Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19346 del 22/09/2011

Cassazione civile sez. I, 22/09/2011, (ud. 11/05/2011, dep. 22/09/2011), n.19346

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Maria Rosa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI L’AQUILA (C.F. (OMISSIS)), in

persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE ANGELICO 92, presso l’avvocato SILVETTI CARLO,

rappresentata e difesa dall’avvocato LUCANTONIO ASCENZO, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.A. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA G.G. BELLI 27, presso l’avvocato GENTILE

GIAN MICHELE, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce

al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 409/2004 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 21/06/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/05/2011 dal Consigliere Dott. SALVATORE DI PALMA;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato BOFFA FRANCO, per delega, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato GENTILE che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per il rigetto del ricorso e

condanna alle spese.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Con citazione del 24 febbraio 1990, B.A. – premesso che, a seguito di istanza dell’Amministrazione provinciale di L’Aquila, il Prefetto di L’Aquila, con decreto n. 344 del 14 gennaio 1980, aveva autorizzato la Provincia di L’Aquila – ai fini dell’espropriazione volta alla costruzione della strada a scorrimento veloce (OMISSIS) – ad occupare per cinque anni un’area di sua proprietà estesa mq. 5.160; che l’immissione nel possesso dell’area era stata effettuata in data 4 marzo 1980 e che tale area non era mai stata utilizzata per la realizzazione dell’opera pubblica nè aveva formato oggetto di decreto di espropriazione convenne dinanzi al Tribunale di Svezzano la Provincia di L’Aquila, chiedendo tra l’altro che il Tribunale adito condannasse: la convenuta alla restituzione del fondo ed al risarcimento dei danni, da commisurare anche alla mancata realizzazione di un fabbricato relativamente al quale il Comune di L’Aquila aveva negato la concessione edilizia, in ragione del vicolo apposto all’area.

In contraddittorio con la convenuta, il Tribunale di Avezzano – disposta ed espletata consulenza tecnica d’ufficio -, con la sentenza n. 377/1996 del 14 giugno 1996, respinse le domande, sui concorrenti rilievi che:

l’attore era in realtà proprietario di un’area di soli mq. 1.260;

tale area non era mai stata materialmente occupata; l’attore, avendo sempre conservato il godimento dell’immobile, non aveva diritto nè alla restituzione dell’area nè al risarcimento dei danni da occupazione illegittima; l’attore non aveva provato l’asserito mancato rilascio della concessione edilizia, onde la relativa domanda risarcitoria non poteva essere accolta.

2. – Tale sentenza fu impugnata dal B. dinanzi alla Corte d’Appello di L’Aquila.

La Corte adita, in contraddittorio con la Provincia di L’Aquila – la quale concluse per la reiezione dell’appello – con la sentenza n. 409/04 del 21 giugno 2004: 1) pronunciando in unico grado sulla relativa domanda, determinò l’indennità per l’occupazione legittima in Euro 581,45 per ciascuno dei cinque anni di occupazione, oltre gli interessi legali dalla scadenza di ciascuna annualità fino al deposito della somma presso la Cassa depositi e prestiti; 2) in riforma della sentenza impugnata, dichiarò cessata la materia del contendere quanto alla domanda di restituzione del fondo, e condannò la Provincia di L’Aquila a pagare al B. la somma di Euro 13.427,88, oltre rivalutazione ed interessi sulle somme via via rivalutate dal 10 marzo 1992, a titolo di risarcimento del danno da occupazione illegittima per il periodo dal 4 marzo 1985 al 10 marzo 1992.

In particolare, la Corte – premesso che: il Prefetto di L’Aquila, con il decreto n. 344 del 14 gennaio 1980, aveva autorizzato la Provincia di L’Aquila, ai fini dell’espropriazione volta alla costruzione della strada a scorrimento veloce (OMISSIS), ad occupare per cinque anni un’area estesa mq. 5.120, comprensiva anche della porzione di esclusiva proprietà del B. dal 26 luglio 1979; l’intera area era stata effettivamente occupata dalla Provincia di L’Aquila, come risultava dai verbali di immissione in possesso e dello stato di consistenza, redatti in data 4 marzo 1980 -, per quanto in questa sede ancora rileva, ha affermato che: a) le dichiarazioni della Provincia di L’Aquila, rese nell’udienza di precisazioni delle conclusioni in primo grado in data 10 marzo 1992 – secondo cui il provvedimento di autorizzazione all’occupazione dell’area era decaduto, per non essere stato eseguito nel termine di venti giorni, e secondo cui l’area di esclusiva proprietà del B. era sempre restata nella disponibilità dello stesso – costituiscono manifestazione di volontà dell’Ente di non volere più utilizzare l’area, con la conseguenza che il B. poteva reimmettersi nel possesso dell’area, e con l’ulteriore conseguenza che, quanto alla domanda di restituzione di detta area, era cessata la materia del contendere; b) invece, al B. doveva essere riconosciuto il diritto alla percezione sia dell’indennità di occupazione per i cinque anni di occupazione legittima, sia del risarcimento del danno per il protrarsi della privazione del godimento dell’area nel periodo dalla immissione della Provincia di L’Aquila nel possesso dell’area, avvenuta il 4 marzo 1985, fino alla predetta data del 10 marzo 1992:

quanto all’indennità per il periodo di occupazione legittima, essa doveva essere calcolata in misura pari ad una percentuale, riferita al saggio legale degli interessi, non del valore pieno del bene occupato, ma dell’importo base (anche se meramente virtuale) dell’indennizzo espropriativo; quanto al risarcimento del danno per il periodo di occupazione illegittima, esso non può che essere liquidato in termini di interesse legale sul valore venale del fondo.

