Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19333 del 18/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 18/07/2019, (ud. 22/05/2019, dep. 18/07/2019), n.19333

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15760/2017 proposto da:

Comune di Palermo, (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in Palermo, alla Piazza Marina n.

39, presso l’Avvocatura comunale, rappresentato e difeso, giusta

procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Laura La Monaca

(C.F.: LMNLRA55M60G273T);

– ricorrente –

contro

Marconi s.r.l. in liquidazione in concordato, con sede in Palermo,

alla (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), in persona del liquidatore e

legale rappresentante Ing. A.M. (C.F.: (OMISSIS)) e del

liquidatore giudiziale Avv. Carlo Margiotta (C.F.:

MRGCRL77L02G273Z), rappresentata e difesa dall’Avv. Rosario Calì

del foro di Palermo (C.F.: CLARSR63C13G273P), come da procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 4205/25/2016 emessa dalla CTR Sicilia in data

05/12/2016 e non notificata;

udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del

22/5/2019 dal Consigliere Dott. Andrea Penta;

udite le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero Dott.

Francesco Salzano nel senso dell’accoglimento del ricorso principale

e del rigetto di quello incidentale.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La Marconi s.r.l. impugnava l’iscrizione a ruolo e la relativa cartella di pagamento Tarsu con cui il Comune di Palermo aveva ad essa richiesto il pagamento della somma di Euro 6.760,88 per l’anno 2009, applicando la classe per locande e pensioni. Deduceva l’illegittimità dell’atto impugnato per difetto di competenza a deliberare della Giunta Comunale e per carenza di motivazione, non avendo tenuto conto della diversa potenzialità di produrre rifiuti che, all’interno di una struttura alberghiera, avevano le zone adibite a camere da letto rispetto a quelle destinate a servizi particolari (ristorante, bar, ecc.).

Si costituiva il Comune di Palermo, deducendo che lo statuto costituiva l’unico strumento di ripartizione delle competenze funzionali assegnate agli organi istituzionali del Comune, statuto che, con riferimento alla Giunta Municipale, disponeva, all’art. 49, che quest’ultima procedesse alle variazione delle tariffe e aliquote dei tributi comunali e dei corrispettivi dei servizi a domanda individuale nei limiti indicati dalla legge o dal Consiglio comunale.

La Commissione Tributaria Provinciale di Palermo, con la sentenza n. 48/06/2012 del 5/3/2012, in parziale accoglimento del ricorso, disapplicava le Delib. della Giunta municipale di Palermo 31 maggio 2006, n. 165, Delib. 29 novembre 2006, n. 429, e Delib. 30 maggio 2008, n. 120, mandando al Comune per la rideterminazione delle imposte, in quanto, a suo dire, nell’ambito della Regione Sicilia trovava applicazione solo la L. n. 122 del 1990, art. 32, lett. g), come recepito dalla L.R. n. 48 del 1991, art. 1, lett. e), laddove le modifiche intervenute nella legislazione statale con il D.Lgs. n. 267 del 2000, ed in particolare con l’art. 42, comma 2, lett. f), che stabiliva la competenza dell’organo consiliare ai fini dell’istituzione e ordinamento dei tributi, con esclusione della determinazione delle relative aliquote, non risultavano applicabili nell’ordinamento siciliano.

Per quanto nel caso delle attività alberghiere sussistessero aree aventi una diversa potenzialità produttiva di rifiuti (maggiore per le aree destinate a ristorazione, cucine ed altro, minore per le aree destinate a unità abitative), nella fattispecie l’assunto della contribuente secondo cui la zona adibita alla ristorazione riguardava una minima parte della superficie totale della struttura, laddove la restante parte era occupata da camere da letto, corridoi, hall e relative pertinenze, era rimasto privo di prova.

Proponeva appello il Comune di Palermo, con atto notificato il 09/10/2012, chiedendo la riforma della sentenza, con vittoria di spese.

Si costituiva il contribuente, eccependo che l’annullamento della Delib. TARSU della Giunta Comunale di Palermo, n. 165, da parte del TAR Sicilia con la sentenza n. 1550/2009, esplicava effetti erga omnes, ponendo nel nulla la delibera di aumento del 75% della TARSU, per incompetenza della Giunta Comunale e per carenza di motivazione della stessa.

Inoltre, proponeva appello incidentale per l’illegittimità della richiesta di pagamento della TARSU da parte del Comune, per violazione dei criteri di determinazione delle tariffe fissati dal D.Lgs. n. 507 del 1993, per difetto assoluto di motivazione in ordine ai criteri di diversificazione delle stesse, nonchè per esercizio arbitrario del potere regolamentare in ordine alla differenziazione operata tra alberghi ed abitazioni.

