Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19359 del 17/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 17/09/2020, (ud. 10/02/2020, dep. 17/09/2020), n.19359

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 10824/2012 proposto da:

G. COSTRUZIONI s.r.l. (CF (OMISSIS)) in persona del legale

rapp.te p.t., rapp.to e difeso per procura speciale del 22 aprile

2012 con firma autenticata dal Notaio T.P. di (OMISSIS),

rep. n. (OMISSIS), dagli avv. Giuseppe Bonanno, Luigi Cinquemani e

Massimo Errante, elettivamente domiciliati presso lo studio di

quest’ultimo in Roma alla via Monte Zebio n. 25;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (CF (OMISSIS)), in persona del Direttore p.t.,

rapp.ta e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato,

elettivamente domiciliata in Roma alla v. dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 225/25/11 depositata il 25 ottobre 2011 della

Commissione tributaria regionale di Palermo;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 10 febbraio 2020 dal relatore Dott. Aldo Ceniccola;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. De

Augustinis Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 25 ottobre 2011 la Commissione tributaria regionale di Palermo respingeva, salva l’applicazione del cumulo delle sanzioni di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12 l’appello proposto da G. Costruzioni s.r.l. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Agrigento che ne aveva respinto il ricorso avverso un avviso di accertamento originato da un controllo riguardante la correttezza della contabilizzazione dell’acquisto di alcune aree edificabili effettuato dalla ricorrente: l’Ufficio, infatti, accertato che il prezzo della vendita del terreno edificabile non ammontava ad Euro 660.000, come indicato nel contratto definitivo, ma ad Euro 413.165,32, come indicato nei preliminari, evidenziava che la differenza tra i prezzi integrava un costo inesistente, indebitamente dedotto dalla società ai fini della determinazione del reddito di impresa e del valore della produzione netta.

La Commissione, esclusa l’illegittimità dell’avviso per violazione della L. n. 212 del 2000, artt. 7 e 12 disattendeva le censure riguardanti il merito dell’accertamento, osservando che le somme effettivamente pagate per le operazioni di acquisto erano quelle indicate nei preliminari di acquisto.

Neppure poteva essere preso in considerazione, secondo la CTR, il rilievo secondo cui il contratto preliminare si riferiva ad un appezzamento di terreno diverso da quello oggetto dell’atto pubblico di compravendita, trattandosi di questione sollevata per la prima volta in appello e nemmeno documentata dall’interessata.

Avverso tale sentenza G. Costruzioni s.r.l. propone ricorso per cassazione affidato a sette motivi. Resiste l’Agenzia delle entrate mediante controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo lamenta la nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 30,31,32,33 e 34 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), in quanto, nonostante l’udienza del 10 ottobre 2011 fosse stata fissata dalla Commissione regionale, a seguito del rinvio dall’udienza dell’11 luglio, al solo fine di trattare l’istanza di sospensione (come espressamente risultava dall’avviso di trattazione inviato dalla segreteria della Commissione), la causa venne direttamente decisa nel merito, violando in tal modo il diritto di difesa del contribuente ed impedendogli di depositare documenti fino a venti giorni prima dell’udienza, di depositare memorie illustrative fino a dieci giorni prima, e di partecipare alla discussione in pubblica udienza.

1.1 Il motivo è inammissibile.

1.2 Va in via preliminare precisato che la questione posta dalla ricorrente è differente da quella esaminata da Cass. n. 8510/10, che riguarda il diverso caso nel quale la Commissione tributaria abbia deciso direttamente il merito senza esaminare la domanda cautelare: nel caso di specie, infatti, la ricorrente si duole dell’adozione di una decisione, concernente il merito, a seguito di un’udienza destinata unicamente all’esame della domanda cautelare.

1.3 Ciò posto, deve ulteriormente rilevarsi che, come condivisibilmente statuito da Cass. n. 26831/14 “La denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione” (cfr. in tal senso anche Cass. 23638/16).

1.4 Ne consegue che è inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito.

1.5 Tale principio risulta affermato anche da Cass. n. 24532/09 secondo cui “resta, dunque, inammissibile il ricorso col quale si lamenti la generica lesione del contraddittorio, senza prospettare a fondamento dell’impugnazione stessa le ragioni per le quali tale lesione abbia comportato l’ingiustizia del processo d’appello, causata dall’impossibilità di difendersi a tutela di diritti o posizioni giuridicamente protette”.

