Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19348 del 29/09/2016

Cassazione civile sez. VI, 29/09/2016, (ud. 01/07/2016, dep. 29/09/2016), n.19348

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

M.B., elettivamente domiciliata in Roma, via delle

Quattro Fontane 10, presso lo studio dell’avv. Lucio Ghia, che,

unitamente all’avv. Nicola Saccone (p.e.c. (OMISSIS), fax (OMISSIS))

la rappresenta e difende per mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

nei confronti di:

C.D., elettivamente domiciliato in Roma, via Filippo Tolli

2, presso lo studio dell’avv. Maria Grazia Leo, rappresentato e

difeso, giusta procura speciale in calce al controricorso, dall’avv.

Gaetana Paesano che dichiara di voler ricevere le comunicazioni

relative al processo al fax n. (OMISSIS) e alla p.e.c. (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4291/13 della Corte di appello di Napoli,

emessa l’11 ottobre 2013 e depositata il 6 dicembre 2013, n. R.G.

1241/2013;

Rilevato che in data 12 maggio 2016 è stata depositata relazione ex

art. 380 bis c.p.c., che qui si riporta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

1. Il Sig. C.D. il 23.10.2009 presentava ricorso al Tribunale di Napoli al fine di ottenere la separazione giudiziale dalla moglie, la Sig.ra M.B., con addebito della separazione a quest’ultima. In via subordinata chiedeva che gli venisse assegnata la casa familiare. Il ricorrente assumeva che la convivenza more uxorio, iniziata nel (OMISSIS), era divenuta intollerabile a causa del comportamento della consorte la quale dopo il matrimonio (celebrato nel (OMISSIS)) aveva iniziato a disinteressarsi completamente delle esigenze del marito e a imporgli un tenore di vita superiore rispetto alle sue effettive risorse economiche.

2. Si costituiva in giudizio la Sig.ra M.B., impugnando integralmente la domanda del marito. Chiedeva che la separazione venisse addebitata al marito, chiedeva inoltre l’assegnazione della casa familiare, di cui lei stessa era nuda proprietaria e il Sig. C. usufruttuario, la determinazione dell’assegno di mantenimento a suo favore in misura non inferiore a Euro 2.500,00. A sostegno di tali richieste deduceva che il comportamento del marito, dopo il matrimonio, era mutato, divenendo sempre più insofferente nei suoi confronti.

3. Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 1439/13, pronunciava la separazione personale dei due coniugi, rigettando entrambe le domande di addebito e disponendo a carico del Sig. C. l’onere di contribuire al mantenimento della Sig.ra M.B. con un assegno mensile di Euro 1.800,00.

4. Con ricorso del 28.03.2013 il Sig. C.D. proponeva appello mentre la Sig.ra M. proponeva appello incidentale.

5. La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza n. 4291/2013, in parziale accoglimento dell’appello incidentale ha ridotto a 1.200 Euro mensili il contributo di mantenimento a carico di C.S.

6. Propone ricorso per cassazione M.B. affidandosi a cinque motivi:

a) Violazione e falsa applicazione dell’art. 151 c.c., comma 2 e art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. Omessa errata valutazione di risultanze processuali – insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

b) Violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.c., comma 2 e dell’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. Omesso esame di fatti decisivi per la definizione del giudizio – omessa insufficiente e contraddittoria motivazione.

c) Violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.c., comma 2 e dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Omesso esame di fatti decisivi per la definizione del giudizio – omessa e contraddittoria motivazione.

d) Violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.c., comma 2 e art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Omesso esame di un punto decisivo della controversia – contraddittorietà della motivazione.

e) Violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c., comma 2 e art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 5. Omesso esame di un punto decisivo della controversia – Contraddittorietà della motivazione.

7. Si difende con controricorso C.D..

Rilevato che:

8. Con il primo motivo la ricorrente afferma che le risultanze istruttorie hanno offerto una prova certa della pluralità di comportamenti violenti, ingiuriosi e aggressivi tenuti dal Sig. C. in costanza di convivenza tali da legittimare la pronuncia di addebito. La Corte d’Appello avrebbe quindi omesso di valutare tali prove orali e documentali dalle quali è possibile comprendere la violenza e le aggressioni, fisiche e morali, alle quali era stata sottoposta. Da tale omessa valutazione discende un insanabile vizio della motivazione, al quale non può che seguire la nullità della statuizione.

