Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19335 del 21/08/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 19335 Anno 2013
Presidente: RORDORF RENATO
Relatore: DI VIRGILIO ROSA MARIA

ha pronunciato la seguente
Cron.

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SENTENZA
Rep.

sul ricorso 4838-2007 proposto da:
Ud. 13/06/2013

FALLIMENTO ISTITUTO GERIATRICO CENTRO MERIDIONALE
PU

S.R.L., in persona del Curatore avv. GUGLIELMO
LANDOLFI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.

Data pubblicazione: 21/08/2013

AVEZZANA 51, presso l’avvocato LA VIA ALESSANDRA,
rappresentato e difeso dall’avvocato SANGIOVANNI
2013

GIUSEPPE, giusta procura a margine del ricorso;

1039

ricorrente

contro

COLIN ANTONIO;

1

-

avverso la sentenza n.

intimato

1967/2006 della CORTE

D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 13/06/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/06/2013 dal Consigliere Dott. ROSA

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

MARIA DI VIRGILIO;

dia

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Svolgimento del processo
Colin Antonio proponeva domanda di insinuazione tardiva al
Fallimento della s.r.l. Istituto Geriatrico Centro
Meridionale per il credito privilegiato di euro 48.404,08,

di cui euro 4344,13 per trattamento di fine rapporto,
accertato dalla sentenza 1464/1998 del Tribunale di Nola,
pronunciata nei confronti del Fallimento.
Il Colin deduceva di avere agito contro la società, per
ottenere la condanna al pagamento delle differenze
retributive dovute per il rapporto di lavoro subordinato
come medico di guardia e di reparto, nel periodo dal 2/6/90
al 15/1/94; di essere rimasto soccombente in primo grado,
in forza della sentenza del Pretore del lavoro del 10/7/96,
depositata il 24/7/96, e di avere ottenuto pronuncia a sé
favorevole dal Tribunale di Noia, n.1464 del 16/12/98, nel
giudizio svoltosi nei confronti del Fallimento, nel
frattempo dichiarato il 18/7/96.
Il Tribunale, nella contumacia del Fallimento, con sentenza
del 26/5-22/7/04, rigettava la domanda del Colin, ritenendo
che l’accertamento del credito doveva avvenire in sede
endofallimentare, non potendosi nel caso applicare
l’art.95,3 ° comma 1.f., e che il Colin avrebbe dovuto
presentare istanza tempestiva di insinuazione, pur
risultando all’epoca soccombente; che, dovendo valutarsi
nel merito la domanda, e potendosi a riguardo valutare la
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prova per testi svoltasi nell’altro giudizio, doveva
concludersi

per

l’insussistenza

del

vincolo

della

subordinazione.
La Corte d’appello,

con sentenza 30/3-13/6/2006,

in

accoglimento dell’appello, in riforma della sentenza
impugnata, ha ammesso il Colin in via privilegiata al
passivo per l’importo complessivamente liquidato, per
capitale ed interessi, dal Tribunale di Nola, con la
sentenza 1464/1998,con vittoria delle spese.
Avverso detta pronuncia ricorre il Fallimento, sulla base
di tre motivi.
Il Colin non ha svolto difese.
Motivi della decisione
1.1.- Col primo motivo, il Fallimento denuncia violazione o
falsa applicazione degli artt.52 e 95,3 ° comma 1.f. nel
testo applicabile

ratione temporis,

anteriormente alla

novella di cui al d.lgs. 5/2006, e dell’art. 133 c.p.c.,
sotto i profili dell’art.360 nn. 3 e 4 c.p.c., e vizio di
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa
fatto controverso e decisivo, per avere la Corte del merito
ritenuto vincolante per gli organi fallimentari
l’accertamento contenuto nella sentenza 1464/98 del
Tribunale di Noia quale Giudice del lavoro.
Secondo la parte, ai sensi del disposto di carattere
eccezionale dell’art.95,3 ° comma 1.f., affinchè il giudizio
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possa continuare avanti al Giudice competente secondo le
norme ordinarie di rito e condurre ad un titolo spendibile
in sede di verifica fallimentare, non è sufficiente che la
sentenza sia resa all’esito di un giudizio iniziato prima

