Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19353 del 20/07/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 19353 Anno 2018
Presidente: LOCATELLI GIUSEPPE
Relatore: FEDERICI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 25258-2011 proposto da:
LA

METALNASTRO

SRL

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIALE GIULIO CESARE 14 A-4, presso lo studio
dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI, rappresentato e difeso
dall’avvocato GIANANTONIO TESTA giusta delega in
2018

calce;
– ricorrente –

662
contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimata –

avverso la sentenza n. 92/2010 della COMM.TRIB.REG. di
– e-

Data pubblicazione: 20/07/2018

MILANO, depositata il 28/07/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/04/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCO
FEDERICI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per il

udito per il ricorrente l’Avvocato BENIGNI per delega
dell’Avvocato TESTA che ha chiesto l’accoglimento.

rigetto del ricorso;

1

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La METALNASTRO s.r.l. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n.
92/20/10, depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia il
23.07.2010.
Ha riferito di essere stata destinataria della notifica di due avvisi di accertamento,
il n. R2V03BB00173 relativo all’IRPEG dell’anno 2003, ed il n. R2V03BB00174 relativo
all’IRES 2004, con i quali l’Amministrazione procedeva al recupero a tassazione delle

colpite da calamità, oltre che alla applicazione delle sanzioni. Il recupero era disposto
a seguito della decisione della Commissione della Comunità europea n. 2005/315/CE
del 20.10.2004, la quale aveva dichiarato l’incompatibilità con il mercato comune del
regime degli aiuti alle imprese che avevano realizzato investimenti nei Comuni colpiti
dagli eventi calamitosi del 2002, previsto dall’art. 5 sexies del d.l. n. 282/2002, conv.
nella I. n. 27/2003. Alla decisione comunitaria lo Stato italiano aveva dato attuazione
con l’art. 24 della I. n. 29 del 2006.
Seguiva il contenzioso. La Commissione Tributaria Provinciale di Varese, con
sentenza depositata il 9.06.2008, accoglieva il ricorso solo con riferimento alle
sanzioni. Avverso la decisione entrambe le parti adivano la Commissione Regionale
lombarda, l’Agenzia per la riforma della sentenza in merito alle sanzioni, la
contribuente insistendo per il riconoscimento del diritto alla fruizione delle
agevolazioni. Il giudice d’appello, con la sentenza ora impugnata, accoglieva il ricorso
principale e rigettava quello incidentale.
La società contribuente ha proposto ricorso con quattro motivi, dolendosi:
con il primo della violazione e falsa applicazione dell’art. 5 sexies del d.l. n. 282
del 2002, convertito con I. n. 27 del 2003, dell’art. 4 della I. n. 382 del 2001, art. 24
della I. n. 29 del 2006 in riferimento della Decisione n. 2005/315/CE della
Commissione del 20.10.2004 e dell’art. 87 del Trattato istitutivo della Comunità
Europea, in relazione all’art. 360 cc. 1, n. 3, c.p.c., per avere erroneamente ritenuto
non spettanti le agevolazioni;
con il secondo motivo per violazione dell’art. 24, co. 2, del d.lgs n. 546 del 1992,
dell’art. 62 Reg. CE n. 69/2001 della Commissione, in relazione all’art. 360, cc. 1, n.
3, c.p.c., per aver erroneamente ritenuto che l’invocazione della disciplina sugli aiuti
cd. “de minimis” costituisse una domanda nuova, esulante dalla cognizione del giudice
d’appello perché tardiva;
RGN 25258/2011
ConsMiere est, Federici

detrazioni operate in forza della disciplina sulle agevolazioni per investimenti in zone

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con il terzo motivo per contraddittorietà della motivazione in riferimento agli artt.
24, co. 4, della I. n. 29 del 2006 e 62 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art.
360, co. 1, n. 5 c.p.c., perché le sanzioni erano state comminate per infedele
dichiarazione mentre la decisione concludeva riferendosi alla fattispecie dell’omesso
versamento;
con il quarto motivo per violazione dell’art. 24, co. 4, della I. n. 29 del 2006 e
dell’art. 8 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., per

sanzioni.
Ha chiesto in conclusione la cassazione della sentenza con rinvio al giudice
regionale.
L’Agenzia non si è costituita, nonostante la rituale notifica del ricorso.

