Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19359 del 03/08/2017


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Cassazione civile, sez. III, 03/08/2017, (ud. 18/05/2017, dep.03/08/2017),  n. 19359

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2711/2015 proposto da:

S.A.M., considerata domiciliata ex lege in ROMA, presso

la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato ALFONSO PEPE unitamente all’avvocato FRANCESCO SENESE

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

INA ASSITALIA SPA, G.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 7850/2014 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata

il 26/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/05/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA.

Fatto

RILEVATO

Che:

– con la sentenza qui impugnata il Tribunale di Napoli, in parziale riforma della sentenza del Giudice di Pace di Afragola, impugnata da S.A.M. nei confronti di G.G. e dell’Ina Assitalia s.p.a., ha dichiarato improponibile la domanda di risarcimento danni avanzata dalla S. nei confronti di questi ultimi ed ha perciò rigettato l’appello, compensando le spese di lite fra tutte le parti;

– il Tribunale – ritenuto che l’eccezione di improponibilità, avanzata in primo grado dal G., con riferimento al D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 145 e non esaminata dal primo giudice, potesse essere riproposta in appello ai sensi dell’art. 346 c.p.c., senza necessità di avanzare appello incidentale – l’ha reputata fondata per non avere l’attrice fornito la prova della messa in mora della società assicuratrice per la r.c.a., non essendo utilizzabile allo scopo la documentazione prodotta oltre la prima udienza tenuta dal giudice di pace;

il ricorso è proposto da S.A.M. con due motivi;

– gli intimati non si difendono;

– fissata la trattazione del ricorso in Camera di consiglio ai sensi dall’art. 375 c.p.c., comma 2, il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte;

– il collegio ha raccomandato la motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– col primo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., perchè, secondo la ricorrente, il giudice d’appello, avendo riconosciuto che il convenuto G. non era soccombente in primo grado, avrebbe dovuto ritenerne il difetto di interesse “a proporre qualsiasi impugnazione o reiterare eccezioni già formulate”, nel caso di specie l’eccezione di improponibilità della domanda;

– il motivo è infondato, atteso che non occorre che la parte proponga appello incidentale per ottenere dal giudice di secondo grado l’esame di questioni che quello di primo grado non ha esaminato perchè le ha ritenute assorbite, essendo a questo fine sufficiente che la parte riproponga le questioni in qualsiasi modo nel corso del giudizio di secondo grado per evitare che si presumano abbandonate (così già Cass. n. 2146/06 ed altre, tra cui, di recente, Cass. S.U. n. 11799/17);

– il riferimento all’interesse all’impugnazione ex art. 100 c.p.c., su cui insiste la ricorrente, è privo di giuridico fondamento, in un caso quale quello di specie, poichè la norma è riferibile all’impugnazione incidentale, non anche alla riproposizione dell’eccezione preliminare, di rito o di merito, quando questa non sia stata esaminata dal giudice di primo grado e sia stata riproposta in appello dalla parte vittoriosa, ai sensi dell’art. 346 c.p.c.;

– il primo motivo va perciò rigettato;

– col secondo motivo si deduce violazione ed erronea applicazione del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 145, ed “erronea ritenuta inadempienza all’onere dell’inoltro della raccomandata secondo L. n. 990 del 1969, ex art. 22”, perchè, secondo la ricorrente, in sentenza il giudice ha fatto riferimento alla norma sopravvenuta, mentre nel caso di specie si sarebbe dovuta applicare la norma previgente, in quanto il sinistro si è verificato nel 2000;

dato ciò, la ricorrente assume che avrebbe tempestivamente prodotto, già all’atto della costituzione in giudizio dinanzi al giudice di pace, atti equipollenti alla messa in mora, prevista dall’art. 22 della Legge del 1969, e precisamente una raccomandata r.r. del 2/4 ottobre 2000 con la quale avrebbe formalizzato la richiesta di risarcimento danni;

assume altresì che a detta raccomandata avrebbero fatto seguito altre missive inviate con raccomandate r.r. indicate alla pag. 8-9 del ricorso, elencate come prodotte col fascicolo di parte in primo grado, in quanto indicate nell’indice;

pertanto, secondo la ricorrente, l’art. 320 c.p.c., sarebbe stato richiamato erroneamente dal Tribunale, andato anche ultra petita nel rilevare preclusioni non eccepite dalle parti; comunque sarebbe stato male interpretato, con riferimento alla previsione del comma 4;

il secondo motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile;

il motivo è infondato nella parte in cui denuncia l’ultrapetizione, attesa la rilevabilità d’ufficio del superamento delle preclusioni istruttorie riferite alle produzioni documentali;

