Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19344 del 18/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 18/07/2019, (ud. 10/04/2019, dep. 18/07/2019), n.19344

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6169/2013 R.G. proposto da:

Autofrigo Rieti A.F. srl, in persona del suo legale rappresentante

pro – tempore, sig. P.M., con l’avv. Luca Pizzoli

domiciliato in Roma, via Eustachio Manfredi n. 21, presso lo studio

dell’avv. Roberto Antonelli;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, ed ivi domiciliata in via dei Portoghesi, n.

12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per il

Lazio, Sez. 21, n. 184/21/12, pronunciata il 19.06.2012, depositata

in data 17.07.2012, non notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 10 aprile

2019 dal Cons. Marcello M. Fracanzani.

Fatto

RILEVATO

La società contribuente reagiva contro un avviso di accertamento per imposte dirette, Iva e IRAP relative all’anno fiscale 2004, emesso su PVC della dalla Guardia di Finanza Nucleo Polizia Provinciale di Rieti a seguito di verifica parziale sul corretto adempimento delle disposizioni fiscali in materia di IRES, IVA e IRAP per, l’anno 2004. Alla contribuente venivano contestate violazioni formali in materia di Iva, ossia l’omessa indicazione del titolo di non imponibilità di fatture emesse; violazioni sostanziali in materia di imposte sui redditi, precisamente l’indicazione di costi non di competenza, compensi agli amministratori, indebita variazione in diminuzione, sopravvenienze passive; violazioni sostanziali in materia di Iva, ovvero l’irregolare fatturazione di operazioni nei confronti di esportatori abituali, irregolare fatturazione nei confronti della Repubblica di san Marino.

La CTP era chiamata a pronunciarsi sulla inesistenza giuridica dell’avviso di accertamento per difetto di notifica, sulla illegittimità dello stesso per mancata allegazione del PVC e per difetto del contraddittorio, sulla illegittimità dell’accesso per difetto di contraddittorio, sulla illegittimità dell’accesso per difetto di autorizzazione e sulla infondatezza nel merito di tutti i recuperi a tassazione, pronunciava sentenza n. 133/01/2010 con cui accoglieva il ricorso sulla base della sola pregiudiziale eccezione di illegittimità dell’accesso per difetto di autorizzazione, che, seppure esistente, si riferiva alla sede legale di Rieti e non a quella amministrativa di Fiano Romano, ove era stato effettuato l’accesso.

Appellava l’Ufficio, lamentando falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52,nonchè contraddittorietà e carenza di motivazione.

La CTR di Roma, pronunciava sentenza di accoglimento n. 184/21/2012, deducendo la correttezza dell’operato della Guardia di Finanza in quanto l’accesso non era avvenuto nei locali abitativi, ma presso il commercialista, ove erano depositate le scritture contabili, e anche nei luoghi in cui veniva svolta l’attività. Riteneva, poi, regolare la notifica dell’avviso di accertamento e, ritenute infondate le ulteriori eccezioni della società, considerava legittima nel merito la ripresa a tassazione.

Ricorre per cassazione la società contribuente affidandosi a tredici motivi, cui resiste l’Amministrazione con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

1. Con il primo motivo di ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, la società deduce l’insussistenza della autorizzazione all’accesso, la illegittimità derivata dell’avviso di accertamento e la inutilizzabilità di prove irritualmente acquisite.

Il motivo è infondato.

In materia di accertamento fiscale, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, prevedono la possibilità che gli impiegati dell’Amministrazione finanziaria o la Guardia di Finanza possano accedere presso i locali adibiti all’esercizio dell’attività commerciale, agricola, artistica o professionale, ovvero presso i locali adibiti ad uso promiscuo (e, dunque, anche abitativo) dietro la semplice autorizzazione del capo dell’ufficio e del Procuratore della Repubblica, senza l’indicazione di specifici presupposti, ponendosi tali autorizzazioni come meri adempimenti procedimentali, legati alla necessità che la perquisizione sia avallata da un’autorità gerarchicamente o funzionalmente sovraordinata.

Nella fattispecie il provvedimento autorizzatorio è quello prot. n. 26066 del 29.06.2017, con cui il Direttore della Agenzia delle Entrate di Rieti ha incaricato la Guardia di Finanza “di accedere presso la ditta indicata”, senza distinguere fra sede legale e sede amministrativa, ma indicando, nome, sede legale e partita iva della contribuente destinataria dell’accesso, solo ai fini della sua identificazione. (Cass. Ord. 28.03.2018 n. 773).

Sicchè legittimo è stato l’accesso della Guardia di Finanza presso la sede amministrativa e presso il commercialista depositario delle scritture contabili.