del fallimento, ma occorre che sia stata pronunciata
sentenza non passata in giudicato prima della sentenza
dichiarativa di fallimento; nel caso, la sentenza del
Pretore è stata depositata in Cancelleria il 24/7/96, ed il
Fallimento è stato dichiarato con sentenza depositata il
18/7, mentre anteriore al fallimento è stata solo la
sottoscrizione del giudice, che deve ritenersi irrilevante,
atteso che ai sensi dell’art.133 c.p.c. la sentenza è resa
pubblica, e quindi può ritenersi pronunciata, anche ai fini
e per gli effetti dell’art.95, 3 0 comma 1.f., solo al
momento del deposito in cancelleria.
E la Corte d’appello è incorsa anche in evidente vizio
motivazionale, non avendo spiegato compiutamente perché ha
ritenuto la sentenza di primo grado pronunciata prima del
fallimento.
1.2.- Col secondo motivo, la Curatela denuncia il vizio di
violazione e falsa applicazione degli artt. 52, 93, 95, 30
comma e 101 1.f., ai sensi dell’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.
Il ricorrente deduce che l’art. 95, 3 0 comma 1.f., in
quanto introduce deroga al regime ordinario, ha natura
eccezionale e non può essere interpretata in senso
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analogico o estesa a casi non previsti; la Corte
territoriale ha deciso in senso contrario alla lettera ed
alla ratio della norma, che è nel senso di determinare la
sollecita determinazione del passivo, al fine del rapido

svolgimento delle successive attività liquidatorie; ne
consegue che, nella sussistenza dei presupposti di cui
all’art.95, ove il creditore intenda avvalersi in sede
concorsuale della sentenza, è tenuto ad insinuarsi al
passivo, anche con riserva, e non può attendere l’esito
dell’eventuale impugnazione della sentenza, pena
l’inopponibilità e/o inefficacia della sentenza medesima in
sede concorsuale, e la possibilità del giudice fallimentare
di non considerarsi dalla stessa vincolato.
1.3.- Col terzo mezzo, il Fallimento denuncia violazione e
falsa applicazione degli artt.54,3 ° comma, 55 1.f., 2749,2 °
comma c.c. e 2751 bis n.1 c.c. nel testo e nell’
interpretazione risultante a seguito della pronuncia della
Corte cost. 204/1989, ex art.360 n.3 c.p.c., per non avere
la Corte d’appello limitato l’ammissione degli interessi a
quelli maturati sino alla data di vendita dei beni mobili
ai quali afferisce il privilegio.
2.1.- Il primo motivo è infondato.
Le censure avanzate dal Fallimento sono incentrate sul
rilievo che, ai fini dell’applicazione dell’art.95, 3 °
comma 1.f., nel testo applicabile

ratione temporis,
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precedente alla riforma, l’anteriorità della pronuncia
rispetto alla dichiarazione di fallimento richiede il
deposito della sentenza, non essendo sufficiente a detti
fini la mera pronuncia del dispositivo in udienza, secondo

il rito del lavoro, ai sensi dell’art.429 c.p.c. (nella
formulazione anteriore alla modifica di cui al d.l.
112/2008, convertito con modificazioni, nella 1. 133/2008).
Sul punto, si sono pronunciate le sezioni unite nelle
sentenze 6225/1986 e 7084/1986, ritenendo che, ai fini
dell’applicazione dell’art.95, 3 0 comma 1.f. ( dettato per
il fallimento, ma operante anche per la liquidazione coatta
amministrativa, e per l’amministrazione straordinaria delle
grandi imprese in crisi), occorre fare riferimento, nel
caso di processo soggetto al rito del lavoro, alla data del
dispositivo letto in udienza, che esprime l’accertamento
giurisdizionale del credito, mentre resta irrilevante la
posteriorità della motivazione a sostegno della relativa
decisione.
Anche la pronuncia 399/99, resa a sezione semplice, sia
pure con riferimento alla decisione della commissione
tributaria, della quale prima della dichiarazione di
fallimento era stato depositato in segreteria il solo
dispositivo, ha ritenuto di condividere l’orientamento per
il quale, per l’art. 95, 3 0 comma 1.f. ,” è sentenza, solo
quella deliberata, non motivata ne’ pubblicata e neppure
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passata in giudicato quindi, quella in cui risulti
depositato il dispositivo e non la motivazione, mancando
quindi la pubblicazione, dato che a prescindere dalla
diversità di natura delle sentenze con “lettura” del

