Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19336 del 20/07/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 19336 Anno 2018
Presidente: DORONZO ADRIANA
Relatore: DE MARINIS NICOLA

ORDINANZA
sul ricorso 7362-2017 proposto da:
VIOLA FRANCESCO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
VARRONE 9, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO
VANNICELLI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
VINCENZO SALVO;

– ricorrente contro
COMUNE DI PARTANNA, in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la
CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
LUIGI MESSINA;

– controricorrente –

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Data pubblicazione: 20/07/2018

avverso la sentenza n. 1162/2016 della CORTE D’APPELLO di
PALERMO, depositata il 13/01/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 18/04/2018 dal Consigliere Dott. NICOLA DE
NIARINIS.

che con sentenza del 13 gennaio 2017, la Corte d’Appello di Palermo, in
riforma della decisione resa dal Tribunale di Marsala, rigettava la
domanda proposta da Francesco Viola nei confronti del Comune di
Partanna, alle cui dipendenze prestava servizio con adibizione al
Comando di Polizia Municipale ed inquadramento nella categoria C1,
domanda avente ad oggetto la condanna dell’Ente al risarcimento dei
danni patrimoniali e non patrimoniali conseguenti al mobbing subito;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto
le condotte ascritte all’Ente datore sorrette tutte da valide motivazioni
idonee ad escludere la riconducibilità delle stesse ad un disegno
persecutorio attuato in danno del lavoratore;
per la cassazione di tale decisione ricorre il Viola, affidando
l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, l’Ente
intimato;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata
comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza
in camera di consiglio non partecipata;

CONSIDERATO
che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e
falsa applicazione degli artt. 2087 e 2043 c.c., lamenta l’incongruità
dell’iter logico giuridico seguito dalla Corte territoriale nel rendere
l’impugnata decisione, inficiato, a suo dire, dall’erronea ricognizione

Ric. 2017 n. 07362 sez. ML – ud. 18-04-2018
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RILEVATO

della fattispecie astratta recata dalla legge, dall’erronea sussunzione in
essa dei fatti dedotti, dal travisamento degli stessi;
che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa
applicazione dell’art. 132, comma 1, n. 4, c.p.c. e la conseguente nullità
della sentenza, deduce il carattere meramente apparente della

dall’apodittica enunciazione dei convincimenti maturati non sorretta
dall’illustrazione dell’iter logico seguito;
il vizio di omesso esame di fatti decisivi per il giudizio è prospettato nel
terzo motivo in relazione all’aver la Corte territoriale preteiniesso la
valutazione di una pluralità di circostanze di fatto che assume di aver
allegato e provato;
che, rilevata l’inammissibilità del terzo motivo per risultare ivi omessa la
trascrizione, l’allegazione o la mera indicazione della collocazione in atti
delle deduzioni il cui esame il ricorrente assume essere stato omesso
dalla Corte territoriale, restando così preclusa in questa sede la
valutazione del denunciato vizio, è a dirsi come parimenti inammissibili
si rivelino i primi due motivi, la cui stretta connessione, ne giustifica la
trattazione congiunta, non essendo le censure ivi mosse idonee ad
incidere sulla ratio decidendi posta a base dell’impugnata sentenza, che si
appalesa incentrata, con puntuale riferimento alle caratteristiche proprie
della fattispecie astratta, sull’inconfigurabilità nella specie del carattere
illecito delle condotte addebitate all’Ente datore, per risultare esse, in
quanto espressive di scelte organizzative o di mera opportunità
rientranti nella sfera della discrezionalità o comunque dell’ agere licere
dell’Ente medesimo, scevre da ogni intento vessatorio o persecutorio e
non dirette alla mortificazione morale o all’emarginazione del ricorrente
e ciò dovendosi tener conto che, diversamente da quanto qui affermato
dal ricorrente, secondo cui il pregiudizio all’integrità morale del
Ric. 2017 n. 07362 sez. ML – ud. 18-04-2018
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motivazione resa dalla Corte territoriale, connotata, a suo dire,

lavoratore si configura, ex art. 2087 c.c., anche ove il datore agisca in
osservanza degli obblighi contrattuali e, dunque, in relazione alla
percezione soggettiva dell’interessato, la finalizzazione illecita della
condotta datoriale va apprezzata sotto un profilo eminentemente
oggettivo, giungendo ad escluderla laddove quella condotta risulti

che, pertanto condividendosi la proposta del relatore, il ricorso va
dichiarato inammissibile
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da
dispositivo;

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in
euro 200,00 per esborsi ed euro 3.000,00 per compensi, oltre spese
generali al 15% ed altri accessori di legge
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art.
13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 18 aprile 2018

teleologicamente altrimenti orientata;

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