Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19341 del 17/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 17/09/2020, (ud. 24/06/2019, dep. 17/09/2020), n.19341

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 30257/2014 R.G. proposto da:

SISAL SPA, già AREA GIOCHI SPA (C.F. (OMISSIS)), in persona del

legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv.

Prof. GUGLIELMO MAISTO elettivamente domiciliato presso quest’ultimo

in Roma, Piazza D’Aracoeli, 1;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia n. 2504/2014 depositata in data 14 maggio 2014;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 24 giugno 2019

dal Consigliere Filippo D’Aquino;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale DE AUGUSTINIS UMBERTO che ha concluso per il rigetto del

ricorso;

udito l’Avv. GIULIA PARONI per parte ricorrente, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso e l’Avv. BRUNO DETTORI per l’Avvocatura

Generale dello Stato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società contribuente ha impugnato un avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2005 con accertamento di maggiore IVA, interessi e sanzioni, conseguente a una operazione di acquisizione a debito da parte di SISAL SPA – per la quale era stata negata la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto, nella parte afferente a costi per consulenze professionali sostenuti dalla società controllante della contribuente e da questa riaddebitati alla società veicolo, odierna contribuente (successivamente fusasi per incorporazione con la società obiettivo) – in quanto costi non inerenti a termini del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), art. 75, comma 5, sostenuti a giudizio dell’Ufficio nell’esclusivo interesse della società controllante quali shareholder activities.

La CTP di Milano ha accolto il ricorso e la CTR della Lombardia, con sentenza del 14 maggio 2014, ha accolto l’appello dell’Ufficio. Ha ritenuto il giudice di appello che la mancata produzione della fattura ripresa a tassazione, come anche delle notule dei professionisti, non consente di accertare se si tratti di attività professionali connesse all’operazione o se si tratti di un mero studio preventivo di fattibilità. Ha, poi, ritenuto che sia onere del contrib nte provare l’inerenza dei costi e che tale onere non è stato assolto a termini dell’art. 75, TUIR, comma 5, pro tempore vigente, dichiarando assorbito ogni altro motivo.

Ha proposto ricorso la società contribuente, affidato a dieci motivi, ulteriormente illustrato da memoria, cui resiste con controricorso l’Ufficio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1 – Con il primo motivo parte contribuente censura la sentenza impugnata sotto il profilo della omessa pronuncia sulla questione preliminare della nullità dell’avviso per mancato rispetto del termine di cui alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, trovando l’avviso di accertamento, secondo il ricorrente, origine da una verifica conclusasi in data 22.10.2009. Lamenta il ricorrente il mancato rispetto del termine a difesa e l’assenza di ragioni di urgenza. Rileva, inoltre, omessa motivazione in ordine alle ulteriori censure contenute nel ricorso introduttivo e riproposte nelle controdeduzioni in appello, relative al difetto di motivazione dell’avviso a termini della L. n. 212 del 2000, art. 7, al vantaggio economico dell’operazione, al principio di inerenza ai fini IVA, nonchè, infine, alla sussistenza dell’elemento psicologico in tema di applicazione delle sanzioni.

Con il secondo motivo si deduce nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione in violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, e dell’art. 111 Cost., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto assorbito ogni altro motivo di gravame.

Con il terzo motivo si deduce, in via gradata, violazione di legge in relazione alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, per non avere il giudice di appello ritenuto nullo l’avviso di accertamento, privo del rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni dalla notificazione del processo verbale di constatazione, in assenza di ragioni di urgenza. Deduce come l’avviso di accertamento sia stato notificato in data 17.12.2009, laddove la notificazione del PVC sarebbe avvenuta in data 22.10.2009, con conseguente nullità dell’atto impositivo.

Con il quarto motivo si deduce, in via gradata, violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, per non avere la sentenza impugnata ritenuto la nullità dell’avviso di accertamento per assenza assoluta di motivazione, essendosi l’Ufficio limitato a descrivere i fatti, senza specificare per quale motivo il costo in oggetto e l’IVA relativa sarebbero privi di inerenza.