Considerato che:
con il primo articolato motivo la contribuente lamenta l’infondatezza della richiesta
di recupero delle agevolazioni di cui aveva fruito affermando, in sintesi, che dalla
sistematica interpretazione delle norme la decisione sarebbe errata perché il
trattamento fiscale poi negato era fondato sulla semplice proroga, disposta con l’art. 5
sexies cit., delle agevolazioni riconosciute dall’art. 4, co. 1, della I. 383 del 2001 (cd.
legge Tremonti), che non richiedeva alcun rapporto causale con gli specifici danni
patiti dall’impresa a seguito delle calamità del 2002.
Il motivo è infondato. In tema di recupero di aiuti di Stato le agevolazioni fiscali
concesse ai sensi dell’art. 4, co. 1, del d.l. n. 282 del 2002, a favore delle imprese che
hanno realizzato investimenti nei Comuni colpiti da eventi calamitosi nel 2002,
possono, secondo la decisione della Commissione europea n. 2005/315/CE, essere
ritenute compatibili con il mercato comune, purché sia consentito all’Amministrazione
di procedere a controllo sulle singole imprese beneficiarie per verificare che la misura
non vada oltre la compensazione dei danni direttamente subiti dalle stesse in
conseguenza della calamità naturale (Cass., sent. n. 7662 del 2012). È incontestato -e
d’altronde lo spirito dell’intervento della decisione della Commissione 2005/315/CE era
proprio in tal senso- che dovessero escludersi dalla qualificazione come aiuti di Stato
solo quelle agevolazioni che fossero riconducibili alla compensazione economica dei
danni causati da calamità. Riproporre pertanto la lettura della disciplina è del tutto
irrilevante ed errato. La motivazione della sentenza del giudice regionale è invece
RGN 25258/2011
Consigliere est. Federici
L,
,

non aver riconosciuto l’esimente delle incertezze normative per l’esclusione delle

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coerente con lo spirito dell’art. 24 della I. n. 29 del 2006, in attuazione della citata
decisione della Commissione.
Con il secondo motivo, a fronte della dichiarata inammissibilità della domanda
perché non formulata tempestivamente in primo grado, la ricorrente sostiene che essa
doveva invece inquadrarsi nel secondo comma dell’art. 24 del d.lgs. n. 546 del 1992,
perché introdotta a seguito del deposito di documenti ad opera della controparte.
Il motivo è inammissibile perché denunciando una errata interpretazione di una

stato invocato l’errore di diritto. È inoltre inammissibile per difetto di autosufficienza.
Affermandosi infatti che la domanda è conseguenza della avversa documentazione
depositata, occorreva indicare quale fosse questa documentazione, individuare il
momento di deposito e riprodurre nel ricorso il contenuto di questa documentazione
da cui era dipesa la formulazione della nuova domanda. A margine il motivo è anche
infondato nel merito perché con esso si sostiene una lettura del tutto erronea della
disciplina sulle agevolazioni de minimis, per un verso riconoscendo che le agevolazioni
fiscali di cui la società ha fruito superano l’importo di C 100.000,00 (C 67.961,00
nell’anno 2003; C 36.295,00 nell’anno 2004), indicato dalla normativa quale soglia da
non superare in un triennio (art. 2 Regolamento CE n. 69/2001 della Commissione),
per altro verso sostenendo che l’importo percepito nel solo primo anno è stato
inferiore a quella soglia, così che a suo dire i benefici relativi all’anno 2003 sarebbero
a lui spettanti, con conseguente annullamento dell’accertamento. Sennonché il
ragionamento è del tutto erroneo perché il triennio va considerato nel suo complesso
ed è con riferimento ad esso, non al singolo anno, che va rapportata la non
superabilità della soglia di 100.000,00 C, nel caso di specie oltrepassata invece già in
un biennio.
Con il terzo motivo la contribuente lamenta la contraddittorietà della sentenza,
perché sostiene che l’erogazione delle sanzioni fosse prevista dall’art. 24 co. 4, cit. per
mancato versamento delle imposte. Tuttavia, sostiene la ricorrente, per il mancato
versamento l’art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997 prevede una sanzione pari al 30%
dell’importo non versato, laddove nel caso specifico è stata applicata una sanzione di
importo superiore; peraltro la sanzione che l’Agenzia chiedeva di applicare era quella
per dichiarazione infedele.
Anche questo motivo è infondato sebbene sia opportuno sul punto chiarire la
motivazione della sentenza del giudice regionale. Alla fattispecie è stata applicata la
sanzione per la dichiarazione infedele, prevista dall’art. 1, co. 2 del d.lgs. n. 471 del
RGN 25258/2011
Consipere est. Federici
,

