Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19347 del 03/08/2017


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Cassazione civile, sez. III, 03/08/2017, (ud. 04/05/2017, dep.03/08/2017),  n. 19347

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19895-2014 proposto da:

C.R., CO.ES., considerati domiciliati ex lege

in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato GIANFRANCO MARZOCCO unitamente

all’avvocato GESSICA SALIERNO giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

D.L.;

– intimata –

Nonchè da:

D.L., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DELLE IRIS

18, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO DE GIOVANNI, che la

rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso e

ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

C.R., CO.ES., CA.LU.,

D.G.V.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1174/2013 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 17/09/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/05/2017 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. D.L. nel 2000 convenne dinanzi al Tribunale di Lucera C.R., Co.Es., Ca.Lu. e D.G.V., allegando:

– di essere creditrice di C.D., per canoni di locazione d’una azienda commerciale;

– che C.R. ed Co.Es. avevano prestato fideiussione a favore del debitore principale;

– che il debitore principale non aveva adempiuto la sua obbligazione;

– che i fideiussori erano stati costituiti in mora il 7.8.1999, ed il 10.9.1999 avevano alienato due immobili di loro proprietà a Ca.Lu. e D.G.V..

Chiesero perciò – secondo l’interpretazione che il Tribunale diede alla domanda – che fosse accertata la simulazione della vendita o, in subordine, fosse dichiarata inefficace ai sensi dell’art. 2901 c.c..

2. Con sentenza 30.8.2005 n. 107 il Tribunale rigettò la domanda di simulazione, ed accolse la domanda revocatoria.

La Corte d’appello di Bari, con sentenza 17.9.2013, rigettò il gravame dei soccombenti, nonchè quello proposto in via incidentale da D.L..

3. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da C.R. ed Co.Es. con ricorso fondato su tre motivi.

D.S. ha resistito con controricorso, e proposto ricorso incidentale condizionato, fondato su un motivo ed illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Questioni preliminari.

1.1. Il ricorso principale non è stato notificato agli acquirenti dell’immobile che si assume alienato in frode dei creditori, e cioè Ca.Lu. e D.G.V..

Tuttavia poichè, per quanto si dirà, il ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile e quello incidentale assorbito, è superfluo disporre l’integrazione del contraddittorio, in virtù del principio della “ragione più liquida”.

2. Il primo motivo del ricorso principale.

2.1. Col primo motivo di ricorso i ricorrenti sostengono che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. E’ denunciata, in particolare, la violazione dell’art. 164 c.p.c., comma 4.

Deducono, al riguardo, che l’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado si sarebbe dovuto dichiarare nullo, perchè gli attori non vi spiegavano se avessero inteso formulare una domanda di simulazione o di revocazione. Ha dunque errato il primo giudice nel non fissare agli attori il termine per emendare la nullità, ex art. 164 c.p.c., e la Corte d’appello nel rigettare il motivo d’appello con cui si lamentava tale violazione.

2.2. Il motivo, che va correttamente inquadrato come deduzione di un error in procedendo, è inammissibile per difetto di specificità.

Il ricorso, infatti, in violazione dei precetti di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3, art. 369 c.p.c., n. 4, non riporta i termini in cui fu formulata la domanda di primo grado; non spiega i termini in cui tale domanda fu precisata con la memoria ex art. 183 c.p.c.; non spiega in cosa sarebbe consistita la “confusione” esistente nella domanda introduttiva.

3. Il secondo motivo del ricorso principale.

3.1. Col secondo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 (si lamenta, in particolare, la violazione degli artt. 2697 c.c.; artt. 115 e 116 c.p.c.); sia dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (nel testo modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134).

Deducono, al riguardo, che la Corte d’appello ha confermato la statuizione di accoglimento della domanda revocatoria, nonostante nel giudizio di merito non fosse stata raccolta alcuna prova dei fatti dedotti dagli attori.

3.2. Il motivo è inammissibile per estraneità alla ratio decidendi.

Tanto il Tribunale quanto la Corte d’appello, infatti, hanno ritenuto che nel caso di vendita contestuale di più immobili la consapevolezza di arrecare danno al creditore deve ritenersi in re ipsa (rectius, presumersi) tanto nel venditore, quanto nel compratore, e tale presunzione può essere vinta solo dalla prova che il debitore, pur dopo l’alienazione, conservi un residuo patrimonio capiente rispetto alla pretesa creditoria.

Giusta o sbagliata che fosse tale statuizione, essa non viene intaccata dal secondo motivo del ricorso principale: con quest’ultimo, infatti, come accennato i ricorrenti si dolgono del fatto che la domanda attorea sarebbe stata accolta sebbene non provata. Ma la Corte d’appello non ha affatto pronunciato una condanna senza prove; ha, al contrario, ritenuto che l’esistenza dell’eventus damni e della scientia fraudis fossero provate, e che la prova di esse potesse desumersi in via presuntiva, ex art. 2727 c.c., dalle caratteristiche stesse della vendita.

Statuizione, quest’ultima, che come accennato non ha formato oggetto di specifica censura.

4. Il terzo motivo del ricorso principale.

4.1. Col terzo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, (si lamenta, in particolare, la violazione dell’art. 2901 c.c.); sia dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, (nel testo modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134).

Deducono, al riguardo, che la Corte d’appello ha accolto la domanda revocatoria limitandosi ad accertare l’eventus damni, ma non la dolosa preordinazione dell’atto fraudolento: elemento, quest’ultimo, necessario per l’accoglimento della domanda dal momento che l’atto dispositivo era anteriore al sorgere del credito.

4.2. Il motivo è inammissibile, anche in questo caso per estraneità alla ratio decidendi.

La Corte d’appello, infatti, ha ampiamente spiegato le ragioni per le quali il credito doveva ritenersi anteriore all’atto dispositivo (pp. 8-9 della sentenza impugnata).

I ricorrenti, per contro, senza minimamente censurare questa statuizione, fondano il loro intero terzo motivo di ricorso sull’erroneo assunto che effettivamente fu l’atto dispositivo a precedere il credito.

5. Il ricorso incidentale.

5.1. Il ricorso incidentale condizionato resta assorbito.

6. Le spese.

6.1. Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

6.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

 

la Corte di cassazione:

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) dichiara assorbito il ricorso incidentale;

(-) condanna C.R. e Co.Es., in solido, alla rifusione in favore di D.S. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 5.250, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di C.R. e Co.Es., in solido, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 4 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2017

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