Con il quinto motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la sentenza impugnata negato l’inerenza in capo ad AREA GIOCHI SRL delle spese per consulenze legali per mancata allegazione della fattura ripresa a tassazione. Ritiene il ricorrente del tutto irrilevante tale circostanza, sia perchè il contenuto della fattura era stato riprodotto nell’avviso di accertamento in relazione ai dati essenziali (numero, imponibile, IVA, descrizione, soggetto emittente e cessionario), sia in quanto la descrizione della fattura non era stata oggetto di contestazione.

Con il sesto motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. per le medesime ragioni esposte in relazione al quinto motivo, ritenendo il ricorrente trattarsi di violazione di norma avente natura sostanziale.

Con il settimo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 17 Dir. IVA 77/388/CEE del 17 maggio 1977 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto non inerenti i costi a termini dell’art. 75 TUIR, comma 5. Il ricorrente ritiene erroneo il richiamo al concetto di inerenza, proprio delle imposte dirette (art. 109 TUIR, comma 5), laddove nella specie si verte in tema di diritto alla detrazione dell’IVA a termini del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19; rileva, a tale proposito, come il soggetto che detrae l’imposta non debba dimostrare il conseguimento di uno specifico interesse economico, essendo sufficiente, stante il principio di neutralità dell’IVA, la prova del mero impiego di beni e servizi per operazioni rilevanti ai fini IVA, che si attua con l’assolvimento della rivalsa sull’IVA a monte nei confronti del cedente. Rileva come i costi professionali abbiano concorso al monte dei costi complessivi dell’operazione di acquisizione. Sotto questo specifico profilo il ricorrente formula questione di pregiudizialità a termini dell’art. 267 TFUE.

Con l’ottavo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), art. 109, comma 5, per non avere la CTR correttamente effettuato la verifica di inerenza dei costi per consulenze legali, connessi alla negoziazione del finanziamento bancario e indicati nella descrizione delle fatture di acquisto riaddebitate dalla controllante alla odierna ricorrente. Rileva come l’inerenza vada valutata in relazione all’operazione complessiva, riguardo alla quale parte ricorrente avrebbe tratto un vantaggio economico, per effetto dell’acquisizione dell’intero complesso aziendale di SISAL SPA mediante fusione per incorporazione; assume, pertanto, il ricorrente, persino in termini di evidenza, l’utilità dei costi per prestazioni professionali sostenuti dalla società veicolo. In via meramente fattuale, osserva parte ricorrente come i ricavi netti del primo anno successivo alla fusione siano stati superiori all’entità dei costi professionali.

Con il nono motivo di ricorso si censura violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, artt. 16 e 17, nella parte in cui la sentenza ha ritenuto corretta l’irrogazione della sanzione, laddove l’avviso non conterrebbe una idonea descrizione dei fatti, degli elementi di prova e delle norme in virtù delle quali ritenere accertato il dolo o la colpa del contribuente.

Con il decimo motivo si censura violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 8, del L. n. 212 del 2000, art. 10, per omessa valutazione della buona fede del contribuente e per sussistenza di obiettive condizioni di nell’applicazione delle norme, stante anche un contraddittorio comportamento tenuto dall’amministrazione finanziaria in relazione ad altro accertamento nei confronti della società controllante.

2 – Va preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità del primo motivo di ricorso prospettata dal controricorrente, non trattandosi di questione di fatto.

2.1 – I primi quattro motivi vanno valutati congiuntamente.

Il giudice di appello, rigettando nel merito la pretesa del contribuente e facendo applicazione del principio della ragione più liquida, ha dichiarato assorbiti gli ulteriori motivi di gravame, alcuni dei quali attinenti a questioni preliminari (profili di legittimità dell’avviso di accertamento).

