Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19358 del 20/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 19358 Anno 2018
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA MARIA GIULIA

ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 6096 del ruolo generale dell’anno 2014,
proposto
da
Agenzia delle entrate,

in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura
Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

-ricorrente-

Data pubblicazione: 20/07/2018

Contro
Telcal s.r.I., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al
controricorso, dall’avv.to Alessandra Clerici, elettivamente domiciliato
presso lo studio dell’avv.to Lucilla Lenti, in Roma, alla Via Crescenzio

-controricorrente e ricorrente incidentaleper la cassazione della sentenza della Commissione tributaria
regionale della Lombardia n. 107/49/2013, depositata in data 10
ottobre 2013, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7
marzo 2018 dal Relatore Cons. Maria Giuria Putaturo Donati Viscido di
Nocera.
Rilevato che
– con sentenza n. 107/49/2013 depositata in data 10 ottobre 2013 e
non notificata, la Commissione tributaria regionale della Lombardia
accoglieva parzialmente – limitatamente alle imposte Irap e Ival’appello proposto dalla Telcal s.r.I., in persona del legale
rappresentante pro tempore, nei confronti dell’ Agenzia delle entrate,
in persona del Direttore

pro tempore,

avverso la sentenza n.

353/41/2011 della Commissione tributaria provinciale di Milano che
aveva respinto il ricorso proposto dalla detta società avverso l’avviso
di accertamento n. R1Q03T400906/2009, con il quale l’Ufficio, previo
p.v.c. del 24 giugno 2009 della Guardia di Finanza di Lecco, aveva
contestato alla contribuente, per l’anno di imposta 2004, ai fini Irpeg
e Irap, l’indebita deduzione di quote di ammortamento e l’indebita
detrazione di Iva in relazione ad operazioni- ritenute oggettivamente

n. 19;

inesistenti- di fornitura di beni strumentali fatturate dalla Cavi & Funi
s.r.I.,
– avverso la sentenza della CTR, la Agenzia delle entrate propone
ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui, con controricorso,
resiste la Telcal s.r.I., articolando ricorso incidentale in tre mezzi;

nell’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività della notifica
e, nel merito, per l’accoglimento del ricorso incidentale;
– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375,
secondo comma, e dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ., introdotti
dall’art.

1-bis del d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con

modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197.
Considerato che

– con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate denuncia, in
relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa
applicazione degli artt. 19, comma 1, 21, comma 7, 28,30 e 37 del
D.P.R. n. 633 del 1972 dell’art. 2697 c.c. per avere il giudice di
appello erroneamente ritenuto illegittima la ripresa a tassazione della
differenza pari al credito Iva disconosciuto – in quanto considerato
non detraibile per essere relativo a supposte operazioni inesistenti pur essendo stato l’intero credito Iva esposto nella dichiarazione
dell’anno 2005 interamente utilizzato mediante riporto nella
dichiarazione dell’anno successivo;
– con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art.
360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art.
109 del TUIR nonché dell’art. 2697 c.c., per avere il giudice a quo
erroneamente ritenuto deducibili i costi, ai fini l’Irap, sulla assunta
mancata estensibilità dell’indeducibilità dei “costi da reato” ex art. 8
del d.l. n. 16 del 2012 ad una imposta che, in quanto colpisce un

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)

– la Telcal s.r.l. ha depositato memoria insistendo preliminarmente

indice di capacità contributiva differente dal reddito, ha un
presupposto impositivo diverso dalle imposte dirette;
– preliminarmente, questo Collegio rileva l’inammissibilità – peraltro
eccepita nel controricorso- del ricorso principale per tardività della
notifica;

2009, ripercorrendo le posizioni emerse progressivamente nella
giurisprudenza negli anni precedenti, aveva affermato esplicitamente
il principio secondo il quale “In tema di notificazioni degli atti
processuali, qualora la notificazione dell’atto, da effettuarsi entro un
termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze
non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l’onere – anche
alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso
che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un
allungamento dei tempi del giudizio – di richiedere all’ufficiale
giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del
rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla
data iniziale di attivazione del procedimento, sempreché la ripresa del
medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente
contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune
diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per
assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie”;
– sul concetto di “termine ragionevolmente contenuto” entro il quale
dovesse essere ripresa la procedura notificatoria, sono nuovamente
intervenute, con un recente arresto, le Sezioni Unite ( n. 14594 del
2016), secondo le quali “In caso di notifica di atti processuali non
andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi,
appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla
richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con
immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo

