Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19348 del 20/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 19348 Anno 2018
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: GRECO ANTONIO

ORDINANZA

sul ricorso 15619-2014 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

GRASSO GIUSEPPE, domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR
2017
1403

presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’Avvocato GIUSEPPE CURRAO;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 494/2014 della
COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di CATANIA, depositata il
14/02/2014;

Data pubblicazione: 20/07/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 21/06/2017 dal Consigliere Dott.

ANTONIO GRECO.

FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, con
un motivo, nei confronti della sentenza della Commissione
tributaria regionale della Sicilia che, nel giudizio introdotto da
Giuseppe Grasso per il rimborso della differenza tra quanto
versato dal sostituto d’imposta per ritenute IRPEF effettuate sullo
stipendio per gli anni 2003, 2004 e 2005, e quanto dovuto in

n. 296 del 2006, perché residente in uno dei Comuni colpiti dagli
eventi sismici e vulcanici dell’Etna, ha dichiarato inammissibile
l’appello dell’ufficio perché notificato oltre il termine di sessanta
giorni dalla notifica della sentenza di primo grado.
Secondo il giudice d’appello, infatti, come stabilito dall’art.
20 del d.lgs. n. 546 del 1992, qualora per la notificazione del
ricorso, ovvero dell’appello, si opti per la sua spedizione a mezzo
posta, essa deve essere fatta con plico raccomandato, senza
busta, con avviso di ricevimento; in tale caso il ricorso s’intende
proposto al momento della spedizione. Nel caso di specie,
essendo stato spedito il ricorso in busta chiusa, non poteva il
notificante avvalersi come termine della data di spedizione (il 9
dicembre 2009), ma doveva fare riferimento alla data in cui l’atto
era pervenuto alla controparte, il 18 dicembre 2009, laddove il
termine di sessanta giorni dalla notificazione della sentenza di
primo grado spirava il 15 dicembre 2009. L’inosservanza delle
modalità di notificazione previste dal detto art. 20, comma 2,
precludeva al ricorrente la possibilità di fornire altrimenti la prova
della tempestività della proposizione del ricorso riferita alla data
di spedizione. “Il rigore nell’osservanza di tali adempimenti,
come prova legale non derogabile, era pienamente giustificato dal
fatto che essi si riferiscono alla rituale instaurazione del
processo”.
Il contribuente resiste con controricorso illustrato con
successiva memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va

anzitutto

disattesa

l’eccezione,

sollevata

dal

controricorrente, di nullità della notifica del ricorso per
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forza della definizione prevista dall’art. 1, comma 101, della legge

cassazione, effettuata ai sensi dell’art. 55 della legge n. 69 del
2009, per violazione delle disposizioni di cui all’art. 3, comma 1,
lettera b), ultimo periodo, della legge n. 53 del 1994, per non
essere stati apposti sulla busta il numero del registro cronologico
di cui al precedente art. 8, la sottoscrizione ed il domicilio del
notificante.
Questa Corte ha infatti affermato che “in caso di

legge 21 gennaio 1994, n. 53, la carenza sulla busta con cui è
spedita la raccomandata, e nel rigo appositamente dedicato, di
ulteriore e separato segno grafico di sottoscrizione, cioè di
ripetizione manoscritta e olografa del nome e cognome ad opera
del notificante, costituisce una mera irregolarità di compilazione,
che non comporta la nullità della notifica comminata dall’art. 11
della citata legge, purchè le suddette indicazioni siano presenti in
altra parte del medesimo piego” (Cass. n. 13758 del 2014).
Con l’unico motivo, denunciando violazione e falsa
applicazione degli artt. 14, 2, 8, e 4 della legge n. 890 del 1982,
in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., assume che la
notificazione sarebbe stata legittimamente effettuata ai sensi
degli artt. 14 e 2 della legge n. 890 del 1982 mediante utilizzo
della raccomandata per atti giudiziari con avviso di ricevimento di
colore verde.
Il motivo è nella sostanza fondato.
Questa Corte ha infatti chiarito come “nel processo
tributario, la spedizione del ricorso o dell’atto d’appello a mezzo
posta in busta chiusa, pur se priva di qualsiasi indicazione relativa
all’atto in esso racchiuso, anziché in plico senza busta come
previsto dall’art. 20 del d.lgs. n. 546 del 1992, costituisce una
mera irregolarità se il contenuto della busta e la riferibilità alla
parte non siano contestati, essendo, altrimenti, onere del
ricorrente o dell’appellante dare la prova dell’infondatezza della
contestazione formulata” (Cass. n. 19864 del 2016, n. 15309 del
2014).
E nella specie non si metteva in dubbio il contenuto del
plico e neppure la sua riferibilità all’Agenzia delle entrate, fatta in
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notificazione eseguita a mezzo posta da un avvocato ai sensi della

ogni caso salva la possibilità di fornire la prova dell’infondatezza
della contestazione.
Il ricorso deve essere pertanto accolto, la sentenza
impugnata deve essere cassata e la causa rinviata, anche per le
spese, alla Commissione tributaria regionale della Sicilia in
differente composizione.
P.Q.M.

rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale
della Sicilia in differente composizione.
Così deciso in Roma il 21 giugno 2017

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e

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