Con sentenza del 5.12.2016 la CTR Sicilia rigettava l’appello sulla base delle seguenti considerazioni:

1) la variazione delle aliquote non rientrava nella categoria degli atti fondamentali concernenti l’istituzione e l’ordinamento del tributo, o la disciplina generale della tariffa, che restavano demandati al Consiglio comunale;

2) quanto alle censure di illegittimità della previsione per gli alberghi di una tariffa di gran lunga più elevata rispetto a quella prevista per le abitazioni, era legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe, in cui la categoria degli esercizi alberghieri veniva distinta da quella delle civili abitazioni, ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime;

3) non poteva essere accolto il motivo afferente la riduzione dell’imposta in proporzione ai mesi dell’anno in cui la struttura era rimasta aperta al pubblico, trattandosi di attività stagionali, atteso che, da un lato, la stagionalità doveva risultare dalla licenza di esercizio, e non poteva essere dimostrata con le comunicazioni citate in ricorso, e, dall’altro, il carattere della stagionalità poteva dare luogo a riduzioni di imposta rimesse alla discrezionalità dell’ente impositore;

4) quanto, invece, al preteso difetto di motivazione della delibera, quest’ultima non risultava sorretta da alcuna motivazione, limitandosi ad approvare dei coefficienti di calcolo dell’imposta per gli alberghi di gran lunga superiori rispetto a quelli previsti per le civili abitazioni, senza alcuna concreta illustrazione dei motivi posti a sostegno di tale scelta.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Comune di Palermo, sulla base di tre motivi. La Marconi s.r.l. ha resistito con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale fondato su uno motivo.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, art. 132 c.p.c., n. 4, e art. 118 disp. att. c.p.c., (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per non aver la CTR preso posizione sulle critiche mosse dall’appellante alla statuizione di primo grado, essendosi limitata a recepire acriticamente le argomentazioni della contribuente.

1.1. Il motivo è inammissibile, atteso che, in violazione del principio di autosufficienza, il ricorrente ha omesso di trascrivere, almeno nei loro passaggi maggiormente significativi, le critiche formulate alla sentenza di primo grado con riferimento alle quali la CTR avrebbe fornito una motivazione apodittica.

L’iter motivazionale della sentenza impugnata appare, invece, congruo sul piano logico-giuridico.

Del resto, persino la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte, senza niente aggiungervi, non è nulla, qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che, in base alle disposizioni costituzionali e processuali, tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sè, sintomatica di un difetto d’imparzialità del giudice, al quale non è imposta l’originalità, nè dei contenuti nè delle modalità espositive (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 22562 del 07/11/2016).

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa

applicazione della L.R. n. 7 del 1992, art. 13, comma 1, L. n. 142 del 1990, art. 32, dello Statuto del Comune di Palermo, art. 49, e D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 58 e 64, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per aver la CTR ritenuto che l’annullamento giudiziale della delibera di fissazione delle tariffe Tarsu per l’anno 2006 avesse comportato l’invalidità anche delle delibere relative alle tariffe per gli anni 2007, 2008 e 2009 e per non aver considerato che, in base allo Statuto del Comune di Palermo, art. 49, l’organo competente a deliberare le variazioni della Tariffe Tarsu era la Giunta comunale.

2.1. Il motivo, da analizzarsi congiuntamente all’unico, articolato, motivo della ricorrente incidentale (con il quale la contribuente deduce l’illegittimità della sentenza per violazione e falsa applicazione della L.R. n. 7 del 1992, art. 13, – in combinato disposto con la L. n. 142 del 1990, art. 4, -, dello Statuto del Comune di Palermo, art. 49, del Reg. Tarsu del detto Comune, art. 14, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, nonchè in generale delle norme e dei principi che regolano l’istituto della disapplicazione degli atti normativi illegittimi, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per non aver la CTR rilevato l’incompetenza funzionale della Giunta Comunale a stabilire le tariffe Tarsu, stante la devoluzione della materia al Consiglio Comunale, con conseguente disapplicazione della delibera emessa dalla prima per l’anno 2008, da considerarsi nulla a seguito dell’intervenuta declaratoria giudiziale – con sentenza definitiva n. 1550/2009 emessa dal TAR di Sicilia) di nullità della delibera Tarsu per l’anno 2006 (siccome affetta dai medesimi vizi -), è fondato.

In tema di TARSU, l’annullamento giurisdizionale della delibera comunale di determinazione della tariffa per un’annualità precedente non ha efficacia caducante sulle delibere (non impugnate) meramente “ripetitive” degli anni successivi, poichè ogni deliberazione tariffaria regola la materia in modo autonomo rispetto alla precedente e dovendosi quindi escludere sia l’operare del giudicato esterno, sia il dovere del giudice tributario di disapplicare in via incidentale l’atto sulla base di tale presupposto (Sez. 5, Sentenza n. 28675 del 09/11/2018).

