Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19352 del 10/09/2010

Cassazione civile sez. lav., 10/09/2010, (ud. 07/07/2010, dep. 10/09/2010), n.19352

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29974-2007 proposto da:

C.P.T. – COMPAGNIA PISANA TRASPORTI S.P.A., (già CONSORZIO PISANO

TRASPORTI, già AZIENDA PISANA TRASPORTI), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G.

FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato MARESCA ARTURO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIANI MICHELE, giusta

mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEL

FANTE 2, presso lo studio dell’avvocato ACCIAI COSTANZA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CERRAI UMBERTO, giusta

mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1393/2006 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 01/12/2006 r.g.n. 55/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/07/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO DI NUBILA;

udito l’Avvocato GRASSI MONICA per delega MARESCA ARTURO;

udito l’Avvocato CERRAI UMBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA MARCELLO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso in via di urgenza ex art. 700 c.p.c. e successiva azione ordinaria, P.M. conveniva dinanzi al Pretore di Pisa l’Azienda Pisana Trasporti, per impugnare il licenziamento per scarso rendimento intimatogli. Il Pretore con ordinanza disponeva la reintegrazione del lavoratore. Nel corso del giudizio di merito, l’Azienda deduceva in via riconvenzionale che il licenziamento doveva comunque considerarsi intimato per superamento del periodo di comporto per malattia. Il Pretore, con la sentenza, escludeva la possibilità di un licenziamento per “scarso rendimento” e dichiarava il diritto del datore di lavoro di risolvere il rapporto per superamento del periodo di comporto.

2. Proponevano appello le parti ed il Tribunale di Pisa confermava la sentenza di primo grado. Il P. proponeva ricorso per Cassazione e questa Corte, con sentenza n. 310.1997, cassava la sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Lucca, ritenendo che in materia di rapporto di lavoro degli autoferrotramvieri non trova applicazione l’art. 2110 c.c., ma il R.D. n. 148 del 1931, il quale costituisce una disciplina autonoma in materia di assenza dal servizio per infermità e detta (artt. 23 e 24) una particolare regolamentazione del numero massimo dei giorni di malattia nell’arco dell’anno, oltre alla possibilità per il lavoratore di fruire di un periodo di aspettativa per motivi di salute, suscettibile di concludersi con una declaratoria di incompatibilità con la prestazione del servizio.

3. Riassunta la causa dinanzi al Tribunale di Lucca, questo respingeva la riconvenzionale proposta dall’Azienda Pisana Trasporti ed osservava in motivazione che il P. aveva impugnato in primo grado il licenziamento intimatogli nel 1989, mentre in sede di rinvio aveva impugnato il successivo licenziamento intimatogli nel 1991 per superamento del periodo di comporto.

4. Ricorreva nuovamente per Cassazione l’attore e questa Corte, con sentenza n. 9570.2005 cassava la sentenza impugnata, motivando nel senso che occorreva accertare se il lavoratore avesse inteso introdurre il tema dell’impugnativa di un secondo licenziamento ovvero se avesse inteso insistere per la nullità del primo licenziamento; se esistesse un secondo licenziamento o invece una disposizione intesa a rendere operativo il primo per la diversa causale recepita dal Pretore.

5. Il processo veniva riassunto dinanzi alla Corte di Appello di Firenze, la quale accoglieva l’appello principale del P., dichiarava la nullità del licenziamento, ordinava la reintegra e determinava l’indennità risarcitoria in Euro 135.000/00, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali, dando atto che il 13.4.1997 il P. aveva trovato altro impiego presso l’Università di (OMISSIS), con un trattamento economico dapprima inferiore a quello anteriormente percepito, successivamente superiore.

Questa in sintesi la motivazione della sentenza di appello:

– occorre anzitutto procedere alle indagini come da sentenza della Corte di Cassazione, di cui riporta i passaggi salienti;

– P.M. fu licenziato il 12.12.1989 per “scarso rendimento”;

– in sede di trattazione del ricorso di urgenza, l’APT deduceva che il licenziamento doveva considerarsi in ogni caso legittimo per avvenuto superamento del periodo di comporto (mutamento questo della causale del licenziamento che ha trovato ingresso nel processo ed è stata oggetto di disamina in sede di legittimità);

