Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19332 del 18/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 18/07/2019, (ud. 22/05/2019, dep. 18/07/2019), n.19332

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20352/2016 proposto da:

Comune di Palermo, (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Sindaco, legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Palermo,

alla Piazza Marina n. 39 ((OMISSIS)), sede dell’Avvocatura Comunale

e Ufficio dell’Avv. Carmelo Lauria (C.F.: LRACML55T21G273I), che lo

rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al presente

atto ed autorizzazione alla lite n. 128/2016;

– ricorrente –

contro

Marconi s.r.l. in liquidazione in concordato, con sede in Palermo,

alla (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), in persona del liquidatore e

legale rappresentante Ing. A.M. (C.F.: (OMISSIS)) e del

liquidatore giudiziale Avv. Carlo Margiotta (C.F.:

MRGCRL77L02G273Z), rappresentata e difesa dall’Avv. Rosario Calì

del foro di Palermo (C.F.: CLARSR63C13G273P), come da procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 598/01/2016 emessa dalla CTR Sicilia in data

12/02/2016 e non notificata;

udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del

22/5/2019 dal Consigliere Dott. Andrea Penta;

udite le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero Dott.

Francesco Salzano nel senso dell’accoglimento del ricorso principale

e del rigetto di quello incidentale.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Il Comune di Palermo notificava alla Marconi s.r.l. cinque avvisi di accertamento per TARSU dal 2006 al 2010 pari in totale ad Euro 10.796,26 a titolo d’imposta, oltre sanzioni ed interessi per un totale complessivo di Euro 35.501, 30 relativamente ad un plesso destinato ad albergo.

La contribuente proponeva ricorso presso la Commissione Tributaria Provinciale di Palermo, eccependo l’illegittimità e/o nullità degli avvisi (poichè privi di motivazione), la violazione della L. n. 212 del 2000, artt. 1,6,7 e 10, (in quanto gli avvisi non erano stati preceduti da invito a bonaria definizione), l’illegittimità della tariffa (perchè adottata da organo incompetente), la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 65, 68 e 69, nonchè degli artt. 3 e 53 Cost., la mancata differenziazione delle aree, l’errata applicazione delle sanzioni e quantificazione delle superficie tassabili.

Il Comune resisteva e con controdeduzioni sosteneva la regolarità del proprio operato.

Con sentenza 251/1/12 del 6.07.2012 la Commissione adita accoglieva parzialmente il ricorso, stabilendo che la tassa in questione dovesse essere determinata nell’importo antecedente all’anno 2006 e che le sanzioni dovessero essere irrogate solo per l’anno di omessa denunzia (2006), rigettando il ricorso per il 2010.

Il giudice di prime cure, premesso che la competenza a deliberare la TARSU era del Consiglio, e non della Giunta, e preso atto della sentenza del TAR che aveva ritenuto illegittima la delibera della Giunta municipale di Palermo per le tariffe relative al 2006, precisava che relativamente all’annualità 2010 era, invece, stata adottata una delibera non collegata a quella del 2006 e con un preventivo deliberato del Consiglio Comunale.

Avverso la detta sentenza proponeva appello il Comune, il quale deduceva la violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 64, che consentiva di formulare delle differenze tariffarie per le strutture alberghiere, nonchè dello Statuto comunale, art. 49.

La contribuente non si costituiva in giudizio, ma con separato atto di appello notificato il 13.2.2013 lamentava come il primo giudice non aveva considerato l’illegittimità degli avvisi in quanto privi di motivazione, non aveva esaminato l’ulteriore motivo di censura afferente il mancato invito a fornire chiarimenti ed aveva omesso di differenziare le diverse aree produttive di rifiuti.