2.2. Anche l’altra doglianza è fondata.

Questa Corte ha reiteratamente affermato che in tema di TARSU, nella vigenza della L. 8 giugno 1990, n. 142, art. 32,comma 2, lett. g), la concreta determinazione delle aliquote delle tariffe per la fruizione di beni e servizi (nella specie, tariffe di diversificazione tra esercizi alberghieri e locali adibiti a uso abitazione) è di competenza della giunta e non del consiglio comunale poichè il riferimento letterale alla “disciplina generale delle tariffe” contenuto nella disposizione, contrapposto alle parole “istituzione e ordinamento” adoperato per i tributi, rimanda alla mera individuazione dei criteri economici sulla base dei quali si dovrà procedere alla loro determinazione, e, inoltre, i provvedimenti in materia di tariffe non sono espressione della potestà impositiva dell’ente, ma sono funzionali all’individuazione del corrispettivo del servizio da erogare, muovendosi così in un’ottica di diretta correlazione economica tra soggetto erogante ed utenza, estranea alla materia tributaria (cfr. Cass. n. 8336/2015, resa con riferimento a TARSU applicata da comune siciliano).

A tal riguardo si è espressa dapprima Cass. n. 360/2014 e poi Cass. n. 913/2016.

Giova peraltro precisare, assumendo le argomentazioni seguenti carattere decisivo ai fini della decisione, che nella Regione Siciliana, dotata di competenza esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali – Statuto regione Siciliana, artt. 14 e 15, approvato con R.D.L. 15 maggio 1946, n. 455, (pubblicato nella G.U. del Regno d’Italia n. 133-3 del 10 giugno 1946), convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 – trova applicazione la riserva contenuta nella L. n. 142 del 1990, art. 4, recepita a livello regionale dalla L.R. siciliana n. 48 del 1991, art. 1, lett. a), secondo la quale lo statuto, nell’ambito dei principi fissati dalla legge, stabilisce le norme fondamentali per l’organizzazione dell’ente e in particolare determina le attribuzioni degli organi.

Orbene, pur dovendosi ritenere che il T.U. enti locali (D.Lgs. n. 267 del 2000, abrogativo della L. n. 142 del 1990) non è stato recepito nella regione siciliana (Cass. n. 10230/2012, Cass. n. 11396/2011; Cass. n. 18563/2009), è decisiva la circostanza, che, ai sensi dello Statuto del Comune di Palermo, art. 49, la Giunta, all’interno delle competenze ad essa riservate, ha anche quella di adottare variazioni delle tariffe e aliquote dei tributi comunali e dei corrispettivi dei servizi a domanda individuale entro i limiti indicati dalla legge o dal Consiglio comunale (cfr. in termini CGA 641/2012).

Nè in senso ostativo potrebbe sostenersi che difettava nel caso di specie una preventiva delibera del Consiglio Comunale che avesse fissato i limiti entro cui la Giunta avrebbe potuto procedere alle variazioni delle tariffe e delle aliquote dei tributi comunali.

Invero, la mancata individuazione dei predetti limiti, da parte del Consiglio Comunale, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 65, comma 2, non determina l’incompetenza della giunta in materia tariffaria (Sez. 5, Sentenza n. 28675 del 09/11/2018).

In quest’ottica, Sez. 5, Ordinanza n. 22532 del 27/09/2017 ha di recente affermato, in termini più generali, che, in tema di TARSU, ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 42, comma 2, lett. f), spetta al Consiglio comunale l’istituzione e l’ordinamento dei tributi, oltre alla disciplina generale delle tariffe per la fruizione di beni e di servizi, mentre è di competenza della Giunta la determinazione delle relative aliquote, in continuità con quanto già previsto dal previgente della L. n. 142 del 1990, art. 32, comma 2, lett. g).

3. Con il terzo motivo il ricorrente i lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per non aver la CTR considerato che, in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, non è configurabile alcun obbligo di motivazione della delibera comunale di determinazione della tariffa e che, in ogni caso, le misure tariffarie erano state determinate con Delib. del Consiglio Comunale 13 marzo 2002, n. 41, tenendo conto della maggiore capacità di produrre rifiuti che hanno gli alberghi rispetto alle civili abitazioni.

3.1. Il motivo si rivela fondato.

Va richiamata la giurisprudenza di questa Corte, a cui tenore, in tema di TARSU, è legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime: infatti la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell’attività, il quale può eventualmente dar luogo all’applicazione di speciali riduzioni d’imposta, rimesse alla discrezionalità dell’ente impositore (Cass. n. 4797/2014, Cass. n. 8336/2015; v. anche Cass. nn. 11655/09 e 15861/11, rese con riguardo a controversie analoghe a quella qui esaminata).

In tema di TARSU, non è configurabile alcun obbligo di motivazione della delibera comunale di Det. della tariffa di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 65, poichè la stessa, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo, si rivolge ad una pluralità indistinta, anche se determinabile ex post, di destinatari, occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali ed aree tassabili (Sez. 6 5, Ordinanza n. 16165 del 19/06/2018; conf. Sez. 5, Ordinanza n. 7437 del 15/03/2019).

4. In definitiva, il ricorso principale merita accoglimento con riferimento al secondo e al terzo motivo, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa, anche per le spese del presente grado di giudizio, alla CTR Sicilia in diversa composizione.

Condanna il ricorrente incidentale al raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo del ricorso principale e quello incidentale, accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente grado di giudizio, alla CTR Sicilia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 22 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA