Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19338 del 18/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 18/07/2019, (ud. 05/06/2019, dep. 18/07/2019), n.19338

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13280-2017 proposto da:

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, in persona dei curatori fallimentari,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA SESTIO CALVINO 33, presso lo

studio dell’avvocato LUCIANA CANNAS, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato SERGIO ALVARO TROVATO giusta delega in

calce;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ROVERETO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIALE MAZZINI 11, presso lo studio dell’avvocato

PASQUALE DI RIENZO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato GIANPAOLO MANICA giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 107/2016 della COMM. TRIBUTARIA II GRADO di

TRENTO, depositata il 14/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/06/2019 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

TOMMASO BASILE che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato BOSCO per delega dell’Avvocato

CANNAS che si riporta agli atti;

udito per il controricorrente l’Avvocato DI RIENZO che si riporta

agli scritti.

Fatto

FATTI RILEVANTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

p. 1. Il Fallimento (OMISSIS) srl propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 107/2/16 del 14 novembre 2016, con la quale la commissione tributaria regionale del Trentino, in rigetto del suo appello principale ed in accoglimento dell’appello incidentale del Comune di Rovereto, ha ritenuto legittimi gli avvisi di accertamento Ici 2008/2010 notificati dalla amministrazione comunale alla società fallita. Ciò in relazione ad un fabbricato – acquistato il 25 ottobre 2006 dalla (OMISSIS) srl – iscritto in catasto, senza attribuzione di rendita, quale collabente “F/2” (così classificato il 22 settembre 2006 da originaria classificazione come fabbricato industriale D/1).

La commissione tributaria regionale, per quanto qui ancora interessa, ha osservato che: – stante la natura di fabbricato collabente privo di rendita, la base imponibile ai fini Ici doveva essere individuata nel valore dell’area edificabile di insistenza, a nulla rilevando che l’atto di compravendita fosse stato sottoposto ad imposta ipotecaria e catastale (4%) con riguardo a fabbricato strumentale e non ad area edificabile; – dal medesimo atto di compravendita emergeva come l’oggetto del trasferimento fosse stata la “piena proprietà dell’area edificabile con sovrastanti edifici industriali dismessi e privi di impianti”; – legittima era anche l’applicazione delle sanzioni, ancorchè riqualificabili per infedele, non omessa, dichiarazione.

Resiste con controricorso il Comune di Rovereto.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso il Fallimento lamenta – ex art. 360 c.p.c., n. 3, – violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 2 e 5, comma 6. Per avere la Commissione Tributaria Regionale erroneamente ritenuto che l’Ici si dovesse pagare sull’area edificabile e non sul fabbricato (con rendita azzerata), nonostante che quest’ultimo fosse pacificamente inutilizzabile per certificato sanitario, ed estraneo a richieste di concessione edilizia per interventi di recupero, ricostruzione o ristrutturazione (circostanze non contestate dal Comune). Tanto più che la stessa amministrazione finanziaria (Ris. n. 8 del 22 luglio 2013) aveva chiarito che le unità collabenti non dovevano pagare l’IMU, nè come fabbricati nè come aree edificabili; ciò perchè “una volta che l’area edificabile sia stata comunque utilizzata, il valore della base imponibile si trasferisce alla costruzione realizzata”.

Con il secondo motivo di ricorso il Fallimento deduce – ex art. 360 c.p.c., n. 3, – violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, e D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6. Per avere la Commissione Tributaria Regionale erroneamente ritenuto legittime le sanzioni (sebbene riqualificate per infedele, non omessa, dichiarazione) nonostante che il mancato versamento dell’imposta fosse qui dipeso dall’errore indotto dalla stessa amministrazione finanziaria che, nell’applicare l’imposta ipotecaria e catastale sull’atto di compravendita, aveva fatto riferimento al fabbricato strumentale e non all’area edificabile; inoltre, sussistevano obiettivi elementi di incertezza normativa sulla sottoponibilità ad Ici dei fabbricati collabenti.

p. 2.2 D primo motivo di ricorso è fondato, con conseguente assorbimento della seconda doglianza.