Altro regime sconta il caso di accesso nei locali adibiti ad uso diverso e, dunque, esclusivamente abitativo, che è possibile solo dietro autorizzazione del Procuratore della Repubblica sussistendo gravi indizi di violazione tributaria e trovando il suo fondamento nell’inviolabilità del domicilio di cui all’art. 14 Cost. (Cass. ord. 28.03.2018 n. 773 e 16.12.2013 n. 28068).

Con il che perdono di pregio anche i profili di censura riferiti alla illegittimità derivata dell’avviso di accertamento ed alla inutilizzabilità delle prove raccolte in luoghi diversi da quelli per cui vi era autorizzazione. Sotto quest’ultimo profilo, infatti, va rimarcato che l’utilizzazione a fini fiscali di dati e documenti acquisiti dalla G.d.F. operante quale polizia giudiziaria è stata svolta nel rispetto delle disposizioni dettate dalle norme tributarie (nella specie, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33,D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 52 e 63).

D’altra parte, questa Corte ha già chiarito che non esiste nell’ordinamento tributario un principio generale di inutilizzabilità delle prove illegittimamente acquisite, sicchè “l’acquisizione irrituale di elementi rilevanti ai – fini dell’accertamento fiscale non comporta la inutilizzabilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in tal senso” (Cass. n. 8344/2001; conf. Cass. n. 13005/2001, n. 1343/2002 e n. 1383/2002, n. 1543/2003 e n. 10442/2003). E tanto anche con riferimento all’attività della Guardia di Finanza che, cooperando con gli uffici finanziari, proceda ad ispezioni, verifiche, ricerche ed acquisizione di notizie, non osservando la disciplina processual – penalistica, avendo carattere amministrativo – con conseguente inapplicabilità dell’art. 24 Cost., in materia di inviolabilità del diritto di difesa. Il tutto, con la precisazione che non debbano essere state violate le citate disposizioni del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 33,artt. 52 e 63 – sul potere degli uffici finanziari e del giudice tributario di avvalersene a fini meramente fiscali (cfr. Cass. n. 8990/2007; n. 18077/ 2010).

2. Con il secondo motivo di ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla L. n. 890 del 1982, art. 14 ed al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, la società deduce l’inesistenza giuridica dell’atto per difetto di notifica.

Il motivo è infondato.

Costituisce principio consolidato – cui si intende dare continuità in questa sede – quello per cui la notificazione dell’avviso di accertamento può essere eseguita anche mediante invio, da parte dell’esattore, di raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso la notifica si ha per avvenuta alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente o dal consegnatario, senza necessità di redigere un’apposita relata di notifica. (cfr. Cass. 24.08.2010 n. 21071). In tale sistema è proprio l’ufficiale postale a garantire, nel menzionato avviso, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella (cfr. anche Cass., 6395/2014). Ai fini del perfezionamento della notifica opera, dunque, il D.M. 9 aprile 2001, artt. 32 e 39, secondo cui è sufficiente che la spedizione postale sia avvenuta con consegna del plico al domicilio del destinatario, senza altro adempimento da parte dell’ufficiale postale, se non quello di curare che la persona da lui individuata come legittimata alla ricezione apponga la sua firma sul registro di consegna della corrispondenza, oltre che sull’avviso di ricevimento da restituire al mittente.

Escluso, dunque, che si possa discorrere di inesistenza della notificazione, ove anche si volesse ipotizzare la sussistenza di un vizio comportante la nullità della medesima, essa deve considerarsi comunque sanata ex art. 156 c.p.c. a seguito della tempestiva impugnazione dell’avviso di accertamento dinanzi alla CTP. Questa Corte, infatti, ha anche affermato che, nell’ipotesi di nullità della notifica dell’atto impositivo tale nullità “è sanata, a norma dell’art. 156 c.p.c., comma 2, per effetto del raggiungimento del suo scopo, il quale, postulando che alla notifica invalida sia comunque seguita la conoscenza dell’atto da parte del destinatario, può desumersi anche dalla tempestiva impugnazione, ad opera di quest’ultimo, dell’atto invalidamente notificato” (Cass. n. 1238/2014). In particolare ha chiarito – estendendo gli effetti sananti non solo agli atti processuali, ma anche a quelli amministrativi come quello impugnato – che “la notificazione è una mera condizione di efficacia e non un elemento costitutivo dell’atto amministrativo di imposizione tributaria, sicchè il vizio di nullità ovvero di inesistenza della stessa è irrilevante ove l’atto abbia raggiunto lo scopo” (Cass. n. 654/2014), che è quello di consentire al contribuente la piena conoscenza dell’atto impositivo per consentire l’esercizio del diritto di difesa; situazione che ha trovato realizzazione avendo la società contribuente tempestivamente impugnato l’atto. “Per cui la natura sostanziale e non processuale dell’avviso di accertamento tributario non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un. espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria; sicchè il rinvio disposto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 5, (dettato in materia di notifica della cartella di pagamento), al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 (dettato in materia di notificazione dell’avviso di accertamento), il quale, a propria volta, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile (con espressa esclusione di quelle di cui alla lett. “r” del comma 1, tra cui non è ricompreso l’art. 156 c.p.c.), comporta, quale logica conseguenza, l’applicazione del regime delle nullità e delle sanatorie dettato per la notifica dell’avviso di accertamento.” (Cass. 24.08.2018 n. 21071, n. 8321/2013 e 6613/2013, che hanno dato continuità al principio già affermato da Cass. n. 2272/2011 e da Cass., S.U. n. 19854/2004).

