Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19341 del 21/08/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 19341 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: MACIOCE LUIGI

PU

SENTENZA

sui ricorso

iscritto al n. 30017 del R.G. anno 2006
proposto da:

ZITO Joie — CORLEO Maria Gabriella — CORLEO Donatella
CORLEO Luigi — CORLEO Laura — PUMA Nicola – PUMA Luigi PUMA Francesco tutti eredi di Corleo Gaetano e di Corleo Maria Lucia,
elettivamente domiciliati in ROMA, via Garigliano 11 presso l’avvocato
Nicola Maione

rappresentati e difesi dall’avvocato Giovanni Liguori

giusta procura a margine del ricorso
161152, 1110.01
contro

ricorrenti –

Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Siciliana

in

persona del Presidente in carica domiciliato in ROMA, via dei Portoghesi
12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende
per legge – &0-0A2411082g –

controricorrente –

avverso la sentenza n. 509 della Corte d’Appello di
Palermo depositata il 26.04.2006. Udita la relazione della causa svolta
nella pubblica udienza del 1.07.2013 dal Consigliere Dott. Luigi
MACIOCE; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. Immacolata Zeno che ha concluso per l’inammissibilità o il rigetto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Assessorato territorio ed ambiente della regione siciliana in data
2.9.1998 ingiunse a Maria Lucia e Gaetano CORLEO il pagamento della

difG1
20 t5

1

Data pubblicazione: 21/08/2013

somma di lire 64.955.000 per indennità relativa alla occupazione del
suolo demaniale marittimo sito in Maggiacomo di Santa Flavia fatto
segno ad ingiunzione di sgombero del 1995 della Capitaneria di Porto di
Palermo. Oppostisi gli interessati, il Tribunale di Palermo revocò
l’ingiunzione sull’assunto della inidoneità della disposizione del RD 639
del 1910 a far valere un credito risarcitorio e respinse anche la domanda
di accertamento negativo degli opponenti, essi non avendo provato che
l’area occupata fosse inferiore a quella affermata dall’Amministrazione.

Palermo, costituitosi l’appellato Assessorato, con sentenza 26.4.2006
rigettò l’impugnazione affermando: che nella opposizione gli interessati
avevano contestato sia l’estensione dell’area demaniale illegittimamente
occupata sia il quantum preteso come indennità, che pertanto sulla
domanda di essere assolti dalla pretesa portata nella ingiunzione la
revoca della ingiunzione stessa aveva determinato la totale
soccombenza dell’Assessorato con la conseguente mancanza di interesse
all’accertamento di un minor debito unitario, stante il fatto che
l’Amministrazione non aveva chiesto in via riconvenzionale alcuna
condanna, che del pari andava confermata la decisione di rigetto della
domanda di accertamento negativo in relazione alla estensione dell’area
demaniale occupata dai manufatti in tesi superiore ai mq. 259,3
accertati in primo grado, nessuna prova essendo stata prodotta o
richiesta dagli appellanti (che non avevano depositato il fascicolo) e non
valendo invocare per diversamente opinare il provvedimento di
sospensione dell’ordine di sgombero.
Per la cassazione di tale sentenza gli eredi Corleo hanno proposto ricorso il 30.10.2006 articolato su due motivi, resistito da controricorso
dell’Assessorato del 9.12.2006.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ritiene il Collegio che il ricorso debba essere rigettato.
Primo motivo: esso denunzia la violazione dell’art. 100 c.p.c. posto che

la Corte avrebbe equivocato sulla reale portata della proposta domanda
di accertamento negativo, ritenendo che essa si riferisse solo alla determinazione della esatta indennità laddove essa era correlata alla esatta determinazione della estensione dell’area demaniale occupata.
Secondo motivo: censura per vizio di motivazione il passaggio della sen-

tenza sulla assenza di prova della estensione differenziale dell’area demaniale occupata, posto che era da affermarsi, contrariamente a quangto ritenuto ed affermato, che l’area era ben inferiore, e non già superiore, ai mq. 259,3 in realtà trattandosi di mq. 93,9.

2

Gli eredi Gaetano e Maria Lucia Corleo proposero appello e la Corte di

Esaminando assieme i due motivi, il secondo rappresentando infatti la
base fattuale per verificare la correttezza dell’argomentazione posta in
sentenza sulla carenza di interesse residuo allì’accertamento negativo
richiesto, una volta annullata la ingiunzione patrimoniale, è da condividere il rilievo dell’Avvocatura Erariale contenuto in controricorso relativo
al fatto che, alla lettura del ricorso, emerge la assoluta incomprensibilità
dei termini fattuali della controversia sulla “estensione” della reale area
demaniale occupata. Non si riporta nell’atto in disamina in sintesi la ci-

motivi di appello. Il totale difetto di autosufficienza rende quindi le due
censure del tutto incomprensibili a fronte di chiare statuizioni della sentenza impugnata, la quale, a ben vedere, neanche viene compresa nel
suo decisivo passaggio. E di ciò appresso.
Se infatti è agevole condividere l’osservazione contenuta in ricorso sulla
erronea affermazione contenuta nella sentenza di appello per la quale la
pretesa dimostrativa degli eredi degli originari occupanti sarebbe stata
diretta ad accertare che la superficie occupata fosse superiore ai mq.
259,3 indicati nella CTU (ovviamente predicandosi dagli interessati che
l’area occupata fosse di molto inferiore a detta estensione), quel che appare decisivo, una volta chiarito l’evidente carattere di irrilevante refuso
dell’espressione in discorso, è che la sentenza ha affermato a chiare lettere la assenza di prove documentali idonee a far superare l’evidenza
dell’accertamento compiuto dal CTU (che lo ebbe a corredare di foto e
planimetrie) e che la pretesa dei ricorrenti – in questa sede reiterata – a
veder accertata come occupata la sola area di mq. 93,9 è frutto di mera
affermazione sostenuta da generici rinvii a propri documenti (cinque
righe a pag. 8 del ricorso), affermazione che non è minimamente in grado di superare la soglia della ammissibilità in questa sede.
Il ricorso si rigetta con la condanna dei ricorrenti alla refusione delle
spese in favore della contro ricorrente Amministrazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, tra loro in solido, a corrispondere all’Assessorato le spese del giudizio che determina in C 4.000 per
comp si oltre a spese prenotate a debito.
Cos’ deciso 1’1.7.2013.
Il ons.est.

tazione ad opponendum, né la sentenza del primo giudice né i propri

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