Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19355 del 03/08/2017


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Cassazione civile, sez. III, 03/08/2017, (ud. 17/05/2017, dep.03/08/2017),  n. 19355

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12759/2015 proposto da:

C.P., Elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALFREDO CASELLA

43, presso lo studio dell’avvocato NICOLETTA MERCATI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE VALTER

CAVAGNA giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

QUARK BROADCASTING SRL, in persona dell’Amministratore unico e/o

legale rappresentante pro-tempore Sig. M.M., domiciliata in

ROMA, VIA G. BETTOLO 22, presso lo studio dell’avvocato STEFANO

FELICIOLI, rappresentata e difesa dall’avvocato MARINO VIANI giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 445/2014 del TRIBUNALE di PAVIA, depositata il

10/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/05/2017 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato il 12 aprile 2010 C.P., quale titolare della ditta ST Engineering, si opponeva a decreto ingiuntivo del Giudice di pace di Abbiategrasso che gli aveva ordinato il pagamento della somma di Euro 3150, oltre a interessi e spese, a Quark Broadcasting Srl quale residua debenza dell’importo per cui quest’ultima aveva emesso la fattura n. (OMISSIS) a seguito di vendita all’opponente di apparecchiature radiofoniche. L’opposta si costituiva, resistendo. Con sentenza del 31 gennaio-1 febbraio 2012 il Giudice di pace respingeva l’opposizione. Proposto dal C. appello, cui controparte resisteva, con sentenza del 10 novembre 2014 il Tribunale di Pavia respingeva il gravame.

2. Ha presentato ricorso il C. sulla base di due motivi; si è difesa con controricorso Quark Broadcasting Srl. In data 12 maggio 2017 per il C. si è costituito un nuovo difensore in sostituzione di quello precedente.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso è inammissibile.

3.1 I ricorso presenta anzitutto le rubriche di due motivi: il motivo sub a) viene definito denunciante violazione o falsa applicazione degli artt. 2697,2699 e 2700 c.c.nonchè violazione o falsa applicazione degli artt. 115,116 e 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c., “con consequenziale” motivo sub b), a sua volta denunciante violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 9 maggio 2001, n. 269, art. 3, art. 6, commi 1 e 3, art. 10, comma 8, lett. b), di recepimento della Direttiva 1999/5/CE. All’indicazione delle suddette rubriche seguono in primo luogo una esposizione definita “svolgimento del processo” e in secondo luogo una ulteriore esposizione definita “in fatto” (pagine 2-4 del ricorso); quindi si giunge ad una illustrazione definita “in diritto”, per entrambi i motivi unitaria.

Si prendono le mosse dall’asserto che il Tribunale “viola i principi di legge esposti nell’epigrafe” per non ritenere provato che i beni di cui alla fattura n. (OMISSIS) non sono conformi alla normativa comunitaria. Inoltre il Tribunale, ritenendo non provata pure la consegna dell’amplificatore cod. EA3K oggetto della stessa fattura perchè afferma che quest’ultima indica la vendita di una apparecchiatura qualificata FOX 3500, formata da due componenti – Eagle 500 e Falcon 50 -, si contraddirebbe enunciando che l’amplificatore cod. EA3K “è quello oggetto del sequestro” ma che “l’appellata dichiara di non avere mai prodotto e dunque ceduto all’appellante”. La motivazione della sentenza d’appello giungerebbe poi “al limite dell’errore revocatorio”, e sarebbe “del tutto errata e, soprattutto, del tutto lacunosa e contraddittoria”: seguono rilievi sull’asserito contenuto della fattura de qua e su un – non meglio identificato quanto alla tipologia cautelare – “verbale di sequestro” prodotto sub 6 in appello, che farebbe prova sino a querela di falso. Invocata successivamente giurisprudenza in ordine ai noti limiti della giurisdizione di legittimità, il ricorrente adduce che questa Suprema Corte dovrebbe controllare nel caso in esame la sussistenza di “una motivazione effettiva, non manifestamente illogica e internamente coerente”, richiamando poi ulteriore giurisprudenza per cui, in caso di doppia conforme, il travisamento della prova è rilevabile dinanzi al giudice di legittimità solo nel caso in cui sia stato valutato per la prima volta in secondo grado, e da ciò infine traendo la richiesta a questo giudicante di valutare l’esistenza di una palese difformità “tra i risultati obiettivamente derivanti dall’assunzione della prova e quelli che il giudice di merito ne abbia tratto”. Si dispiegano inoltre argomentazioni per illustrare perchè il sequestro (di cui non si qualifica la tipologia, si ripete) dell’apparecchiatura oggetto del giudizio debba essere dirimente, richiamando la normativa indicata nella rubrica del secondo motivo, e affermando che il giudice d’appello, “pur prendendo atto che la apparecchiatura oggetto della compravendita fosse stata sequestrata”, contraddittoriamente avrebbe ritenuto mancante la prova a sostegno della domanda dell’attuale ricorrente. Sono infine diretti a dimostrare ciò i successivi riferimenti a deposizioni testimoniali e a passi estrapolati dalla motivazione della sentenza d’appello, così da concludere che la posizione assunta da entrambi i giudici di merito sarebbe smentita dalla documentazione prodotta dal C..

3.2 Dalla esposizione, appositamente dettagliata, del contenuto del ricorso emerge ictu oculi che non solo i due motivi sono stati miscelati nel loro contenuto perchè trattati unitariamente, ma altresì che, comunque, le doglianze che il ricorso propone al giudice di legittimità sono state plasmate in modo assolutamente eterogeneo, percorrendo una gamma che si estende da censure direttamente fattuali in ordine alla valutazione del compendio probatorio per incedere anche nei profili motivazionali (prevalentemente riconducibili, peraltro, al previgente dettato dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) e altresì pervenire, attraverso l’ulteriore passaggio del travisamento delle prove, alla pretesa violazione di normative interne e comunitarie. Si tratta, dunque, di un ricorso conformato con modalità palesemente inammissibili, in quanto grava il giudicante della estrapolazione, da un simile compendio, di quel che spetta invece al ricorrente di porre in luce secondo il canone – ben noto e fondante – della specificità, qui carente sia sotto il profilo strutturale (unitaria illustrazione dei motivi) sia sotto il profilo contenutistico (eterogeneità delle doglianze). Da ciò discende appunto, assorbito ogni altro rilievo, la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione a controparte delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

Sussistono D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 13, comma 1 quater i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo.

PQM

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere a controparte le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 1400, oltre a Euro 200 per esborsi e agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2017

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