pervenuta ad una altrettanto erronea ricostruzione della
fattispecie, a differenza del Tribunale che aveva correttamente individuato quale fosse il significato
letterale e logico dell’ordine di servizio in oggetto, ponendo esattamente l’accento sia sul
lunghissimo periodo (circa otto anni) in cui il Catania ha lavorato a Messina senza avanzare alcuna
richiesta sia sul fatto che la ricollocazione del lavoratore a Milazzo è avvenuta in conseguenza di
una domanda di trasferimento presentata dall’interessato.
1.2.- Con il secondo motivo si denunciano: 1) violazione e falsa applicazione dell’art. 2948
cod. civ.; 2) violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.; 3) omessa e insufficiente motivazione su un
punto essenziale della controversia, rappresentato dall’eccezione di prescrizione formulata da RFI.

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1.1.- Con il primo motivo si denunciano: 1) violazione e falsa applicazione: a) dell’art. I della
legge 11 febbraio 1970, n. 34; b) dell’art. 1, quarto comma nonché degli arti. 2 e 3 della stessa legge
n. 34 del 1970; c) di ogni altra norma in materia di competenze accessorie per il personale
ferroviario e, in particolare, in materia di indennità di trasferta; 2) violazione del canone di
ermeneutica letterale e dell’art. 112 cod. proc. civ.

Si rileva che tale eccezione, rimasta assorbita in primo grado, era stata riproposta da RFI in
appello, ovviamente in via subordinata, visto che la sentenza di primo grado aveva respinto la
domanda del lavoratore.
La Corte messinese, ribaltando l’esito del giudizio, ha del tutto ignorato tale eccezione,
violando l’art. 112 cod. proc. civ.

II — Esame delle censure

2.1.- In base ad un consolidato e condiviso orientamento di questa Corte per i dipendenti delle
Ferrovie dello Stato, a norma dell’art. 1 dell’allegato sulle competenze accessorie della legge 11
febbraio 1970 n. 34, non costituisce connotazione essenziale della missione (presupposto della
corresponsione dell’indennità di trasferta) la predeterminazione della sua durata, che può anche
essere indeterminata, come si desume dal penultimo comma dell’articolo citato, comunque
l’elemento differenziale essenziale della trasferta rispetto al trasferimento — il quale comporta
l’assegnazione definitiva del lavoratore ad altra sede diversa dalla precedente — è la circostanza che
lo spostamento dalla sede o residenza (nozioni definite analiticamente dal quarto comma del cit. art.
1), di assegnazione sia di durata meramente temporanea, ancorché indeterminata (vedi, tra le tante:
Cass. 5 ottobre 1998, n. 9870; Cass. 14 gennaio 2003, n. 438; Cass. 8 gennaio 2003, n. 94; Cass. 27
novembre 2002, n. 16812; Cass. 5 luglio 2002, n. 9744; Cass. 25 ottobre 2001, n. 13193; Cass. 21
marzo 2006, n. 6240).
Inoltre, è stato anche precisato che in caso di trasferimento del lavoratore da una unità
produttiva all’altra, si realizza un mutamento definitivo e non temporaneo del luogo di lavoro, in ciò
differenziandosi dall’istituto della trasferta, che resta caratterizzato dalla temporaneità
dell’assegnazione del lavoratore medesimo ad una sede diversa da quella abituale; ne consegue che,
ove la nuova assegnazione di sede del lavoratore sia giustificata, nella prospettiva aziendale, da
esigenze non transitorie, la modifica del luogo di lavoro costituisce trasferimento, rilevante ai sensi
dell’art. 2103 cod. civ. (Cass. 6 ottobre 2008, n. 24658).
La protrazione dell’assegnazione ad una sede diversa da quella originaria per una durata
assolutamente esorbitante (quale quella, pari a quasi otto anni, che si è verificata nella specie)
esclude, di per sé che nella specie, per dodici anni) equivale comunque sostanzialmente ad un
trasferimento del lavoratore (arg. ex Cass. 28 febbraio 2013, n. 5011) e, quindi, esclude
l’attribuibilità dell’indennità di trasferta.
2.2.- La Corte d’appello di Messina si è discostata da tali principi in quanto ha ritenuto,
diversamente dal giudice di primo grado, che lo spostamento del lavoratore da Milazzo — sede di
assegnazione e residenza — a Messina, ancorché durato per circa otto anni e conclusosi in
conseguenza di una domanda di trasferimento presentata dall’interessato per fare rientro a Milazzo,
abbia dato luogo ad una situazione di “missione” e non ad un trasferimento.
In tal modo la Corte territoriale ha male interpretato la normativa di riferimento, in quanto
non ha considerato che in essa la “missione” è comunque connotata dalla temporaneità
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2.- Il primo motivo del ricorso è fondato, per le ragioni di seguito esposte.

dell’assegnazione e la eventuale indeterminatezza della relativa durata viene in considerazione solo
in presenza di uno spostamento temporaneo, quale di per sé non può considerarsi uno spostamento
di durata pluriennale.
3.- All’accoglimento del primo motivo consegue l’assorbimento del secondo motivo.

4.- In sintesi, il ricorso deve essere accolto. Conseguentemente l’impugnata sentenza va
cassata e, non accorrendo ulteriori accertamenti di fatto, il giudizio va deciso nel merito, ai sensi
dell’art. 384, secondo comma, seconda parte, cod. proc. civ., con il rigetto della domanda proposta
con il ricorso introduttivo.
5.- L’alternarsi delle decisioni di merito e la natura delle questioni trattate giustificano la
compensazione delle spese, riguardo ai due gradi di merito del giudizio. Invece, le spese del
presente giudizio di cassazione — liquidate nella misura indicata in dispositivo — seguono la
soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la
domanda proposta con il ricorso introduttivo. Compensa, tra le parti, le spese dei due gradi di
merito del processo e condanna Salvatore Catania al pagamento delle spese del presente giudizio di
cassazione, liquidate in euro 50,00 (cinquanta/00) per esborsi, euro 1500,00 (millecinquecento/00)
per compensi professionali, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 5 giugno 2013.

III — Conclusioni

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