Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19343 del 22/09/2011

Cassazione civile sez. I, 22/09/2011, (ud. 02/05/2011, dep. 22/09/2011), n.19343

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.G., elettivamente domiciliato in Firenze, Via N. Bixio

n. 2, nello studio dell’Avv. FIDOLINI Paolo, che lo rappresenta e

difende, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI FIGLINE VALDARNO, elettivamente domiciliato in Roma, Via

Flaminia, n. 79, nello studio dell’Avv. Roberto Ciociola;

rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al

controricorso, dall’Avv. DI FALCO Riccardo;

– controricorrente –

nonchè sul ricorso proposto da:

COMUNE DI FIGLINE VALDARNO, come sopra rappresentato;

– ricorrente incidentale –

contro

R.G.;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze, n. 36,

depositata in data 17 gennaio 2005;

sentita la relazione all’udienza del 2 maggio 2011 del Consigliere

Dott. Pietro Campanile;

Sentito l’Avv. Perrotta, munito di delega, per il R., che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto

dell’incidentale;

Sentito l’Avv. Ciociola, munito di delega, per il Comune, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso incidentale e il rigetto del

principale;

Udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del Sostituto

Dott. Carlo Destro, il quale ha concluso per l’accoglimento del

ricorso principale, assorbito l’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – La Corte di appello di Firenze, pronunciando sulla domanda di determinazione delle indennità di occupazione e di espropriazione proposta dal Sig. R.G. nei confronti del Comune di Figline Valdarno in relazione ad un’area oggetto di procedura ablativa per la realizzazione di un parcheggio, disposta consulenza tecnica d’ufficio, con la decisione indicata in epigrafe determinava l’indennità di espropriazione in Euro 51.130,00 e quella di occupazione in Euro 2229,26.

Si affermava, in particolare, così aderendosi alle conclusione della consulenza tecnica d’ufficio, della quali venivano trascritti ampi stralci, che il terreno in questione aveva natura edificatoria, in quanto, pur essendo l’area destinata a parcheggio (zona per spazi ed attrezzature pubbliche e di uso pubblico di interesse comune – sottozona G6 parcheggio), essa costituiva parte integrante della zona omogenea di appartenenza, essendo i terreni limitrofi destinati in parte a zona residenziale e in parte a zona di completamento urbanistico.

Il valore corrispondente a tale qualificazione del bene veniva tuttavia ridotto in base alle risultanze della dichiarazione resa dal proprietario ai fini dell’ICI, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 16. Veniva rilevata altresì l’inapplicabilità, quanto alla richiesta del maggior danno, della norma contenuta nell’art. 1224 c.c., osservandosi, per altro, che non risultava che nel periodo considerato la svalutazione monetaria fosse stata superiore al tasso legale degli interessi.

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il R., deducendo quattro motivi, illustrati con memoria.

Resiste con controricorso il Comune di Figline Valdarno, che propone ricorso incidentale, affidato ad unico motivo e parimenti illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2 – Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione degli artt. 112 e 183 c.p.c., per aver la corte territoriale applicato la riduzione derivante dall’applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 16, nonostante la relativa questione, non rilevabile d’ufficio, fosse stata sollevata dalla controparte soltanto in sede di precisazione delle conclusioni.

2.1 – Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non essersi rispettati i canoni in materia probatoria in relazione ai presupposti di fatto inerenti all’applicazione della normativa in materia di ICI. 2.2 – Con il terzo motivo il R. lamenta violazione e falsa applicazione del citato D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 16, sempre in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendone l’inapplicabilità, essendosi accertato, sulla base delle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio fatte proprie dalla corte di appello, che l’area ablata “non è certo edificabile, ma ha vocazione edificatoria”.

2.3 – Con il quarto motivo, infine, si contesta il regolamento delle spese processuali, poste a carico dell’attore in violazione del principio contenuto nell’art. 91 c.p.c..

