Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19351 del 10/09/2010

Cassazione civile sez. lav., 10/09/2010, (ud. 06/07/2010, dep. 10/09/2010), n.19351

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 31238-2006 proposto da:

P.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA

109, presso lo studio dell’avvocato BERTOLONE BIAGIO, rappresentato e

difeso dall’avvocato GUERRERA GIUSEPPE, giusta mandato a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

WYETH LEDERLE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO

VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato ANTONINI MARIO,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANDRONICO FRANCESCO, giusta

mandato in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 235/2006 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 27/06/2006 r.g.n. 54/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/07/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO DI NUBILA;

udito l’Avvocato GUERRERA GIUSEPPE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI COSTANTINO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. P.S. conveniva dinanzi al Tribunale di Catania la spa Wyeth Lederle per chiedere il riconoscimento di una superiore qualifica, in relazione alle mansioni svolte, fino dal dicembre 1991, il risarcimento del danno per infortunio sul lavoro e la liquidazione delle relative spettanze senza assorbimento di un assegno “ad personam” di cui fruiva. Previa costituzione ed opposizione della convenuta, il Tribunale respingeva le domande attrici.

Proponeva appello il P. e la Corte di Appello di Catania confermava la sentenza di primo grado, così motivando:

– l’attore non risulta svolgere funzioni direttive proprie del livello C del CCNL 1994, in quanto le sue mansioni non presentano margini di discrezionalità, nè la guida o il controllo di altri lavoratori;

– non risulta il divieto di assorbimento dell’assegno “ad personam”;

– quanto all’infortunio sul lavoro, non viene censurata la sentenza di primo grado la quale dichiara che non sussistono postumi permanenti; l’attore non ha chiesto una consulenza tecnica di ufficio al riguardo e nulla deduce circa l’archiviazione della pratica da parte dell’INAIL. 2. Ha proposto ricorso per Cassazione P.S., deducendo due motivi. Resiste con controricorso la spa Wyeth Lederle.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo del ricorso, il ricorrente deduce omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in fatto circa un punto decisivo della controversia, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, perchè la Corte di Appello ha ritenuto carente la prova delle mansioni direttive sulla base di un omesso o erroneo apprezzamento delle risultanze probatorie, che riproduce anche mediante inserimento nel corpo del ricorso per Cassazione di fotocopie degli atti processuali.

4. II motivo è infondato. La deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per Cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge); ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione. Al fine della congruità della motivazione è sufficiente che da questa risulti che i vari elementi probatori acquisiti siano valutati nel loro complesso, anche senza una esplicita confutazione di altri elementi non menzionati, purchè risulti logico e coerente il valore preminente attribuito a quelli utilizzati. In tale senso “ex multis” Cass. n. 2399.2004.

5. Orbene, nel caso in esame parte ricorrente, muovendo dal presupposto della carente motivazione, richiede a questa Corte di Cassazione un riesame ed una diversa interpretazione delle risultanze istruttorie, operazione questa che è preclusa in sede di legittimità.

6. Con il secondo motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 2103 c.c. e del CCNL 19.3.1994 per l’industria chimica, ribadendo che anche la sola esperienza specialistica – a prescindere dal coordinamento di altri lavoratori – è sufficiente per il riconoscimento della qualifica di livello C ovvero direttiva.

7. Il motivo è infondato. Anche esso (a prescindere dall’onere per la parte ricorrente di produrre l’intero contratto) ripropone una diversa lettura degli atti processuali, contrapposta a quella fatta propria dal giudice di merito, operazione inammissibile in Cassazione. La Corte di Appello accerta che non risultano adeguati margini di discrezionalità in capo al lavoratore nè (disgiuntamente) funzioni di guida o di controllo.

8. Il ricorso deve, per i suesposti motivi, essere rigettato. Le spese del grado seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere alla convenuta le spese del grado, che liquida in Euro 21,00 oltre Euro duemila/00 per onorari, più spese generali, Iva e Cpa nelle misure di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2010

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