1.6 Nel caso di specie, del resto, il rinvio ad altra udienza venne disposto senza delimitare specificamente l’oggetto di quest’ultima, tanto più che il tempo intercorso tra le due udienze era ampiamente sufficiente a garantire il deposito di documenti e di memorie illustrative.

2. Il secondo motivo lamenta la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 2, (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), avendo il processo verbale di constatazione operato, quanto all’indicazione delle ragioni che giustificavano il controllo, un mero rinvio alla lettera di incarico: infatti, secondo la ricorrente, innanzitutto l’informativa riguardante le ragioni del controllo doveva essere resa all’inizio e non alla fine dell’accertamento ed inoltre la lettera di incarico nemmeno effettivamente esponeva le specifiche ragioni della verifica.

3. Il terzo motivo lamenta l’omessa o carente motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5), avendo la CTR trascurato fatti, desumibili dagli atti e documenti allegati dalla parte, decisivi ai fini della dimostrazione della violazione dell’art. 12 cit..

3.1 I motivi, che in quanto connessi possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

3.2 La violazione del disposto dell’art. 12, comma 2, cit., e dunque la mancata esposizione delle ragioni poste a fondamento della verifica, non determina la nullità dell’atto impositivo, non essendo tale conseguenza espressamente prevista dalla legge ed avendo comunque il contribuente l’onere di dedurre e dimostrare il concreto pregiudizio derivato alla sua difesa dalla denunciata violazione (Cass. n. 28692/18). Infatti, come più specificamente statuito da Cass. n. 992/15, “In materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’inosservanza degli obblighi informativi determina la nullità degli atti della procedura nei casi in cui l’effetto invalidante sia espressamente previsto dalla legge, mentre, negli altri casi, occorre valutare, anche alla luce dell’interpretazione offerta dalla giurisprudenza Europea che impone di verificare se la prescrizione normativa si riferisca ad una formalità o circostanza essenziale per il raggiungimento dello scopo cui l’atto è preordinato, se la violazione di legge abbia comportato la mera irregolarità dell’atto (o della procedura) ovvero sia idonea a determinare l’invalidità dello stesso. (Nella specie si è escluso che l’imprecisa indicazione fornita al contribuente circa l’estensione temporale della verifica comportasse l’automatica invalidità dell’atto, tanto più che l’atto impositivo si fondava sulla documentazione offerta dal contribuente e nel processo verbale di rilevamento della giacenza era previsto il compimento di una contestuale verifica generale)”.

3.3 Nel caso in esame, del resto, non solo la ricorrente ha omesso di precisare qual è stato il concreto pregiudizio derivato dalla denunciata asimmetria informativa, ma, in ogni caso, il processo verbale di constatazione evidenziava che le ragioni che avevano giustificato il controllo erano state esposte nella lettera di incarico, ricevuta dal contribuente (come da questi espressamente ammesso: cfr. pag. 18 al rigo 15 del ricorso per cassazione) al momento dell’inizio della verifica. 4. Il quarto motivo lamenta la nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 4), avendo la CTR trascurato l’esame di un motivo di appello, consistente nel mancato rilascio da parte dell’Ufficio, all’esito delle operazioni di verifica, del processo verbale di chiusura delle operazioni contenente l’avviso della facoltà, per il contribuente, di comunicare entro sessanta giorni, osservazioni e richieste.

4.1 Il motivo è inammissibile.

4.2 Anche in tal caso, infatti, il contribuente ha omesso di precisare quale sia stata la reale offensività di tale omissione, trascurando l’allegazione di qualsivoglia elemento idoneo a far ragionevolmente ritenere che, senza l’irregolarità formale, il procedimento avrebbe avuto, o avrebbe potuto avere, un risultato diverso e che dunque il provvedimento finale avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

5. Il quinto motivo lamenta la nullità della sentenza e del procedimento per violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 e dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 4), avendo la CTR omesso di considerare quanto evidenziato dal contribuente, non solo con riferimento alla diversità di oggetto tra i contratti preliminari ed il definitivo, ma anche riguardo al prezzo pattuito, che comprendeva non solo la somma di Euro 413.165,32 ma anche ulteriori controprestazioni in natura. Inoltre le argomentazioni sostenute dalla parte per evidenziare la discrasia tra l’oggetto dei preliminari ed il contratto definitivo, non costituivano domande nuove, come tali inammissibili, non essendosi verificato in concreto alcun mutamento degli elementi materiali del fatto costitutivo della pretesa, sicchè il giudice di appello avrebbe dovuto prenderle in considerazione.