Tuttavia, nella specie non ricorre l’istituto dell’assorbimento in senso proprio – applicabile ove la decisione sulla domanda assorbita divenga superflua per sopravvenuto difetto di interesse della parte che ha conseguito la tutela richiesta nel modo più pieno con la pronuncia assorbente – ma dell’assorbimento improprio, nella misura in cui il contribuente, odierno ricorrente, ha visto rigettata nel merito la propria pretesa, senza alcun esame delle questioni preliminari. Nel qual caso si verte in tema di rigetto implicito delle domande preliminari dichiarate impropriamente assorbite, rigetto che va impugnato – come, peraltro, il ricorrente ha fatto – nelle forme dell’omessa motivazione (Cass., Sez. I, 12 novembre 2018, n. 28995; Cass., Sez. I, 27 dicembre 2013, n. 28663; Cass., Sez. II, 9 ottobre 2012, n. 17219; Cass., Sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663). 2.2 – Vertendosi nel caso dell’omissione assoluta di motivazione, il giudice di legittimità diviene giudice del fatto processuale, in quanto chiamato a sindacare un vizio di inosservanza di norme processuali relative alla violazione denunciata (l’omessa decisione in ordine alle questioni preliminari dedotte dal ricorrente), che comporta per la Corte il potere-dovere di controllare sia l’esatta individuazione dell’interpretazione della norma astratta applicata o applicabile, sia l’esatta sussunzione della vicenda processuale nella norma medesima, sia – infine – l’intero processo logico seguito dal giudice di merito nell’applicare la norma processuale (Cass., Sez. II, 16 ottobre 2017, n. 24312; Cass., Sez. III, 8 giugno 2007, n. 13514). Ciò, peraltro, sul presupposto che la questione sia dedotta a pena di inammissibilità in relazione agli esatti termini in cui la stessa sia stata esposta; con la conseguenza che, solo nel caso in cui la questione sia ammissibile, diviene possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo (Cass., Sez. III, 23 gennaio 2006, n. 1221), sempre che la questione abbia natura esclusivamente giuridica e non richieda nuovi accertamenti di fatto (Cass., Sez. VI, 20 marzo 2015, n. 5724).

2.3 – Fatte tali premesse, i motivi vanno rigettati.

2.3.1 – Quanto alla questione della nullità per mancato rispetto del termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, (motivi primo, secondo e terzo), la questione è priva di fondamento, posto che non risulta nè dalla sentenza, nè dal ricorso che sia stato eseguito un accesso in loco presso i locali della ricorrente, accesso che costituisce presupposto per l’applicazione del contraddittorio procedimentale (Cass., Sez. VI, 10 luglio 2018, n. 18103; Cass., Sez. V, 19 ottobre 2017, n. 24636; Cass., Sez. VI, 17 gennaio 2017, n. 1007; Cass., Sez. V, 5 dicembre 2014, n. 25759); nè risulta trascritto, in parte qua, l’atto impositivo.

2.3.2 – Quanto alla questione della nullità dell’avviso di accertamento per omessa motivazione, sia in relazione al vantaggio economico dell’operazione, sia in relazione al principio di inerenza ai fini IVA, nonchè, infine, in relazione alla sussistenza dell’elemento psicologico in tema di sanzioni, si rileva come il ricorrente, pur avendo trascritto i motivi di ricorso già dedotti nel procedimento di primo grado e pur avendo allegato (peraltro assai succintamente) di avere riproposto tali questioni nelle controdeduzioni (peraltro senza ritrascrivere tali deduzioni nel ricorso in forma quasi inammissibile), non ha trascritto l’avviso di accertamento in parte qua, non rendendo possibile la verifica nel merito delle menzionate doglianze.

I motivi vanno, pertanto, rigettati.

3 – Il quinto e il sesto motivo, i quali si esaminano congiuntamente, sono inammissibili. I due motivi di censura si incentrano sulla motivazione del giudice di appello sotto il profilo di supposte carenze della delibazione del materiale probatorio. Il ricorrente chiede, peraltro, una rivalutazione delle emergenze processuali diversa da quella fornita dal giudice di merito, al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento (Cass., Sez. Lav., 7 giugno 2013, n. 14463), nonchè essendo il principio del libero convincimento di cui agli artt. 115 e 116 c.p.c. situato sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità (Cass., Sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940), salvo che si deduca che il giudice del merito abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti o abbia disatteso, valutandole secondo prudente apprezzamento, prove legali (Cass., VI, 17 gennaio 2019, n. 1229); il che, nella specie, non ricorre.

4 – Il settimo e l’ottavo motivo, i quali possono anch’essi essere esaminati congiuntamente, sono fondati e vanno accolti.

Secondo una costante giurisprudenza della Corte di Giustizia, il diritto dei soggetti passivi di detrarre dall’IVA di cui sono debitori l’IVA dovuta o versata a monte per i beni acquistati e per i servizi loro prestati, costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA istituito dalla normativa dell’Unione. Il sistema delle detrazioni e, quindi, dei rimborsi, è inteso a sgravare interamente l’imprenditore dall’onere dell’IVA dovuta o assolta nell’ambito di tutte le proprie attività economiche. Il sistema comune dell’IVA garantisce la neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purchè queste siano, in linea di principio, soggett esse stesse all’IVA (CGUE 21 marzo 2018, Volkswagen, C-533/16, punti da 37 a 40, CGUE 2 maggio 2019, Sea Chefs Cruise, C-133/18, punto 35).

