Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19347 del 21/08/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 19347 Anno 2013
Presidente: SETTIMJ GIOVANNI
Relatore: PETITTI STEFANO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
LEONETTI Anna (LNT NNA 62R61 F839A), rappresentata e difesa,
per procura speciale a margine del ricorso, dall’Avvocato Biagio Vallefuoco, elettivamente domiciliata in Roma, via Publio
Valerio n. 9, presso lo studio dell’Avvocato Mario Romano;

ricorrente

contro
AGENZIA DEL DEMANIO (C.F. 06340981007), in persona del legale
rappresentante

pro tempore,

rappresentato e difeso

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in
Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliata per legge;

controrícorrente

avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 3292
del 2010, depositata in data 7 •ottobre 2010.

Data pubblicazione: 21/08/2013

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 maggio 2013 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Gene-

zione ex art. 380-bis cod. proc. civ.
Ritenuto che in data 4 agosto 1989 Leonetti Anna acquistava
un immobile sottoposto a sequestro giudiziario e in seguito
acquisito, mediante decreto di confisca, dall’Agenzia del Demanio;
che la Leonetti conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale
di Napoli l’Agenzia del Demanio, per proporre

actio negatoria

ex art. 949 cod. civ. e per sentir dichiarare il proprio diritto di proprietà sull’immobile per avvenuta usucapione;
che il Tribunale di Napoli rigettava le richieste
dell’attrice;
che la soccombente proponeva gravame, con il quale, da un
lato, censurava la sentenza impugnata per vizio di omessa pronuncia sulla domanda ex art. 949 cod. civ. e, dall’altro, insisteva per l’accoglimento delle richieste formulate in primo
grado;
che la Corte d’Appello di Napoli rigettava le doglianze
dell’appellante, sul presupposto che l’efficacia

erga omnes

del decreto di confisca comportava l’insufficienza della sola

rale Dott. Immacolata Zeno, che nulla ha osservato sulla rela-

buona fede dell’acquirente ai fini dell’acquisizione della
proprietà del bene per usucapione;
che, in conseguenza di ciò, negava altresì la legittimazione a proporre

actio negatoria

ex art. 949 cod. civ.

che la Leonetti ricorre per cassazione, affidando il ricorso a due motivi;
che con il primo motivo denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., nonché omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per
il giudizio poiché, secondo la ricorrente, la Corte territoriale avrebbe omesso di pronunciarsi sull’azione negatoria ex
art. 949 cod. civ. e, nello stesso tempo, avrebbe insufficientemente motivato circa il rigetto del relativo motivo
d’appello;
che con il secondo motivo si censura violazione o falsa applicazione degli artt. 1145 e 1159 cod. civ., nonché degli
artt. 823 e 828 cod. civ., oltre che omessa o insufficiente
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che la Corte napoletana non si sarebbe soffermata sulla effettiva conoscibilità del decreto di confisca
da parte sua ed avrebbe erroneamente ritenuto non usucapibile
il bene in oggetto;
che l’Agenzia del Demanio resiste con controricorso;

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all’appellante, in quanto non proprietaria della res;

che, essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione
del ricorso in camera di consiglio è stata redatta relazione
ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., che è stata comunicata alle parti e al Pubblico Ministero.
che il relatore designato ha formulato la se-

guente proposta di decisione:
«[

Il primo motivo di ricorso è infondato.

La Corte napoletana ha infatti giustamente sottolineato come
il rigetto della domanda di usucapione, negando la proprietà
dell’immobile all’attrice, impedisse a quest’ultima la proposizione dell’azione ex art. 949 cod. civ., potendo questa azione esser fatta valere solo dal proprietario del bene.
Il ricorso è privo di fondamento anche con riferimento al secondo motivo. Secondo la ricorrente, la mancata conoscibilità
del decreto di confisca avrebbe dovuto determinare nei suoi
confronti, in quanto terzo in buona fede, l’inefficacia o
l’inopponibilità del provvedimento di confisca, con la conseguenza di attribuire rilevanza giuridica ex art. 1159 cod.
civ. al possesso quindicennale dell’immobile.
In proposito, si deve rilevare che la Corte d’Appello di Napoli, conformemente a quanto affermato da giudice di primo grado, non ha messo in dubbio la buona fede della ricorrente:
tuttavia, ha ritenuto non applicabile l’invocato art. 1159
cod. civ. poiché il decreto penale di confisca ha impresso al
bene in oggetto un vincolo di natura pubblicistica tale da as-

Considerato

similarlo ai beni demaniali o del patrimonio indisponibile
(art. 2-decles della legge n. 575 del 1965). Con la conseguenza di poter ritenere applicabile al bene in questione il regime dettato dagli artt. 823 e 828 cod. civ. e quindi non su-

Oltretutto, non può esser fatta valere dalla ricorrente, ai
fini della sussistenza dell’invocata buona fede,
l’impossibilità di una conoscenza effettiva del decreto di
confisca dovuta ad una mancata trascrizione dello stesso nei
registri dei beni immobiliari. Invero, ai fini
dell’opponibilità ai terzi, gli effetti della confisca retroagiscono al momento del sequestro:

la confisca, che effettiva-

mente determina la successione a titolo particolare dello Stato nella titolarità del bene, è opponibile ai terzi che non
abbiano trascritto il proprio titolo anteriormente al sequestro (Cass. n. 2718 del 2007). La ricorrente, quindi, non può
invocare in suo favore l’inefficacia o l’inopponibilità del
provvedimento di confisca, ancorché non trascritto, essendo il
sequestro giudiziario (dal quale il decreto di confisca trae
fondamento) trascritto negli appositi registri il 31.07.1989,
ovvero tre giorni prima della trascrizione dell’atto di compravendita.
Per questi motivi, si ritengono sussistenti le condizioni per
la trattazione del ricorso in camera di consiglio, per essere

scettibile di essere oggetto di usucapione.

ivi dichiarato manifestamente infondato ai sensi dell’art.
375, n. 5)»;
che il Collegio condivide la proposta di decisione, alla
quale del resto non sono state rivolte critiche di sorta;

deve ulteriormente rilevarsi che le Sezioni Unite di questa
Corte, con tre recenti sentenze (n. 10532, n. 10533, n. 10534
del 2013), intervenendo sulla questione relativa al rapporto
tra procedimento volto alla confisca e iscrizione ipotecaria,
hanno risolto il quesito nel senso della prevalenza della misura di prevenzione patrimoniale, indipendentemente dal dato
temporale: lo Stato, a seguito dell’estinzione di diritto dei
pesi e degli oneri iscritti o trascritti prima della misura di
prevenzione della confisca, acquista un bene non a titolo derivativo, ma libero dai pesi e dagli oneri, pur iscritti o
trascritti anteriormente alla misura di prevenzione;
che quindi il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente, in applicazione del principio
della soccombenza, al pagamento delle spese del giudizio di
legittimità, liquidate come da dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida
in euro 2.500,00 per compensi, oltre ad euro 200,00 per esborsi e agli accessori di legge.

che, in linea con la soluzione prospettata nella relazione,

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta
Sezione Civile – 2 della Corte suprema di Cassazione, il 10

maggio 2013.

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