6. Il sesto motivo lamenta l’omessa o carente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5), avendo la sentenza impugnata attestato l’insussistenza di ragioni che potessero giustificare la stipula di un contratto definitivo per un corrispettivo diverso dai preliminari, senza tuttavia considerare adeguatamente il contenuto di tali contratti.

6.1 I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati in quanto connessi, sono inammissibili.

6.2 Tutte le questioni riguardanti la diversità di oggetto tra i preliminari ed il definitivo sono state decise dalla CTR attraverso una duplice ratio decidendi alternativa, facente leva sulla novità della domanda ed – in ogni caso – sul mancato deposito dell’atto pubblico di trasferimento.

6.3 Il contribuente, dopo aver censurato la prima, contestando le considerazioni concernenti la ritenuta novità della domanda, ha però del tutto omesso di confrontarsi con la seconda, mediante la quale la CTR ha espressamente evidenziato che “a prescindere dall’inammissibilità per violazione dell’art. 57… il rilievo non sarebbe stato accoglibile in quanto la parte, pur sostenendo la differenza tra i due atti, non ha prodotto in giudizio l’atto pubblico di trasferimento, impedendo così ogni possibile confronto e riscontro tra i due atti”.

6.4 Del tutto generica appare poi l’ulteriore censura riguardante l’inadeguato esame, da parte della CTR, del contenuto dei preliminari, avendo la ricorrente omesso di precisare quali siano stati gli aspetti, disciplinati dal preliminare, meritevoli di una disamina più approfondita. 7. Il settimo motivo evidenzia l’omessa o carente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5), avendo la CTR trascurato di esaminare alcuni profili esposti dal contribuente. Quest’ultimo aveva infatti evidenziato che: se anche una parte del corrispettivo di Euro 600 mila non fosse stata versata, tale circostanza non sarebbe rilevante ai fini dell’Irap, la cui base di determinazione è regolata dal principio di competenza e non di cassa; lo stesso venditore aveva riconosciuto che il corrispettivo per la compravendita non consisteva nel solo pagamento del prezzo di Euro 413.165,52; se, infine, l’Ufficio intendeva rettificare, come in effetti ha fatto, il costo contabilizzato per l’acquisto, avrebbe dovuto rettificare contestualmente le rimanenze finali alla data del 31.12.2006, riducendo l’importo che figura nel bilancio di esercizio di un ammontare di Euro 246.834,48.

7.1 Il motivo è infondato in tutti i suoi aspetti.

7.2 Quanto al primo, nel caso in esame non viene affatto in rilievo la necessità di verificare se trovi applicazione il principio di competenza o quello di cassa (se cioè rilevi il momento della pattuizione o piuttosto quello dell’effettiva erogazione della somma), in quanto la premessa sulla quale poggia l’avviso di accertamento (e conseguentemente la sentenza impugnata) non riguarda affatto un profilo cronologico, ma soltanto un aspetto quantitativo, e cioè che il corrispettivo realmente convenuto tra le parti era pari alla minor somma indicata nei contratti preliminari, onde il prezzo di Euro 660.000, indicato nel contratto definitivo, era simulato nei limiti della differenza in eccesso rispetto ai preliminari.

7.3 Il secondo aspetto tende ad evidenziare la necessità, trascurata dalla CTR, di incrementare il corrispettivo pecuniario indicato nei preliminari attraverso il valore dell’ulteriore prestazione a carico dell’acquirente (corrispondente all’obbligo di costruire i fabbricati): il ricorrente, però, non chiarisce in che misura tale circostanza, se presa in considerazione, potrebbe incidere sui risultati dell’accertamento, essendo quest’ultimo implicitamente ancorato al riscontro di una parziale simulazione del prezzo, rilievo che non sarebbe necessariamente smentito dalla presenza di un’ulteriore obbligazione di fare, il cui valore, del resto, non è stato esattamente determinato dal ricorrente.

7.4 Anche il terzo profilo, che insiste sulla mancata rettifica da parte dell’Ufficio delle rimanenze finali, non chiarisce in alcun modo per quale ragione l’eventuale rettifica delle rimanenze avrebbe potuto incidere sul risultato finale dell’accertamento.

8. Le ragioni che precedono impongono il rigetto del ricorso. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Pone le spese del giudizio di legittimità a carico del ricorrente, liquidandole in Euro 3.000 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2020

 

 

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