2.4 – Con unico e complesso motivo il Comune di Figline Valdarno, ricorrente in via incidentale, deduce violazione della L. n. 865 del 1971, art. 16, dei principi generali dettai in materia di interessi, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione, rispettivamente, all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, sostenendo, in primo luogo, l’erroneità della tesi secondo cui aree, come quella in esame, poste in zone non edificabili, debbano ritenersi edificabili concorrendo con le altre aree a determinare l’indice edilizio territoriale di ciascuna zona.

3 – Per evidenti ragioni di priorità logica e giuridica deve esaminarsi preliminarmente il ricorso incidentale, essendo del tutto evidente come le questioni poste dal ricorso principale, essenzialmente incentrate sui limiti della dichiarazione resa dal proprietario ai fini dell’Ici ai fini della liquidazione dell’indennità di esproprio (in relazione alla quale, per altro, le Sezioni unite di questa Corte hanno di recente ritenuto non manifestamente infondata l’eccezione di legittimità costituzionale), siano caudatarie della ritenuta applicabilità all’area in questione dei criteri inerenti all’indennizzo determinato in base alla natura edificatoria del terreno, contestata, per l’appunto, con il ricorso proposto in via incidentale.

3 – Le censure del Comune di Figline Valdarno in merito alla determinazione dell’indennità sulla base della ritenuta edificabilità del terreno sono fondate.

In punto di fatto, deve sottolinearsi come risulti del tutto pacifico, sulla scorta degli accertamenti compiuti dal consulente tecnico d’ufficio, ampiamente riportati nell’impugnata decisione, che l’area in questione, già adibita a “parco attrezzato ed impianti sportivi”, sulla base del Piano strutturale e del regolamento urbanistico approvati con Delib. 28 febbraio 1999 e Delib. 20 gennaio 2000, era stata inserita in “zona per spazi ed attrezzature pubbliche e di uso pubblico di interesse comune”, e destinata, quindi, a “parcheggio pubblico”.

Secondo l’indirizzo consolidato di questa Corte, condiviso dal Collegio, nel sistema delineato dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, non può considerarsi consentita la configurabilità di un tertium genus, essendo del tutto chiara la volontà del legislatore di operare, salve particolari ipotesi che qui non rilevano, una netta dicotomia fra aree edificatali ed aree non edificabili (Cass. , 9 marzo 2004, n. 9732; Cass. 30 agosto 2007, n. 18314; Cass. 29 luglio 2009, n. 17672).

La valorizzazione della vocazione edificatoria, da contrapporsi (come riconosce lo stesso ricorrente principale nel formulare il terzo motivo) a quella desumibile dagli strumenti urbanistici si pone in contrasto con i principi sui quali la richiamata distinzione si fonda, finendo con il creare un sistema indistinto nel quale i criteri fondati sulla edificabilità legale risultano sostanzialmente vanificati. Ove la zona risulti vincolata, come nel caso di specie, a un utilizzo meramente pubblicistico, la classificazione apposta un vincolo di destinazione preclude ai privati tutte quelle forme di trasformazione del suolo che sono riconducibili alla nozione tecnica di edificazione e che sono, come tali, soggette al regime autorizzatorio previsto dalla vigente legislazione edilizia.

Pertanto il riferimento a una partecipazione all’indice di edificabilità non della zona in cui l’area sia inserita, bensì, come verificatosi nel caso di specie, a quelle limitrofe, realizza una violazione della norma contenuta nella citata L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, e, al contempo, si fonda su una non consentita amplificazione del principio – evidentemente non rettamente inteso – secondo cui le aree destinate ad impianti, servizi ed usi di interesse generale, concorrendo a determinare l’indice edilizio territoriale della zona cui sono funzionali, sono pienamente partecipi di tutti i parametri edificatori che la caratterizzano ai fini dell’indennità di espropriazione. Tale regola, da applicarsi esclusivamente all’interno di una zona omogenea, non può evidentemente riferirsi alle zone limitrofe, così confondendosi la maggiore o minore fabbricabilità che ciascun fondo venga a godere o subire per effetto delle disposizioni attuative del piano inerenti alla collocazione sui singoli fondi di specifiche edificazioni, ovvero servizi e infrastrutture con l’utilizzo meramente pubblicistico cui può essere vincolata un’intera zona in sede di scelte di ripartizione pianificatorie dell’intero territorio da parte degli strumenti urbanistici generali (Cass. 14 giugno 2007, n. 13917;

Cass., 18 maggio 2006, n. 11741; Cass., 17 maggio 2005, n. 10343).