3. – Avverso tale sentenza la Provincia di L’Aquila ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura.

Resiste, con controricorso illustrato con memoria, A. B..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo (con cui deduce: Violazione e falsa applicazione della L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 20 e degli artt. 2697 e 2043 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5; violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), la ricorrente – premesso che tutte le domande formulate dal B. sono fondate sul fatto dell’intervenuta occupazione, da parte della Provincia, dell’area di esclusiva proprietà dello stesso e che, dunque, l’onere di provare tale fatto costitutivo gravava sul medesimo – critica la sentenza impugnata, anche sotto il profilo del vizio di motivazione, sostenendo che i Giudici a quibus hanno illegittimamente fondato la convinzione circa il raggiungimento di detta prova sui verbali di immissione nel possesso e di descrizione della consistenza dell’area, redatti in data 4 marzo 1980, in quanto tali verbali non erano stati prodotti dal B., ma erano stati irritualmente acquisiti dal consulente tecnico d’ufficio, con la conseguenza che essi non potevano essere posti a base del convincimento della intervenuta occupazione, e con l’ulteriore conseguenza che gli stessi Giudici avrebbero dovuto ritenere che il decreto di occupazione d’urgenza 14.1.1980, unico documento prodotto dal B. a sostegno delle sue domande, aveva perso efficacia posto che l’occupazione non era seguita nel termine di tre mesi dalla sua emanazione, così come previsto dalla L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 20.

Con il secondo motivo (con cui deduce: Violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 1226, 2056 c.c., della L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 20, della L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 65, della L. n. 359 del 1992, art. 5-bis, comma 7-bis, introdotto dalla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 65, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), la ricorrente critica la sentenza impugnata, nella parte in cui ha riconosciuto e determinato l’indennità per il periodo di occupazione illegittima, sostenendo che i Giudici a quibus hanno applicato un criterio – quello dell’interesse legale sul valore venale del fondo per ogni anno di occupazione – arbitrario, illegittimo, erroneo e non sorretto da adeguata motivazione, in quanto avrebbero dovuto invece determinare il danno in termini di interessi legali per ogni anno di occupazione illegittima sulla somma corrispondente alla indennità di espropriazione del bene (vengono richiamate le sentenze della Corte di cassazione nn. 17142 del 2004 e 2952 del 2003).

2. – Il ricorso non merita accoglimento.

2.1. – Il primo motivo di censura è infondato.

Infatti – pur a prescindere da profili di inammissibilità del motivo, nella misura in cui la ricorrente nega, da un lato, che sia stata raggiunta la prova dell’occupazione dell’area nella data del 4 marzo 1980 e non censura, dall’altro – contraddittoriamente -, il capo di decisione che ha riconosciuto al controricorrente l’indennità per l’occupazione legittima proprio per il periodo dal 4 marzo 1980 al 4 marzo 1985 -, il motivo in esame è privo di fondamento, sia perchè muove dall’erroneo e, comunque, insufficientemente motivato presupposto secondo cui il B., gravato del relativo onere probatorio, non avrebbe prodotto nè il verbale di immissione in possesso nè il contestuale verbale sullo stato di consistenza dell’area, documenti che, invece, sarebbero stati illegittimamente acquisiti dal consulente tecnico d’ufficio, senza considerare che la Corte di L’Aquila, nel dare atto della presenza di tali documenti tra gli allegati alla relazione di consulenza, non ha specificato se gli stessi documenti fossero stati acquisiti dal c. t. u. ovvero fossero stati a questo consegnati dalle parti all’inizio o nel corso delle operazioni, sia perchè è noto che il c. t. u. può acquisire, nel rispetto del contraddittorio, anche i documenti indispensabili per dare risposta ai quesiti tecnici affidatigli (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 3191 del 2006), sia infine perchè è la stessa ricorrente a richiamare testualmente l’atto introduttivo del giudizio, laddove il B. deduce che l’immissione in possesso della Provincia nell’area di sua proprietà era avvenuta nel marzo del 1980 (cfr. Ricorso, pag. 9).

2.2. – Il secondo motivo del ricorso è inammissibile, per sopravvenuta carenza di interesse.

Con il motivo in esame la ricorrente critica la sentenza impugnata, nella parte in cui ha riconosciuto e determinato il risarcimento del danno per il periodo di occupazione illegittima, sostenendo che i Giudici a quibus hanno applicato il criterio dell’interesse legale sul valore venale del fondo per ogni anno di occupazione, anzichè quello degli interessi legali per ogni anno di occupazione illegittima sulla somma corrispondente alla indennità di espropriazione del bene.

Ma è noto che, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 348 del 2007 – con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5-bis, commi 1 e 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1992, n. 359 -, nonchè dell’entrata in vigore della L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 89, l’indennità di espropriazione di un’area edificabile – quale quella dì specie (cfr. la sentenza impugnata, alla pag. 8) – è determinata nella misura pari al valore venale del bene; sicchè, il criterio di determinazione del danno da occupazione illegittima applicato dalla Corte aquilana con riferimento all’indennità (virtuale) di espropriazione è da considerarsi (a posteriori) legittimo.

3. – Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, ivi compresi Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli, accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 11 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2011

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