Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19349 del 29/09/2016


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Cassazione civile sez. VI, 29/09/2016, (ud. 01/07/2016, dep. 29/09/2016), n.19349

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

E.M., elettivamente domiciliato in Roma, Largo Messico 7,

presso lo studio dell’avv. Michele Arabia (p.e.c. (OMISSIS), fax

(OMISSIS)) che lo rappresenta e difende per procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

nei confronti di:

Prefettura di Roma;

Questura di Roma;

– intimate –

avverso la ordinanza del Giudice di Pace di Roma, emessa il 20 luglio

2015 e depositata il 28 settembre 2015, n. R.G. 21820/2015.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

1. Con ricorso del 14.04.2015, E.H. ha proposto opposizione avanti al Giudice di Pace di Roma, avverso il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Roma in data 31.03.2015, adducendo a fondamento della domanda: 1) la mancanza di presupposti e l’omessa motivazione del decreto di espulsione; 2) l’omessa applicazione della Direttiva Europea CE 115/2008; 3) la carenza di istruttoria e l’errata valutazione dei presupposti per giustificare l’affermazione del pericolo di fuga.

2. Il Giudice di Pace di Roma ha respinto l’opposizione proposta dal Sig. H. rilevando che il ricorrente, oltre a non essere in regola con la normativa in materia di soggiorno, non poteva che considerarsi “a rischio di fuga ex art. 13 co. 4 T.U. 286/98” avendo dichiarato di non voler rientrare nel proprio paese di origine, di non essere in possesso di un documento valido ai fini dell’espatrio, di non aver richiesto la concessione del termine per la partenza volontaria.

3. E.H. ricorre per Cassazione, lamentando: 1) l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5; 2) la violazione delle norme contenute nel D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b e comma 2 bis, nonchè dell’art. 8 CEDU in relazione all’art. 360c.p.c., comma 1, n. 3.

4. A parere di H.H., il censurato provvedimento di conferma dell’espulsione si limita a riportare apoditticamente le formule del decreto di espulsione prefettizio, senza alcuna considerazione delle circostanze da lui portate a sostegno dell’impugnazione. Lamenta che il provvedimento non consente una chiara e completa cognizione delle ragioni che il giudice di merito ha ritenuto di porre a fondamento della sussistenza del rischio di fuga. Le valutazioni compiute dal Giudice di Pace sono infatti a suo giudizio carenti e insufficienti in quanto non tengono conto dei fatti attestanti i vincoli familiari di H., la durata del soggiorno e l’assenza di suoi legami con il Paese d’origine. Il provvedimento del Giudice non tiene, altresì, conto dei fatti attestanti il grado di inserimento dello straniero nel territorio italiano, della documentazione relativa alla disponibilità di un alloggio ove essere agevolmente rintracciato, nonchè del possesso di sufficienti garanzie finanziarie provenienti da fonti lecite. Il ricorrente, infine, contesta l’omessa considerazione dei fatti che avrebbero dovuto far concedere un termine per la partenza volontaria, in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, commi 5, e 5.1.

Ritenuto che:

5. Il ricorso è infondato quanto alla sussistenza dei presupposti per l’espulsione. Il ricorrente fa appello a una giurisprudenza (Casa. Civ., S.U., n. 7892/03 secondo cui non è legittima l’espulsione standardizzata e automatica dello straniero in caso di mancato rinnovo del permesso di soggiorno da oltre sessanta giorni e di mancata proposizione della domanda di rinnovo in termini di legge, non potendo darsi prevalenza ad una interpretazione che subordini il riconoscimento del diritto di rinnovo del permesso di soggiorno alla mera osservanza dei termini stabiliti dalla legge per la sua presentazione) che non è attinente al caso in esame dato che non risulta affatto presentata una domanda di permesso di soggiorno da parte del ricorrente. Per altro verso nessun vincolo familiare e nessuna prova circa la permanenza del ricorrente in Italia per ragioni di lavoro è stata dimostrata nel corso del giudizio di merito con riferimento alla data del decreto di espulsione.

6. E’ altresì fondato quanto alla mancata concessione di un termine per la partenza volontaria in quanto, da un lato, non risulta che il ricorrente abbia chiesto o non sia stato messo in condizione di chiedere la partenza volontaria (cfr. Cass. civ. sez. 6^ – 1 ord. n. 1809 del 28 gennaio 2014 secondo cui il provvedimento di espulsione dello straniero è rimesso alla potestà deliberativa esclusiva del prefetto, la cui legittimità è sindacabile ove il cittadino straniero non abbia potuto esercitare la propria opzione in ordine alla richiesta di rimpatrio mediante partenza volontaria, previa adeguata informazione). Per altro verso è stata valutata dal Prefetto la possibilità di prevedere nel provvedimento espulsivo la partenza volontaria ma essa è stata esclusa per le ragioni sopra riportate.

7. Il ricorso va pertanto respinto senza alcuna statuizione sulle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 1 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2016

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