Nella sentenza impugnata, pertanto, non risultano correttaimente applicati i principi inerenti alla priorità della nozione di edificabilità legale, è il cui riconoscimento è legato alla classificazione urbanistica – dovendosi tener conto dei vincoli conformativi, che, in quanto non correlati ma connaturati alla proprietà in sè, contribuiscono a fondare il carattere del suolo ai fini valutativi, configurandosi tale carattere ove i vincoli siano inquadrati nella zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, sì da incidere su una generalità di beni e nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti (Cass., Sez. Un., 25 novembre 2008, n. 28051; Cass. 6 agosto 2009, n. 17995).

Del resto, la giurisprudenza di questa Corte è costante nell’affermare che la destinazione di zona a parcheggi pubblici con vincolo di natura conformativa comporta in ogni caso l’inedificabilità dell’area da parte dei privati proprietari (Cass., 19 dicembre 2008, n. 29768; Cass., 21 ottobre 2005, n. 29459; Cass., 9 luglio 1999, n. 7200).

3.1 – L’accoglimento del motivo nei termini sopra indicati è assorbente, per le ragioni già illustrate, rispetto ad ogni altra censura.

La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata, con rinvio alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, che, oltre a provvedere in merito alle spese del presente giudizio di legittimità, terrà altresì conto della recente decisione della Corte Costituzionale n. 181 del 2011, da applicarsi a tutti i rapporti non esauriti.

Per la stima dell’indennità torna quindi nuovamente applicabile il criterio generale dell’indennizzo pari al valore venale del bene, fissato dalla L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39, che è l’unico criterio ancora vigente rinvenibile nell’ordinamento, e per di più non stabilito per singole e specifiche fattispecie espropriative, ma destinato a funzionare in linea generale in ogni ipotesi o tipo di espropriazione salvo che un’apposita norma provvedesse diversamente.

E che quindi nel caso concreto si presenta idoneo a riespandere la sua efficacia per colmare il vuoto prodotto nell’ordinamento dall’espunzione del criterio dichiarato incostituzionale (Cass., n, 4602/1989; 3785/1988; sez. un. 64/1986): anche per la sua corrispondenza con la riparazione integrale in rapporto ragionevole con il valore venale del bene garantita dall’art. 1 del Protocollo allegato alla Convenzione europea, nell’interpretazione offerta dalla Corte EDU. L’applicazione del criterio in questione da parte del giudice di rinvio comporta necessariamente l’estensione anche alla stima dell’indennizzo in questione dei medesimi principi già applicati per quello rivolto a risarcire l’espropriazione illegittima degli stessi fondi non edificatori; i quali impongono di tener conto delle obbiettive ed intrinseche caratteristiche ed attitudini dell’area in relazione alle utilizzazioni autorizzate dagli strumenti di pianificazione del territorio: perciò consentendo pure al proprietario interessato da un’espropriazione rituale, di dimostrare sempre all’interno della categoria suoli/inedificabili, anche attraverso rigorose indagini tecniche e specializzate, che il valore agricolo, da determinarsi in base al relativo mercato, sia mutato e/o aumentato in conseguenza di una diversa destinazione del bene egualmente compatibile con la sua ormai accertata non edificatorietà. E, quindi, che il fondo, suscettibile di sfruttamento ulteriore e diverso da quello agricolo, pur senza raggiungere i livelli dell’edificatorietà, abbia un’effettiva e documentata valutazione di mercato che rispecchia queste possibilità di utilizzazioni intermedie tra l’agricola e l’edificatoria (parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative, chioschi per la vendita di prodotti ecc.): utilizzazioni beninteso assentite dalla normativa vigente sia pure con il conseguimento delle opportune autorizzazioni amministrative.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il ricorso incidentale, assorbito il principale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 2 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2011

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