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– questa Corte, a sezioni unite, già con la sentenza n. 17352 del

completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà
dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di
cui sia data prova rigorosa”;
– l’attività del richiedente, quindi, da “onere” passa a “dovere”, così
chiarendo definitivamente il contenuto dei compiti del notificante;

viene determinato – in una prospettiva ordinaria (tenuto conto che, in
fondo, si tratta di rinnovare una sola delle attività per le quali il
termine complessivo è riconosciuto) – nella metà dei termini ex art.
325 c.p.c., ossia, per quanto concerne il ricorso per cassazione, in
trenta giorni. È conservata invero, né poteva essere diversamente, la
facoltà per l’interessato di dimostrare che tale dilazione è insufficiente
in ragione di circostanze eccezionali, della cui prova resta onerato
(Cass. n. 5974 del 2017);
– nella concreta vicenda, a fronte del deposito della sentenza
impugnata in data 10 ottobre 2013 – con conseguente scadenza del
termine ultimo per la notificazione del ricorso, ai sensi dell’art. 327,
primo comma, cod. proc. civ. (nel testo vigente ratione temporis) alla
data del 10 aprile 2014 – risulta dagli atti: a) che il ricorso per
cassazione era stato inoltrato tempestivamente per la notifica, in data
28 febbraio 2014, a Telcal s.r.I., rapp.ta e difesa dall’avv.to Attilio
Pellegrini Sica con domicilio eletto presso il suo studio in Via Durini n.
25- 20100- Milano, mediante spedizione di copia conforme a mezzo
del servizio postale; b) che il plico non era stato ivi consegnato in
quanto il destinatario era risultato “trasferito”, come attestato
dall’agente postale in data 4.3.2014; c) che l’Agenzia delle entrate
aveva ripreso il processo notificatorio con spedizione, a mezzo posta,
del ricorso, in data 28 maggio 2014, a Telcal s.r.I., rapp.ta e difesa
dall’avv.to Attilio Pellegrini Sica presso lo studio in Via Boschetti n. 6,
20121 – Milano (domicilio eletto) nonché presso lo studio in Via
Passeri 159- 61100- Pesaro; d) che il plico era stato ricevuto dalla
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inoltre viene quantificato il termine “ragionevolmente contenuto”, che

contribuente in data 29 maggio 2014 presso lo studio in Via Boschetti
n. 6, 20121 – Milano (domicilio eletto) nonché in data 3 giugno 2014
presso lo studio in Via Passeri 159- 61100- Pesaro;

il mancato esito positivo del primo tentativo di notifica, dunque,

non è dipeso da una causa imputabile alla parte richiedente, la quale,

notificatoria non oltre il trentesimo giorno dalla conoscenza dell’esito
negativo del primo tentativo di notifica;
– in mancanza di prova da parte dell’Ufficio di circostanze eccezionali,
il ricorso principale va dichiarato inammissibile, stante la spedizione,
a mezzo posta, del ricorso, in data 28 maggio 2014, oltre il termine
ultimo per la proposizione dello stesso ai sensi dell’art. 327 c.p.c.;
– con il primo motivo di ricorso incidentale, la Telcal s.r.l. denuncia, in
relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione degli artt.
52, comma 6, del d.P.R. n. 633 del 1972, 33, comma 1, del d.P.R. n.
600 del 1973 nonché dell’art. 24 della legge n. 4 del 1929, per avere
il giudice di appello erroneamente escluso la violazione del principio
del contraddittorio, avuto riguardo alla redazione di un “rapporto
investigativo” relativo ad “accessi per acquisizione dei documenti”
nell’ambito di un procedimento penale, senza considerare che, al
termine della verifica della Direzione Regionale delle Entrate, non era
stato redatto alcun processo verbale di constatazione e che i rilievi
erano stati raccolti in un “rapporto investigativo” mai notificato alla
società ma semplicemente allegato al p.v.c. della Guardia di Finanza;
– con il secondo motivo di ricorso incidentale, la società contribuente
denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione
dell’art. 2697 c.c., per avere la CTR erroneamente ritenuto, da un
lato, provata da parte dell’Ufficio l’inesistenza delle operazioni
fatturate e, dall’altro, non assolta la prova contraria a carico della

tuttavia, non ha dimostrato di avere riattivato la procedura

contribuente della effettiva fornitura alla società contribuente dei beni
oggetto delle fatture emesse dalla Cavi e Funi s.r.I.;
– con il terzo motivo di ricorso incidentale, la Telcal s.r.l. denuncia, in
relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. la omessa pronuncia, in
violazione dell’art. 112 c.p.c., in ordine alla eccepita illegittimità della

n. 537 del 1993, nella formulazione introdotta con l’art. 8, comma 1,
del d.l. n. 16 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 44 del 2012;
– ai sensi dell’art. 334, comma 2, c.p.c. “se l’impugnazione principale
è dichiarata inammissibile, l’impugnazione incidentale perde ogni
efficacia”;
– in presenza di impugnazione incidentale tardiva (qual è quella in
esame), sia sorto l’interesse alla sua proposizione dalla sentenza
impugnata o dalla impugnazione proposta dall’altra parte, la stessa
perde ogni efficacia, qualora – per qualsiasi motivo – sia dichiarata
inammissibile l’impugnazione principale (Cass. n. 3862 del 2004);
– in conclusione, va dichiarato inammissibile il ricorso principale e
inefficace il ricorso incidentale; le spese del giudizio di legittimità
seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e inefficace il
ricorso incidentale; condanna l’Agenzia delle entrate, in persona del
Direttore pro tempore alla rifusione in favore della Telcal s.r.I., in
persona del legale rappresentante pro tempore,

delle spese del

giudizio di legittimità che liquida in euro 5.600,00 per compensi, oltre
alle spese forfettarie nella misura del 15% e agli altri oneri di legge;
Cosi deciso in Roma il 7 marzo 2018

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ripresa, ai fini Ires, per effetto dell’art. 14, comma 4 bis, della legge

Il Cons. est.

Il Presid nte,
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