3. Con il terzo motivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c., lamenta la nullità della sentenza o del procedimento, omessa pronuncia sulle deduzioni della parte volte a confutare le violazioni sostanziali e formali Iva per irregolare fatturazione di operazioni nei confronti di esportatori abituali.

4. Con il quarto motivo ex art. 360, comma 1, n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c., rileva la nullità della sentenza o del procedimento, per omessa pronuncia sulle deduzioni della parte atte a confutare le l’ascritta violazione sostanziale Iva per irregolare fatturazione nei confronti di operatore della Repubblica di San Marino.

5. Con il quinto motivo ex art. 360, comma 1, n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c., la società deduce la nullità della sentenza o del procedimento, Omessa pronuncia sulle deduzioni della parte atte a dimostrare la deducibilità dei costi ritenuti non di competenza.

6. Con il sesto motivo ex art. 360, comma 1, n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c., lamenta la nullità della sentenza o del procedimento, omessa pronuncia sulle deduzioni della parte atte a dimostrare la legittime deduzione dei compensi agli amministratori.

7. Con il settimo ex art. 360, comma 1, n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c., contesta la nullità della sentenza o del procedimento, omessa pronuncia sulle deduzioni della parte atte a dimostrare la correttezza delle variazioni in diminuzione.

8. Con l’ottavo motivo ex art. 360, comma 1, n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c., lamenta nullità della sentenza o del procedimento, omessa pronuncia sulle deduzioni della parte atte a dimostrare la correttezza della contabilizzazione di sopravvenienze passive.

9. Con il nono motivo ex art. 360, comma 1, n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c., rileva la nullità della sentenza o del procedimento, omessa pronuncia sulle deduzioni della parte relative ai rilievi IRAP.

I motivi 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 sono tutti autosufficienti e fondati.

La CTR ha, infatti omesso di pronunciare su ciascuna delle singole censure, limitandosi genericamente a rigettarle come prive di pregio, senza fornire alcuna motivazione, argomentando esclusivamente circa la mancata “specificazione delle autovetture e/o automezzi che hanno effettuato il rifornimento” e null’altro. Nel che si concreta il vizio di difetto di pronuncia ex art. 112 c.p.c., che impone di cassare la sentenza impugnata e rimettere gli atti alla CTR competente per una nuova pronuncia. Deve ribadirsi che è ormai principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo la quale (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9105 del 07/04/2017) ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento; Cass. V, 24313/2018.

10. Con il decimo motivo ex art. 360, comma 1, n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c., rileva la nullità della sentenza o del procedimento, omessa pronuncia sulle deduzioni della parte atte a dimostrare l’illegittimità delle sanzioni irrogate.

11. Con l’undicesimo motivo, ex art. 360, comma 1, n. 3, in relazione all’art. 2967, sostanzialmente deduce la violazione e falsa applicazione delle disposizioni in materia di onere della prova, applicabili anche al processo tributario, ed in relazione agli artt. 113,115 ed all’art. 116 c.p.c., comma 4, in relazione all’art. 112 c.p.c., rileva la nullità della sentenza o del procedimento, omessa pronuncia sulle deduzioni della parte, lamentando la violazione delle norme che presidiano i poteri del giudice sulla pronuncia secondo diritto, sulla disponibilità e sulla valutazione delle prove.

I motivi 10 e 11, data la sostanziale identità delle censure, possono essere esaminati congiuntamente. Essi sono fondati.