i

‘;

norma processuale, esso andava ricondotto negli errores in procedendo, mentre è

4

1997, ratione temporis vigente. Ciò perché, così come emerge dallo stesso ricorso,
alla contribuente non fu contestata la mancata attestazione telematica dei benefici di
cui aveva goduto, ma l’attestazione infedele, cioè l’aver dichiarato infedelmente come
agevolabile l’importo degli investimenti, senza documentare la correlazione tra gli
stessi ed i danni subiti dagli eventi calamitosi. Emersa in sede di accertamento
l’infedeltà della dichiarazione, oltre che il recupero dei benefici fruiti a titolo
agevolativo fu somministrata la sanzione prevista dall’art. 1, co. 2, cit.

insufficiente versamento dispone l’applicazione delle sanzioni previste ai fini delle
imposte dirette. La formulazione è generica, non riconducibile pertanto alla sola
ipotesi dell’art. 13 cit., come pretende la contribuente, ma alle ipotesi illecite
comunque contemplate nella disciplina sanzionatoria dettata dal d.lgs. n. 471 del
1997. Ne consegue che oVe il contribuente non avesse versato, in tutto o in parte,
quanto dovuto, e ciò in ragione della infedele dichiarazione, così come avvenuto nel
caso di specie, andava correttamente applicata la sanzione prevista dall’art. 1, co. 2,
che all’epoca era corrispondente alla misura minima del 100% e massima del 200%
della maggiore imposta dovuta e non versata. Nel caso di specie è stata applicata
nella misura minima di quanto non versato.
Il giudice regionale, affermando che sono state correttamente applicate le sanzioni
previste ai fini delle imposte sui redditi per il mancato o insufficiente pagamento, non
ha affermato nulla di contraddittorio, poiché ha fatto generico riferimento all’omesso
versamento delle imposte, così come d’altronde è formulato il comma 4 dell’art. 24
cit., senza che con ciò possa escludersi l’applicazione delle fattispecie sanzionatorie
riconducibili alle infedeli dichiarazioni.
Con il quarto motivo la contribuente si duole dell’accoglimento delle censure
rivolte dalla Agenzia alla sentenza di primo grado, che aveva sostenuto non applicabili
le sanzioni. Denuncia che il giudice regionale ha erroneamente negato la sussistenza
dell’esimente prevista dall’art. 8 del d.lgs. n. 546 del 1992, per l’obiettiva incertezza
della fattispecie normativa.
Anche questo motivo è infondato, atteso che la disciplina non era affatto incerta,
riconducendo chiaramente il presupposto del riconoscimento delle agevolazioni solo a
quegli investimenti collegati ai danni subiti dagli eventi calamitosi. A fronte di questa
chiara perimetrazione del diritto alla fruizione dei benefici fiscali, alla contribuente fu
contestata l’infedele dichiarazione, ossia una condotta di per sé grave e consapevole
della violazione commessa.
RGN 25258/2011
Consigliere est. Feplerici

Il comma 4 dell’art. 24 della I. n. 29 del 2006 nella ipotesi di omesso o

5

In conclusione il ricorso va rigettato. La mancata costituzione della Agenzia esime
dalla liquidazione delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il giorno 27 aprile 2018.

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