è infondato anche nella parte in cui denuncia violazione dell’art. 320 c.p.c., atteso che questa Corte ha già avuto modo di affermare che nel procedimento davanti al giudice di pace non è configurabile una distinzione tra prima udienza di comparizione e prima udienza di trattazione, pur essendo il rito caratterizzato dal regime di preclusioni tipico del procedimento davanti al tribunale; ne consegue che la produzione documentale, laddove non sia avvenuta nella prima udienza, rimane definitivamente preclusa, nè il giudice di pace può restringere l’operatività di tale preclusione rinviando ad un’udienza successiva alla prima al fine di consentire la produzione non avvenuta tempestivamente (così Cass. n. 27925/11; cfr. anche Cass. n. 18/10 e n. 13250/10);

– l’unica eccezione è costituita dal comma 4, ma la fattispecie prevista da questo comma non si può configurare rispetto ad un presupposto di proponibilità della domanda, per il quale la documentazione deve essere prodotta già con l’atto introduttivo, come ritenuto dal giudice d’appello (che peraltro ha, in concreto, riscontrato altresì che il rinvio era stato disposto dal giudice di pace per acquisire documentazione riferita all’eccezione di prescrizione e non all’eccezione di improponibilità della domanda);

– il motivo è anche inammissibile;

in primo luogo, lo è perchè non censura specificamente l’affermazione del giudice a quo secondo cui, nel caso di specie, trova applicazione l’art. 145 codice delle assicurazioni;

si tratta di un’affermazione, in sè, coerente col principio per il quale le condizioni di proponibilità della domanda devono sussistere e riferirsi al momento dell’introduzione del giudizio (cfr. Cass. n. 1189/89, in motivazione, sulla verifica in generale delle condizioni di proponibilità della domanda), sicchè, essendo stato il presente giudizio introdotto nel 2010, occorreva tenere conto dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 209 del 2005 (codice delle assicurazioni);

– vero è che, nel caso di specie -in cui il sinistro si è verificato nel 2000 – l’adempimento allora previsto dalla L. n. 990 del 1969, art. 22, avrebbe potuto essere stato compiuto prima dell’entrata in vigore del codice delle assicurazioni e quindi consentire la proponibilità della domanda per essere già decorso, a questa data di entrata in vigore, lo spatium deliberandi previsto per eventuale conciliazione transattiva della controversia;

– questo sembra essere l’assunto della ricorrente, anche se, come detto, non specificamente esposto nel ricorso, come avrebbe imposto la norma dell’art. 366 c.p.c., n. 4;

– la ricorrente, infatti, dopo aver richiamato la data di verificazione del sinistro, si limita a sostenere di avere assolto all’onere della L. n. 990 del 1969, art. 22;

– anche sotto questo profilo, tuttavia, il motivo è inammissibile, per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6;

– esso indica soltanto le date delle lettere raccomandate che, a dire della ricorrente, avrebbero soddisfatto lo scopo di messa in mora di cui alla L. n. 990 del 1969, art. 22;

assume la ricorrente che dette missive sarebbero state presenti nel fascicolo di parte sin dalla costituzione in giudizio dinanzi al giudice di pace;

– tuttavia, non ne riproduce, nemmeno per sintesi, il contenuto e non ne indica la provenienza (dalla parte e/o dal suo difensore), così non consentendo di verificare se effettivamente esse avrebbero consentito il raggiungimento dello scopo perseguito col citato art. 22, mediante la compiuta individuazione dell’assicurato e della polizza che lo copriva, la ricostruzione della dinamica del sinistro e la stima del danno;

– ancora, il motivo è inammissibile perchè, mancando ogni riferimento all’attività svolta nel corso delle udienze dinanzi al primo giudice, non consente di superare l’affermazione del Tribunale secondo cui il giudice di pace constatò “la mancata produzione delle missive di messa in mora nel corso della prima udienza” e rinviò perciò ad un’udienza successiva per consentirne il deposito, incorrendo quindi nella violazione della preclusione di cui si è detto sopra a proposito dell’art. 320 c.p.c.;

il ricorso va perciò rigettato;

– non vi è luogo a provvedere sulle spese perchè gli intimati non si sono difesi;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 18 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2017

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