Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19333 del 20/07/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 19333 Anno 2018
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: D’ARRIGO COSIMO

ORDINANZA
sul ricorso 15921-2016 proposto da:
SERVIDIO NICOLA, elettivamente domiciliato in Roma, via Filippo
Civinini, n. 105, presso lo studio dell’avvocato Renato Mele,
rappresentato e difeso dall’avvocato Vincenzo Vetere;
– ricorrente contro
RAGO MARIA, OLIVA FRANCESCO, RAGO ROMILDA, PARROTTA
ANTONIO, elettivamente domiciliati in Roma, corso d’Italia, n. 102,
presso lo studio dell’avvocato Giovanni Pasquale Mosca, rappresentati
e difesi dall’avvocato Giovanni Antonio Milito;
– controricorrenti avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Catanzaro, depositata il
22/04/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 14/12/2017 dal Consigliere Dott. Cosimo D’Arrigo.
RITENUTO

Data pubblicazione: 20/07/2018

Nicola Servidio ha convenuto in giudizio Maria Rago, Francesco Oliva,
Ronnilda Rago e Antonio Parrotta sostenendo che alcuni lavori di
convogliamento delle acque, materialmente eseguiti da tale Domenico
Spezzano, avrebbero illegittimamente aggravato la servitù di scolo
nel suo fondo servente.

riferito di aver ricevuto l’incarico di esecuzione dei lavori in questione
dal Comune di Tarsia. Conseguentemente il Tribunale di Castrovillari,
con sentenza pubblicata il 10 ottobre 2014, ha rigettato la domanda
per difetto di prova di responsabilità dei convenuti.
Contro tale decisione il Servidio ha proposto appello, dichiarato
inammissibile ai sensi dell’art. 348-bis cod. proc. civ.
Il Servidio ricorre, quindi, sia contro l’ordinanza della Corte d’appello,
sia contro la sentenza del Tribunale. Gli intimati hanno resistito con
controricorso.
Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui
all’art. 380-bis cod. proc. civ. (come modificato dal comma 1, lett. e),
dell’art. 1-bis d.l. 31 agosto 2016, n. 168, conv. con modif. dalla I. 25
ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del
ricorso in camera di consiglio non partecipata.
Il ricorrente ha successivamente depositato memorie difensive.
CONSIDERATO

Con il primo motivo il Servidio impugna l’ordinanza con cui la corte
d’appello ha dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione, deducendo
la violazione o falsa applicazione degli artt. 348-bis, 348-ter e 101
cod. proc. civ., in relazione all’art. 111, comma 7, Cost. In
particolare, egli sostiene che la corte d’appello non avrebbe potuto
dichiarare inammissibile il gravame dopo essere pervenuta alla fase
della trattazione della causa.
Il motivo è manifestamente fondato.

Ric. 2016 n. 15921 sez. M3 – ud. 14-12-2017

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Domenico Spezzano ed il figlio Daniele, escussi quali testimoni, hanno

La questione dell’autonoma impugnabilità dell’ordinanza ex art. 348ter cod. proc. civ. e dei relativi limiti è stata affrontata dalle Sezioni
Unite di questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 1914 del 02/02/2016, Rv.
638368).
In particolare, l’art. 348-ter, terzo comma, cod. proc. civ. prevede

di primo grado può essere proposto ricorso ordinario per cassazione.
Non è invece previsto alcuno specifico mezzo di impugnazione
dell’ordinanza che dichiara l’inammissibilità dell’appello. Ci si è
domandati, dunque, se avverso quest’ultima sia esperibile il ricorso
straordinario per cassazione – ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost. per vizi propri del provvedimento, cioè nell’ipotesi di violazione della
legge processuale commessa non dal giudice di primo grado, bensì da
quello d’appello.
Le Sezioni Unite, però, hanno messo in evidenza che una lettura
restrittiva, che conduca a escludere l’ordinanza di cui all’art. 348-ter
cod. proc. civ. dall’ambito di esperibilità del ricorso straordinario ex
art. 111 Cost., non si giustifica anzitutto in considerazione della
garanzia costituzionale, rafforzativa dell’effettività della tutela
giurisdizionale tutOta dal primo comma dell’art. 24 Cost., di cui il
ricorso medesim espressione, quale “norma di chiusura” del sistema
delle impugnazioni. Il ricorso straordinario, infatti, non rappresenta
soltanto un momento di presidio della funzione nomofilattica della
Corte di cassazione, ma costituisce anche un modello di tutela del
singolo cittadino contro le violazioni dr,r legge commesse dai giudici
di merito. Introdurre uno sbarramento alla ricorribilità

ex art. 111

Cost. dell’ordinanza di inammissibilità renderebbe incensurabile
l’eventuale error in procedendo in cui sia incorso il giudice d’appello,
che ovviamente non potrebbe essere dedotto nel ricorso per
cassazione avverso la sentenza di primo grado. A ragionare
diversamente si giungerebbe ad affermare l’insindacabilità della

Ric. 2016 n. 15921 sez. M3 – ud. 14-12-2017

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che, quando è pronunciata l’inammissibilità, contro il provvedimento

correttezza della decisione e dell’eventuale disparità di trattamento
tra coloro che hanno potuto fruire dell’appello e coloro cui invece è
stato negato l’accesso al giudizio di secondo grado.
Anche alla luce di tali considerazioni, le Sezioni Unite hanno quindi
affermato l’impugnabilità

ex

art. 111 Cost. dell’ordinanza di

consistenti in una violazione della normativa processuale.
In particolare, sono gli stessi artt. 348-bis e 348-ter cod. proc. civ. a
prevedere una serie di regole la cui violazione può senz’altro essere
denunciata con il ricorso straordinario.
Fra queste, la prima che viene in rilievo è quella secondo cui
l’ordinanza può essere pronunciata solo all’udienza di cui all’art. 350
cod. proc. civ., prima di procedere alla trattazione e sentite le parti:
la pronuncia dell’ordinanza oltre il suddetto termine ovvero senza
aver sentito le parti dà luogo ad un error in procedendo che non
potrebbe essere fatto valere altrimenti che attraverso il ricorso
straordinario.
Nel caso di specie è avvenuto che la corte d’appello ha davvero
consentito la trattazione della causa, in quanto – come emerge dal
verbale d’udienza – entrambe le parti hanno dibattuto
sull’ammissibilità delle richieste istruttorie e sulla sospensione della
provvisoria esecutività della sentenza impugnata.
L’ordinanza di inammissibilità è stata, dunque, pronunciata fuori da
casi consentiti dalla legge.
In conclusione, il provvedimento impugnato deve essere cassato con
rinvio alla Corte d’appello di Catanzaro, che – avendo consumato il
potere processuale di rilevare in via preliminare l’inammissibilità
dell’impugnazione – dovrà esaminarla nel merito.
L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento delle
ulteriori censure, rivolte contro la sentenza di primo grado e

Ric. 2016 n. 15921 sez. M3 – ud. 14-12-2017

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inammissibilità prevista dall’art. 348-ter cod. proc. civ., per vizi propri

logicamente subordinate all’eventualità che la prima censura non
fosse ritenuta fondata.
Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione anche delle spese del
presente giudizio.
P.Q.M.

impugnata e rinvia alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa
composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del
giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2017.

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza

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