In tema di prova, nel processo tributario è onere della parte dimostrare quanto sostenuto, essendo le Commissione Tributarie prive di autonome facoltà di indagine, non potendo supplire, con l’esercizio dei propri poteri istruttori, all’inerzia delle parti. Nel caso all’esame di questa Corte, dagli atti di causa non risulta essere stata fornita dall’Ufficio la prova dei fatti che costituiscono il fondamento della pretesa erariale, poichè “…spetta all’Amministrazione finanziaria, nel quadro dei generali principi che governano l’onere della prova, dimostrare l’esistenza di fatti costitutivi della (maggiore) pretesa tributaria fatta valere, fornendo quindi la prova di elementi e circostanze a suo avviso rivelatori della sussistenza di un maggior reddito imponibile…” (Cass. 5302/2001).

Nè, dalla sentenza impugnata risulta che la CTR abbia svolto alcuna indagine sulla efficacia probatoria dei fatti dedotti a fondamento della pretesa, essendosi la stessa limitata a dichiarare legittimi i recuperi effettuati dall’Ufficio senza neppure fare un qualsiasi riferimento al dato probatorio dei fatti affermati dall’Ufficio e alle doglianze accolte dalla CTR.

12. Con il dodicesimo motivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), deduce omessa ovvero meramente apparente, ovvero in via progressivamente alternativa e gradata, insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. In via ulteriormente alternativa e gradata ex art. 360 codice di rito civile, comma 1, n. 5, rileva l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Ritiene la contribuente che i giudici di secondo grado abbiamo obliterato le contestazioni afferenti il merito della pretesa erariale e riferite alla illegittimità del recupero a tassazione di Iva per Euro 97,948,00; alla illegittimità della irrogazione di sanzioni per Euro 97.948,00 irrogata ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 5, comma 4 e per Euro 1.032,00 ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 9, commi 1 e 3; alla illegittimità della contestazione di irregolare fatturazione nei confronti di operatori della Repubblica di San Marino; alla illegittimità del recupero a tassazione di costi considerati non di competenza per Euro 10-016,81; alla illegittimità del recupero a tassazione di Euro 1.081,00 quali costi a titolo di affitto; alla illegittimità del recupero a tassazione di Euro 4.680,00 quale compenso dell’amministratore asseritamente non contabilizzato; alla illegittimità del recupero a tassazione di Euro 20.135,000 a titolo di mancato riconoscimento di sopravvenienza attiva; alla illegittimità del recupero a tassazione di Euro 2.038,39 non riconosciute dall’Ufficio come sopravvenienze passive; alla illegittimità dei recuperi IRAP; alla illegittimità delle sanzioni.

Il motivo è fondato.

La sentenza impugnata è priva di motivazione anche sotto il profilo delle sanzioni irrogate dall’Ufficio, essendosi la CTR limitata a rigettare tutte le singole censure della contribuente etichettandole genericamente come “prive di pregio”, senza null’altro argomentare.

13. Con il tredicesimo motivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamenta omessa, ovvero meramente apparente motivazione circa un punto controverso e decisivo per il giudizio. In via ulteriormente alternativa e gradata, ex art. 360 codice di rito civile, comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Ritiene la contribuente che la questione della validità della notifica effettuata dall’Ufficio in assenza di agente notificatore, ai sensi della L. n. 890 del 1982, ex art. 14, sia un fatto controverso e decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ma obliterato dai giudici di appello.

Il motivo è infondato.

Specularmente a quanto osservato con riferimento al primo motivo di ricorso e con argomentazioni che possono essere qui richiamate, il Collegio ribadisce che la notificazione dell’avviso di accertamento può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento, e la notifica si ha per avvenuta alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente o dal consegnatario, senza necessità di redigere un’apposita relata di notifica. (cfr. Cass. 24.08.2010 n. 21071) ed è proprio l’ufficiale postale a garantire, nel menzionato avviso, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella (cfr. anche Cass., 6395/2014). Non è, dunque, ipotizzabile nè l’inesistenza della notificazione, nè di nullità della stessa che, comunque, deve considerarsi ex art. 156 c.p.c. a seguito della tempestiva impugnazione dell’avviso di accertamento dinanzi alla CTP.

In definitiva il ricorso è fondato nei termini anzidetti, la sentenza deve essere cassata ed il giudizio rinviato al giudice di merito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della insussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte, rigettati il primo, il secondo ed il tredicesimo motivo di ricorso, accoglie il terzo, quarto, quinto, sesto, settimo, ottavo, nono, decimo, undicesimo e dodicesimo motivo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR per il Lazio, Sezione di Roma in diversa composizione, cui demanda anche la regolazione delle spese del presente grado di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 10 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2019

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