Questa Corte si è uniformata a tale principio, osservando come l’inerenza debba essere valutata secondo un giudizio di carattere qualitativo e non quantitativo, correlato all’attività di impresa; con la conseguenza che, in tema di IVA, la detrazione non possa essere esclusa solo in virtù di un mero giudizio fondato sulla congruità del costo, salvo che l’amministrazione finanziaria dimostri la macroscopica antieconomicità dell’operazione, la quale costituisce elemento sintomatico dell’assenza di correlazione dell’operazione IVA con lo svolgimento dell’attività imprenditoriale (Cass., Sez. V, 28 dicembre 2018, n. 33574); sicchè si ammette che la detraibilità dell’imposta assolta sugli acquisti di beni e sulle operazioni passive possa spettare anche in assenza del compimento di operazioni attive (Cass., Sez. V, 3 ottobre 2018, n. 23994).

Tali affermazioni costituiscono un corollario della neutralità dell’IVA, che impone la detraibilità dell’IVA assolta a monte, in quanto l’IVA non può essere un costo per un committente (cessionario) che sia soggetto IVA, salvo che risulti che l’operazione sia estranea all’attività imprenditoriale, sia in quanto bene destinato a esigenze private (Corte di Giustizia UE, 20 gennaio 2005, Hotel Scandic GasalAck, C-412/03, punto 23), sia in quanto non vi sia un nesso diretto tra il servizio prestato e il corrispettivo ricevuto (Corte di Giustizia UE, 6 ottobre 2009, SPA Landesorganisation Karnten, C-267/08, punto 19; Corte di Giustizia UE 2 giugno 2016, Lajver, C-263/15, punto 26), ovvero nel caso in cui venga dedotta la inesistenza della operazione sottostante l’emissione della fattura, ovvero la falsità della fattura (Cass., n. 33574/2018, cit.).

La CTR, nello statuire che i costi per consulenze legali non siano riferibili ad attività dirette alla produzione del reddito della newCo, non si è attenuta a tale principio, non avendo accertato, ai fini dell’esclusione della detrazione, la macroscopica antieconomicità dell’operazione, ossia la “evidente incongruità dell’operazione” (Cass., n. 33574/2018 cit.).

5 – Il nono motivo è inammissibile, in quanto con esso non si censura una specifica statuizione contenuta nella sentenza impugnata, bensì l’avviso di accertamento, laddove in materia di impugnazione vige il principio della conversione delle nullità in motivi di impugnazione. In assenza della impugnazione delle specifiche statuizioni della sentenza, le eventuali nullità restano sanate. Principio ancora più pregnante in materia tributaria, attesa la struttura impugnatoria del procedimento, ove si presuppone che la contestazione della pretesa erariale debba essere necessariamente prospettata attraverso specifici motivi di impugnazione dell’atto impositivo, non deducibili direttamente in sede di legittimità, nè rilevabili di ufficio ove tali nullità non siano state tempestivamente dedotte sin dal primo grado di giudizio (Cass., Sez. V, 18 maggio 2018, n. 12313).

6 – Il decimo motivo è ugualmente inammissibile quale questione nuova, sia in quanto la sentenza impugnata non dà alcuna contezza della avvenuta trattazione della stessa nei procedenti gradi di giudizio – per cui il vizio si sarebbe dovuto dedurre nelle forme e con le modalità del motivo di nullità della sentenza e non nelle forme della violazione di legge – sia in quanto la trattazione della suddetta questione durante il giudizio di primo grado è esclusa dalla prospettazione dello stesso ricorrente, il quale ha dedotto di avere svolto tali censure solo in sede di controdeduzioni in appello.

Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione ai suindicati profili, cassandosi la sentenza impugnata con rinvio alla CTR della Lombardia in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il settimo e l’ottavo motivo, rigetta il primo, il secondo e, il terzo e il quarto motivo, dichiara inammissibili il quinto, il sesto, il nono e il decimo motivo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 24 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2020

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