Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19345 del 21/08/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 19345 Anno 2013
Presidente: SETTIMJ GIOVANNI
Relatore: PETITTI STEFANO

amministrative

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COLANGELO Giuseppina (CLN GPP 53L57 G081N), rappresentata e
difesa, per procura speciale a margine del ricorso, dall’Avvocato Lorenzo Annunziata, elettivamente domiciliata in Roma,
via G. Ferrari n. 4, presso lo studio dell’Avvocato Roberta
Moretti;

ricorrente

contro
COMUNE DI CORNAREDO (CF 02981700152), in persona del Sindaco
pro tempore,

rappresentato e

difeso, per procura a margine

del ricorso, dagli Avvocati Carlo Andena e Antonio Sigillò,
elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Roma, via Prevesa n. 11;
– controricorrente 9

tisn

‘•

Data pubblicazione: 21/08/2013

avverso la sentenza del Tribunale di Milano, sezione staccata
di Rho , n. 72 del 2010, depositata il 3 febbraio 2010.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 maggio 2013 dal Consigliere relatore Dott. Ste-

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Immacolata Zeno, che nulla ha osservato.
Ritenuto che Colangelo Giuseppina proponeva ricorso dinanzi
al Giudice di Pace di Rho per impugnare una cartella esattoriale emessa a seguito di contestazione riguardante una contravvenzione prevista dal Codice della Strada;
che tale procedura era stata avviata dal Comune di Cornaredo poiché la sig.ra Colangelo aveva pagato l’oblazione in forma ridotta oltre il termine di 60 giorni dalla notificazione
del verbale di accertamento della contravvenzione;
che, secondo la ricorrente, il pagamento dell’oblazione avrebbe dovuto essere considerato effettuato in termini,
sull’assunto che la sospensione feriale dei termini non vale
esclusivamente ai fini della proposizione del ricorso in opposizione dinanzi al giudice di pace, ma rileverebbe anche in
riferimento al pagamento dell’oblazione;
che il Giudice di Pace di Rho rigettava il ricorso;
che la Colangelo proponeva appello, con il quale sosteneva
le medesime ragioni dedotte in primo grado;

fano Petitti;

che il Tribunale di Milano – Sezione distaccata di Rho rigettava l’appello;
che, secondo il Tribunale, la sospensione feriale dei termini viene concessa dal legislatore solo con riferimento alla

da tutelare il destinatario della contestazione riconoscendogli una estensione del suo spatium deliberandi in concomitanza
alla chiusura feriale degli studi legali;
che tale estensione, applicata anche al pagamento
dell’oblazione, risulterebbe inutile, visto il carattere meramente materiale dell’attività di pagamento (a differenza del
carattere più tecnico dell’attività che presuppone il ricorso,
attività che non può e non deve essere compromessa dalla chiusura degli studi legali nel periodo feriale);
che per cassazione di questa sentenza Colangelo Giuseppina
ha proposto ricorso affidato a tre motivi;
che con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione
o falsa applicazione degli artt. 202, 203 e 204-bis d.lgs. n.
285 del 1992, asserendo che una interpretazione sistematica
delle norme citate indurrebbe a ritenere che la sospensione
feriale dei termini non riguarderebbe solo la proponibilità
del ricorso, come statuito dal giudice d’appello, ma anche la
possibilità di pagare in misura ridotta la sanzione;
che con il secondo motivo, la ricorrente deduce violazione
o falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 689 del 1981,

proposizione del ricorso dinanzi al giudice di pace, in modo

nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione
circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, laddove
la sentenza impugnata non riconosce che il mancato pagamento
entro i termini sia stato causato da errore scusabile della

che infine, con l’ultimo motivo di ricorso, la ricorrente
lamenta omessa pronuncia sulla domanda ai sensi dell’art. 112
cod. proc. civ., poiché la sentenza impugnata non avrebbe
provveduto a rideterminare la sanzione, così come richiesto
dall’appellante;
che ha resistito con controricorso il Comune di Cornaredo,
il quale chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile
per carenza di interesse o comunque infondato nei tre motivi;
che, essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione
del ricorso in camera di consiglio è stata redatta relazione
ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., che è stata comunicata alle parti e al Pubblico Ministero.
Considerato

che il relatore designato ha formulato la se-

guente proposta di decisione:
«( (m)] Il primo motivo di ricorso è infondato. Appare chiaro,
come già sottolineato dal Tribunale di Rho, che la sospensione
feriale dei termini, prevista per la proposizione del ricorso
dinanzi al giudice di pace, non è applicabile al pagamento
dell’oblazione. Tale sospensione, se è necessaria al fine di
garantire al destinatario della contestazione uno spatium de-

ricorrente;

liberandi

effettivo in ordine ad un’attività prettamente

tecnica (la proposizione di un ricorso) che potrebbe essere
compromessa dalla chiusura degli studi legali nel periodo feriale, non appare invece necessaria per assicurare il compi-