Questa corte ha già più volte affrontato la problematica in questione, consolidando l’orientamento secondo cui (Cass. n. 17815/17): “il fabbricato collabente iscritto in conforme categoria catastale F/2 si sottrae ad imposizione Ici; e ciò non per assenza del presupposto dell’imposta (D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1), ma per azzeramento della base imponibile (D.Lgs. cit., art. 5), stante la mancata attribuzione di rendita e l’incapacità di produrre ordinariamente un reddito proprio”; si è inoltre osservato come la tassazione Ici, in tal caso, “non possa essere recuperata prendendo a riferimento la diversa base imponibile prevista per le aree edificabili, costituita dal valore venale del terreno sul quale il fabbricato insiste, atteso che la legge prevede l’imposizione ICI per le aree edificabili, e non per quelle già edificate, e che tale non può essere considerata l’area inserita dallo strumento urbanistico in zona di risanamento conservativo per la quale la normativa comunale preveda solo interventi edilizi di recupero”.

Nella decisione in esame veniva considerato “che gli elementi della fattispecie impositiva sono prestabiliti dalla legge secondo criteri di certezza e tassatività, e che – nel caso dell’Ici – la legge sottopone ad imposta (D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1), unicamente (il possesso di) queste tre ben definite tipologie di beni immobili: fabbricati, aree fabbricabili, terreni agricoli. Come sì è detto, il fabbricato iscritto in categoria catastale F/2 non cessa di essere tale sol perchè collabente e privo di rendita; lo stato di collabenza ed improduttività di reddito, in altri termini, non fa venir meno in capo all’immobile – fino all’eventuale sua completa demolizione – la tipologia normativa di “fabbricato”. Tanto è vero che la mancata imposizione si giustifica, nella specie, non già per assenza di “presupposto” ex art. cit., ma per assenza di “base imponibile” (valore economico pari a zero) ex art. 5 cit.. Senonchè, esclusa la rilevanza tassabile del fabbricato collabente, l’imposizione Ici non potrebbe essere “recuperata” dall’amministrazione comunale facendo ricorso ad una base imponibile tutt’affatto diversa: quella attribuibile all’area di insistenza del fabbricato. Ciò perchè quest’ultima non rientra in nessuno dei presupposti Ici, trattandosi all’evidenza di area già edificata, e dunque non di area edificabile. L’inconciliabilità fra queste due ultime nozioni non è solo concettuale, ma anche giuridica; dal momento che, diversamente ragionando, si verrebbe ad inammissibilmente introdurre nell’ordinamento – in via interpretativa – un nuovo ed ulteriore presupposto d’imposta, costituito appunto dall'”area edificata”.

Si tratta di indirizzo ribadito – per giunta tra le stesse parti, sebbene con riferimento ad altra annualità Ici – anche da Cass. n. 23801/17, secondo cui: “in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), il fabbricato accatastato come unità collabente (categoria F/2), oltre a non essere tassabile come fabbricato, in quanto privo di rendita, non è tassabile neppure come area edificabile, sino a quando l’eventuale demolizione restituisca autonomia all’area fabbricabile, che da allora è soggetta a imposizione come tale, fino al subentro della imposta sul fabbricato ricostruito”.

Questo orientamento (da ultimo ancora confermato da Cass. nn. 8620/19 e 10122/19) supera quanto affermato da Cass. n. 5166/13 (decisione, quest’ultima, presa a riferimento dal Comune controricorrente), la quale ebbe, del resto, a pronunciarsi con riguardo ad una diversa problematica di individuazione dei presupposti della “edificabilità di fatto” ai fini dell’emersione di plusvalenza tassabile ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 81, comma 1, lett. b).

La sentenza impugnata deve dunque essere cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, sussistono i presupposti per la decisione nel merito, ex art. 384 c.p.c., mediante accoglimento del ricorso introduttivo della parte contribuente.

Posto che il richiamato indirizzo giurisprudenziale è andato consolidandosi, come si è visto, soltanto nel corso del presente giudizio di legittimità, sussistono i presupposti per la compensazione delle spese dell’intero procedimento.

PQM

La Corte:

– accoglie il ricorso;

– cassa la sentenza impugnata e decide nel merito mediante accoglimento del ricorso introduttivo della parte contribuente;

– compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile, il 5 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2019

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