dispositivo in udienza dalle decisioni in cui quello sia
solo depositato, comunque appare evidente che in esso e
alla data di esso si realizza un atto scritto accertativo
del credito, che non può non rilevare in quanto antecedente
alla dichiarazione di fallimento ed immodificabile con la
pubblicazione”; e, continua la pronuncia, “l’immutabilità
del dispositivo emesso, per cui non può pubblicarsi una
decisione diversa da quanto deliberato col dispositivo
depositato(Cass. 29 maggio 1996 n. 4986) conferma in pieno
la conclusione adottata per cui quest’ultimo costituisce
accertamento dek credito deliberato da sentenza,
naturalmente non passata

in giudicato,

in quanto

immodificabile con il successivo deposito della
motivazione, che pubblicherà la sentenza in tutte le sue
componenti, da correggere se riporterà un dispositivo
diverso da quello letto o depositato ed eventualmente da
impugnare nella sua totalità, se ritenuto non conforme al
diritto, nei termini e con le modalità di cui alla legge.”
A tale orientamento, che trova anche il conforto di
autorevole dottrina, la Corte intende dare continuità, non
sussistendo ragioni per discostarsene, e, quanto al
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richiamo del Fallimento alla diversa soluzione adottata per
fissare la decorrenza del termine per l’impugnazione della
sentenza emessa nel rito del lavoro, è agevole rilevare che
si tratta di profili diversi, venendo in rilievo nel caso
decisum

della pronuncia, come

di cui si tratta il

statuizione irretrattabile, mentre, ai fini della
proposizione dell’impugnazione rileva la pronuncia anche
nelle sue argomentazioni.
E della peculiarità nei processi disciplinati con il rito
del lavoro del profilo dell’ esistenza della pronuncia, si
mostra ben consapevole la giurisprudenza, quando afferma
che l’esistenza della sentenza civile è determinata
(salvo ipotesi particolari, quale quella del rito del
lavoro, ovvero dei riti ad esso legislativamente equiparati
o specialmente disciplinati), dalla sua pubblicazione
mediante deposito nella cancelleria del Giudice che l’ha
pronunziata, ed il suo dispositivo è atto privo di
rilevanza giuridica esterna e di definitività(Cass.
5585/1999); ne consegue che solo con la pubblicazione la
decisione diviene irretrattabile, dovendo il Giudice
applicare le norme sopravvenute alla deliberazione prima
della pubblicazione (Cass. 5855/00 e 5245/09).
2.2.- Il secondo motivo va respinto.
La tesi del Fallimento, dell’onere per il creditore, che

\jr\
voglia avvalersi dell’opponibilità al

Fallimento, ex
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art.95, 3 0 comma 1.f., di presentare preventivamente ed
immediatamente l’istanza di ammissione al passivo, senza
potere attendere l’esito dell’eventuale giudizio di
impugnazione della sentenza, non trova supporto normativo,

potrebbe giustificarsi nel sistema, non sussistendo termini
di decadenza per la proposizione della domanda di
insinuazione tardiva.
2.3.- Il terzo motivo è inammissibile.
La Corte territoriale ha ammesso il Colin in privilegio per
l’importo complessivamente liquidato dal Tribunale di Nola,
con la sentenza 1464/98, per capitale ed interessi, senza
rendere alcuna specifica statuizione sul dies ad quem degli
interessi, nei cui confronti possano appuntarsi le censure
del Fallimento, dovendosi ritenere pertanto la questione in
oggetto rimessa alla fase del riparto.
3.1.- Conclusivamente, va respinto il ricorso.
Non si dà pronuncia sulle spese del presente giudizio, non
essendosi costituito l’intimato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, in data 13 giugno 2013
1.11 P

alla stregua del disposto di cui alla norma citata, né

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