Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19343 del 21/08/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 19343 Anno 2013
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: DOGLIOTTI MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso 15876-2006 proposto da:
MARINA COSTRUZIONI S.P.A. (C.F./P.I. 01566160634),
in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE REGINA

Data pubblicazione: 21/08/2013

MARGHERITA 278, presso l’avvocato GIOVE STEFANO,
rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO
2013
1170

METAFORA, giusta procura speciale per Notaio
GIANCARLO IACCARINO di NAPOLI – Rep.n. 25887 del
18.2.2011;
– ricorrente –

1

contro

SANPAOLO

IMI

S.P.A.

(c.f./p.i.

06210280019),

incorporante il Banco di Napoli spa, in persona del
procuratore pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 35, presso l’avvocato

dall’avvocato CARILE CARLO, giusta procura speciale
per Notaio dott. MARIO MAZZOCCA di MAPOLI – Rep.n.
51523 del 16.6.2006;
– contrari corrente contro

BANCO DI NAPOLI S.P.A., EQUABILE DOMENICO, TIRRENIA
CALZATURE S.P.A.;

avverso la sentenza n.

intimati

484/2006 della CORTE

D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 17/02/2006;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 02/07/2013 dal Consigliere
Dott. MASSIMO DOGLIOTTI;

0\,\

GENOVESI FEDERICO, rappresentato e difeso

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale dott. ZENO IMMACOLATA che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 16-7-2002, in accoglimento della domanda proposta da
Tirrenia Calzature S.p.A., volta ad ottenere il risarcimento dei danni,

tratto sulla Banca Sannitica, che il Banco di Napoli aveva negoziato e pagato ad
Equabile Domenico, il Tribunale di Napoli, con sentenza in data 16-7-2002,
condannava in solido il Banco di Napoli e il predetto Equabile Domenico al
pagamento a favore dell’attrice della somma di Euro 21.821,85.
Proponeva appello, con citazione notificata il 10-1-2003, il Banco di Napoli, cui
seguiva altro appello notificato il 28-3-2003, dalla San Paolo IMI S.p.A.
Si costituiva Marina Costruzioni S.p..A., quale successore a titolo particolare per
cessione del credito relativo, che eccepiva l’inammissibilità degli appelli e
chiedeva confermarsi la sentenza impugnata.
Venivano riuniti i giudizi.
La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza in data 17-2-2006, dichiarava
inammissibile l’appello del Banco di Napoli ed ammissibile quello della San
Paolo IMI; nel merito, accoglieva l’appello e, in riforma della sentenza
impugnata, rigettava la domanda dell’attrice in primo grado.
Ricorre per cassazione la Marina Costruzioni S.p.A..
Resiste con controricorso la San Paolo IMI.
La Marina Costruzioni S.p.A. ha depositato memoria difensiva.

1

relativamente ad un assegno contraffatto nell’importo, e nel nome del prenditore,

Motivi della decisione.
Il ricorso non è inammissibile, come affermato dalla controricorrente. La
sentenza d’appello risulta depositata in data 17-2-2006, quindi anteriormente

diritto, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione.
Con il primo motivo, la ricorrente sostiene l’inammissibilità dell’appello di San
Paolo IMI S.p.A..
Il motivo è infondato.
Come è pacifico, il Banco di Napoli fu incorporato nella San Paolo IMI S.p.A.,
anteriormente all’entrata in vigore della rinnovata disciplina societaria.
Giurisprudenza consolidata (tra le alte Cass. s.u. n. 19698 del 2010; n. 4740 del
2011) afferma che, nel vigore della disciplina anteriore, l’incorporazione per
fusione determinava l’estinzione della società incorporata e la costituzione di
nuovo soggetto giuridico. E’ da ritenere pertanto che, con la fusione per
incorporazione in esame, nella vigenza della disciplina abrogata, si sia costituito
un soggetto nuovo.
Ai sensi dell’art. 358 c.p.c., l’appello dichiarato inammissibile non può essere
riproposto; in mancanza, questa Corte ha avuto modo di affermare (tra le altre,
Cass. n. 50 del 2004; n. 5053 del 2009; n. 11308 del 2011) che è consentita la
proposizione di altra impugnazione, in sostituzione della precedente viziata,
purchè il termine per appellare non sia decorso, considerando perraltro che la
tempestività della seconda impugnazione va verificata con riferimento al
“termine breve” (di trenta giorni) trattandosi dello stesso soggetto, e al “termine

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all’entrata in vigore dell’art. 366 bis c.p.c., che aveva introdotto i quesiti di

lungo” (all’epoca annuale), trattandosi, come nella specie, di soggetto diverso, a
far data dalla prima impugnazione.
L’appello della San Paolo IMI è tempestivo rispetto al termine lungo: l’atto del

2003.
Il secondo motivo circa l’integrazione del contraddittorio nei confronti della
Tirrenia Calzature nel presente giudizio e in quello d’appello è infondato (e, in
tal senso, va revocata l’ordinanza di integrazione del contraddittorio disposta da
questa Corte in data 16-1-2012).
Il giudizio d’appello svoltosi tra la banca soccombente e la società cessionaria
/
del credito, costituitasi

egt giudizio, nella contumacia della società cedente, cui

il ricorso era stato regolarmente notificato, con accettazione del contraddittorio
tra le parti costituite, integra i presupposti per l’estromissione dal giudizio del
cedente stesso, che, benchè non formalmente dichiarata dal giudice a quo, ha
comunque fatto cessare la qualità di litisconsorte necessario della parte
originaria (al riguardo, tra le altre, Cass. n. 12035 del 2010).
Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta violazione degli art. 112, 116, 191,
214 c.p.c. 2043, 2719 c.c., 43, 88, legge assegni, nonché vizio di motivazione, là
dove la sentenza impugnata esclude la responsabilità della banca.
Il motivo è infondato.
Giurisprudenza costante (tra le altre, Cass. n. 7618 del 2010; n. 3729 del 2004)
precisa che ove l’irregolarità ( falsificazione o alterazione) dei requisiti

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Banco di Napoli fu notificato il 10-1-2003, quello della San Paolo IMI il 28-3-

dell’assegno non sia rilevabile con l’ordinaria diligenza, non può darsi
responsabilità della Banca.

,e.

Con motivazione adeguata on illogica, il giudice a quoha chiarito che non è

l’incasso dell’assegno, non essendovi, tra l’altro agli atti, né l’assegno originale
né una copia di esso.
La ricorrente si riferisce genericamente alla negata ammissibilità di provg senza
specificazione alcuna (e al riguardo il ricorso presenta profili di
inammissibilità). Quanto alla C.T.U., è evidente che essa non costituisce mezzo
di prova, e non può sopperire alla totale carenza probatoria.
Conclusivamente, va rigettato il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 270009 comprensive di euro
200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Roma, 2 luglio 2013

stata aggiunta prova dell’imprudenza del funzionario della banca tche permise

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