dell’oblazione, il cui

apatium deliberandi,

fissato in 60

giorni, non risente in alcun modo del periodo feriale ed è comunque assicurato nella sua interezza. La previsione da parte
del legislatore della sospensione feriale dei termini risponde
dunque ad una ratio ben precisa (quella di consentire la difesa tecnica in giudizio), che non permette di ampliarne
l’applicabilità ai termini per il pagamento dell’oblazione,
poiché questi ultimi non sono termini processuali e non sono
connessi con l’esercizio di un’azione giudiziale, ma attengono
ad atti da compiersi nell’ambito di un procedimento amministrativo di carattere sanzionatorio (Cass. 22 gennaio 2007, n.
1280. Più recentemente, Cass. 22 febbraio 2010, n. 4170).
Privo di fondamento è anche il secondo motivo. La sentenza impugnata ha infatti spiegato in maniera puntuale come il dato
letterale della normativa sulla decorrenza dei termini non
possa essere eluso da una interpretazione errata della stessa.
L’errore della ricorrente, dunque, non può considerarsi scusabile in quanto consistente in una sbagliata ricostruzione ermeneutica, tesa a superare il dato letterale della normativa
applicabile.

mento di una attività materiale come quella del pagamento

Infine, infondato è il terzo motivo di ricorso, atteso che
l’opposizione aveva ad oggetto non già il verbale di accertamento o l’ordinanza-ingiunzione, ma una cartella esattoriale,
rispetto alla quale non appare configurabile il potere ridut-

ne irrogata; in ogni caso, come già stabilito da questa Corte,
il giudice dell’opposizione non è tenuto a motivare il mancato
esercizio del potere di ridurre l’entità della sanzione dovuta
(Cass. 1 marzo 2005, n. 4297).
Per questi motivi, si ritengono sussistenti le condizioni per
la trattazione del ricorso in camera di consiglio, per essere
ivi dichiarato manifestamente infondato ai sensi dell’art.
375, n. 5)»;
che il Collegio condivide la proposta di decisione, non apparendo idonee le argomentazioni della ricorrente svolte nella
memoria ex art. 380-bis, secondo comma, cod. proc. civ., ad
indurre a differenti conclusioni;
che invero, pur volendosi condividere il rilievo secondo
cui l’esercizio della facoltà di pagare la sanzione in misura
ridotta ha natura indubbiamente deflattiva, discendendo
dall’esercizio di tale facoltà la preclusione della proposizione sia del ricorso al Prefetto, sia dell’opposizione in sede giurisdizionale, tuttavia deve escludersi che il rapporto
tra cittadino e amministrazione, nel quale chiaramente si collocano la contestazione di un illecito amministrativo conse-

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tivo del giudice dell’opposizione con riferimento alla sanzio-

guente a violazione di norme del codice della strada, la applicazione della relativa sanzione amministrativa e la facoltà, riconosciuta all’interessato, nei casi in cui ciò non sia
espressamente escluso in considerazione della sanzione appli-

ria, debba essere attratto per ciò solo nell’orbita della giurisdizione, rendendo applicabile al detto pagamento in misura
ridotta la sospensione feriale dei termini processuali;
che, del resto, la sospensione feriale dei termini, in considerazione della sua ratio,

mal si attaglia ad istituti che

consistono nel mero compimento di attività materiale, che non
richiede la necessità di un’assistenza tecnica in senso strett o;

che deve quindi ribadirsi il principio per cui la lettera e
la ratio della legge n. 742 del 1969, che disciplina la detta
sospensione e che si riconnette alla necessità della difesa
tecnica in giudizio, impongono di riferire l’istituto della
sospensione feriale a tutti i termini processuali, relativi
alla giurisdizione sia ordinaria che amministrativa, ed anche
al termine entro il quale deve essere proposta l’azione giudiziaria (Corte cost., sentenza n. 268 del 1993; ordinanza n.
296 del 1998), ma non consentono di ampliarne l’applicabilità
al termine per il pagamento in misura ridotta della sanzione
amministrativa pecuniaria, anche se da detto pagamento deriva
la preclusione della successiva opposizione in sede giurisdi-

cabile, di beneficiare della riduzione della sanzione pecunia-

zionale, atteso che il detto termine di sessanta giorni non è
un termine processuale e attiene ad atti da compiersi nell’ambito di un procedimento amministrativo;
che quindi il ricorso deve essere rigettato, con conseguen-

della soccombenza, al pagamento delle spese del giudizio di
legittimità, liquidate come da dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida
in euro 600,00 per compensi, oltre ad euro 200,00 per esborsi
e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta
Sezione Civile – 2 della Corte suprema di Cassazione, il 10
maggio 2013.

te condanna della ricorrente, in applicazione del principio

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