9. Con il secondo motivo la ricorrente censura la sentenza della Corte d’appello di Napoli per aver erroneamente ricostruito il patrimonio personale dei coniugi riducendo la consistenza del patrimonio immobiliare del C. da otto a quattro immobili, ignorando la documentazione ipocatastale versata in atti.

10. Con il terzo motivo la ricorrente afferma che le potenziali fonti di reddito a lei ascritte sono inesistenti.

11. Con il quarto motivo la ricorrente lamenta che la Corte d’Appello di Napoli, dopo aver correttamente enunciato i principi regolatori in materia e dopo aver riconosciuto l’alto e notevole tenore dl vita goduto dai coniugi, ha inopinatamente ritenuto di ridurre il già modesto contributo posto a carico del C. per il mantenimento del coniuge. Un ulteriore aspetto che, secondo la ricorrente, non è stato correttamente valutato dalla Corte d’appello di Napoli consiste nella prova documentale dell’esistenza, nel corso del rapporto e della vita coniugale, di conti correnti cointestati ai coniugi e del successivo impossessamento da parte di C.S. delle somme ivi depositate. Secondo la ricorrente è stato infatti provato che il sig. C., all’insaputa della moglie, ha svuotato i conti correnti cointestati, prelevando ripetutamente cospicue somme di denaro e reinvestendo le stesse in titoli dei quali risulta essere egli stesso il proprietario.

12. Con il quinto motivo la ricorrente lamenta che la Corte d’Appello non ha valutato correttamente la reale consistenza dei patrimoni rispettivamente vantati dal coniugi pervenendo così alla incongrua e malamente motivata decisione di ridurre l’assegno di mantenimento.

Ritenuto che:

13. Il ricorso è inammissibile in quanto, da un lato, attiene alla asserita omessa valutazione di elementi istruttori che la Corte d’Appello non ha omesso di esaminare ma ha valutato come insufficienti a giustificare una pronuncia di addebito a carico di uno dei due o di entrambi i coniugi. Allo stesso modo la Corte distrettuale ha valutato, nel ridurre l’importo dell’assegno imposto a carico del C. e in favore della M., tutti gli elementi indicati dalla legge e i criteri indicati dalla giurisprudenza ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento. Per il resto la ricorrente chiede in sostanza la rivalutazione di risultanze processuali già esaminate dal giudice di secondo grado con un esito divergente a quello da lei perorato.

14. Sussistono quindi i presupposti per la trattazione della controversia in Camera di Consiglio e, se la Corte condividerà la presente relazione, per il rigetto del ricorso.

La Corte, letta la memoria difensiva della ricorrente, che risulta ampiamente riproduttiva delle difese articolate nel ricorso, condivide la relazione sopra riportata nella quale è evidenziato che le censure della ricorrente attengono al merito della controversia e che le prove testimoniali e documentali sono state complessivamente valutate dalla Corte di appello che ne ha tratto il convincimento di una crisi coniugale maturata per il venir meno dell’intesa prima esistente fra i due coniugi e che si è espressa in comportamenti aggressivi da parte di entrambi. Mentre, quanto alla determinazione dell’assegno di mantenimento a carico di C.D., la Corte di appello ha ritenuto rilevante la riduzione del suo reddito conseguente al pensionamento e ha commisurato l’assegno in più del 50% della pensione percepita in considerazione del patrimonio immobiliare dell’onerato che gli consente presumibilmente di trarre redditi locativi tali da poter sostenere l’entità di un assegno di 1.200 Euro mensili rivalutabili dal (OMISSIS) e ha ritenuto tale misura dell’assegno idonea a garantire alla M. una tendenziale conservazione del tenore di vita di cui ha goduto nel corso del matrimonio.

La Corte ritiene pertanto infondate le censure mosse dalla ricorrente alla sentenza di appello e conseguentemente che il ricorso debba essere respinto con condanna della ricorrente alle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in 3.200 Euro, di cui 100 Euro per spese. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13, comma 1 bis, dell’art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 1 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2016

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