– il Pretore di Pisa, con la prima sentenza di merito, escludeva lo scarso rendimento come causale idonea a supportare il licenziamento ma dichiarava il diritto dell’Azienda di risolvere il rapporto di lavoro per superamento del periodo di comporto per malattia;

– devesi intendere che il Pretore abbia voluto dichiarare legittimo il licenziamento in questione per la seconda delle causali sopra indicate;

– il rapporto di lavoro, ricostituito provvisoriamente in esecuzione dell’ordinanza del Pretore, veniva nuovamente rescisso in provvisoria esecuzione della sentenza di merito, vale a dire che con ordine di servizio il P., già reintegrato, veniva nuovamente estromesso dal lavoro in esecuzione della sentenza di primo grado;

– successivamente il contraddittorio si sviluppava con riguardo unicamente al licenziamento del 12.12.1989 e non al “fantomatico” secondo licenziamento;

– sulla impraticabilità del licenziamento per scarso rendimento si è formato il giudicato interno;

– il Tribunale di Lucca ha erroneamente inteso che il P. avesse voluto impugnare il secondo licenziamento, con una domanda nuova che ha dichiarato inammissibile;

– in realtà la domanda attrice è sempre stata intesa a porre nel nulla il licenziamento 12.12.1989, essendo solo mutata la causale del recesso;

– non rimane quindi che prendere atto del principio stabilito dalla Corte di Cassazione, nel senso che la disciplina dell’assenza per malattia degli autoferrotramvieri costituisce una disciplina speciale, in sè conclusa, insuscettibile di “contaminazione” con l’art. 2110 c.c.;

– una volta accertata l’impossibilità di esonero dal servizio per difetto della componente colposa nel comportamento dell’agente, il licenziamento va dichiarato nullo, con le conseguenze risarcitorie del caso;

– segue la liquidazione del “quantum” anche sulla scorta dell'”aliunde perceptum” ed in ogni caso ex art. 432 c.p.c..

6. Ha proposto ricorso per Cassazione la CPT – Compagnia Pisana Trasporti – già APT, deducendo unico, articolato motivo. Resiste con controricorso P.M.. La ricorrente ha presentato memoria integrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

7. Con l’unico motivo del ricorso, la ricorrente deduce omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in fatto circa un punto decisivo della controversia, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5: dopo avere dato atto che il giudice del rinvio ha correttamente riportato quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, la parte sottolinea che il giudice ha commesso un evidente travisamento nella lettura delle conclusioni dell’Azienda prese in primo grado. Infatti essa Azienda ha chiesto la declaratoria del proprio diritto di risolvere il rapporto di lavoro per superamento del periodo di comporto, e non una declaratoria di avvenuta risoluzione del rapporto. Per conseguenza, il 25.6.1991 l’Azienda licenziò di nuovo il P. e non a caso il suo difensore chiese in sede di rinvio la declaratoria di illegittimità di questo secondo licenziamento.

8. Il motivo è infondato. Il problema che si è posta la Corte di Appello di Firenze è se il preteso secondo licenziamento esista o abbia rappresentato la messa in esecuzione del licenziamento stesso, a seguito della sentenza del Pretore la quale, ribaltando il provvedimento emanato in sede cautelare, dichiarava il diritto dell’Azienda di risolvere il rapporto di lavoro per una causa diversa da quella originaria. Interpretando le richieste delle parti, ed il comportamento assunto successivamente, la Corte di Appello ha ritenuto che quando il Pretore ha “dichiarato il diritto di risolvere” il rapporto, ha in realtà inteso dichiarare valido il licenziamento; e quando l’Azienda ha comunicato al lavoratore la sua estromissione, non ha proceduto ad un nuovo ed autonomo licenziamento, ma ha posto in esecuzione il recesso in esecuzione della sentenza. Trattasi di apprezzamento in fatto, sorretto da motivazione adeguata e coerente, tale da non essere soggetta a censura in sede di legittimità. Ed invero appartiene al giudice di merito interpretare il contenuto degli atti di parte e le domande ed eccezioni. Una diversa lettura delle medesime non è consentita in sede di legittimità, in quanto indagine di fatto.

9. Il ricorso deve, per i suesposti motivi, essere rigettato. Le spese del grado seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna la CTP – Compagnia Pisana Trasporti – a rifondere a P.M. le spese del grado, che liquida in Euro 21,00, oltre Euro quattromila/00 per onorari, più spese generali, Iva e Cpa nelle misure di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2010

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