Riunite le due cause, con sentenza del 12.2.2016 la CTR Sicilia rigettava sia l’appello principale che quello incidentale, confermando la sentenza impugnata, fatta eccezione per la statuizione relativa alle sanzioni (ritenendo, limitatamente a tale profilo, legittima la richiesta della municipalità formulata nell’avviso impugnato), sulla base delle seguenti considerazioni:

1) non appariva configurabile il lamentato difetto di motivazione degli avvisi, sembrando gli stessi conformi al disposto di legge ed essendo stato il contribuente posto nelle condizioni di poter opporre gli strumenti difensivi;

2) in ogni caso, sia il detto motivo che quello relativo al mancato invito a fornire chiarimenti, risultavano assorbiti dalla caducazione dell’avviso per l’illegittimità della delibera della Giunta municipale posta a fondamento di esso;

3) quanto all’appello principale proposto dal Comune, l’autonomia tributaria per anno d’imposta non poteva far divenire legittima la reiterazione meramente confermativa di un provvedimento dichiarato illegittimo dal giudice;

4) la pronunzia del TAR Sicilia (130/2011), confermata dal CGA (731/2012), che aveva sottolineato l’autonomia tributaria per ogni anno d’imposta e che aveva considerato ogni deliberazione tariffaria come giuridicamente autonoma rispetto alle determinazioni assunte negli anni precedenti, non impediva la disapplicazione del comando della Giunta, in forza del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 5, essendo ciascun atto deliberativo portatore dell’esautorazione di un potere attribuito al Consiglio comunale;

5) indirettamente avallava tale impostazione la circostanza che con Delib. di GM 20 giugno 2010, n. 121, era stato espressamente “dato atto che prima dell’approvazione da parte della Giunta comunale dello Statuto delle tariffe TARSU per il 2010, ex art. 49, occorre che il Consiglio comunale… fissi i “limiti” entro l’quali l’Organo giuntale potrà successivamente procedere.”;

6) avuto riguardo alla presunta violazione dello Statuto comunale, art. 49, il Comune aveva approvato la tariffa TARSU esclusivamente con delibera della Giunta municipale e senza alcun apporto del Consiglio Comunale, sicchè appariva palmare la violazione del riparto di competenze, che era stato riconosciuto nella Delib. della Giunta n. 121 del 2010;

7) la sentenza di primo grado, per quel che concerneva le annualità dal 2006 al 2009, appariva quindi esente da censure e condivisibile anche nella parte in cui aveva statuito l’applicabilità delle tariffe in vigore ante il deliberato della Giunta municipale del 2006;

8) relativamente all’annualità 2010, con Delib. n. 342 del 2010, il Consiglio Comunale, ai sensi del Reg. TARSU, art. 14, comma 1, lett. d), aveva fissato i limiti entro i quali approvare successivamente, a cura della Giunta municipale, la variazione delle tariffe, la quale ultima aveva poi adottato una determinazione meramente esecutiva e priva di alcuna discrezionalità;

9) a seguito della sentenza del TAR del 2009, in relazione alla TARSU

del 2006, lo stesso organo istituzionale aveva, dunque, rilevato il proprio errore procedurale, rinnovato per gli anni 2007, 2008 e 2009 e posto rimedio all’iter solo nel 2010;

10) per quanto concerneva le sanzioni, la sentenza doveva essere riformata, alla luce del principio, enunciato dalla S.C., secondo cui, posto che ad ogni anno solare corrisponde una obbligazione tributaria, qualora la denunzia sia stata incompleta, infedele oppure omessa, l’obbligo di formularla si rinnova di anno in anno, con la conseguenza che l’inottemperanza a tale obbligo, sanzionata dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 76, comporta l’applicazione della sanzione anche per gli anni successivi al primo.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Comune di Palermo, sulla base di un unico motivo. La Marconi s.r.l. ha resistito con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale fondato su due motivi.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con l’unico, articolato, motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dello Statuto del Comune di Palermo, art. 49, L. n. 142 del 1990, art. 4, (recepita in Sicilia con la L.R. n. 48 del 1991, art. 1, lett. a), L.R. n. 7 del 1992, art. 13, comma 1, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per non aver la CTR considerato che il vigente Statuto del Comune di Palermo, art. 49, aveva attribuito alla Giunta Municipale la competenza in materia di variazione delle tariffe e delle aliquote dei tributi comunali.

1.1. Il motivo è fondato.

Questa Corte ha reiteratamente affermato che in tema di TARSU, nella vigenza della L. 8 giugno 1990, n. 142, art. 32,comma 2, lett. g), la concreta determinazione delle aliquote delle tariffe per la fruizione di beni e servizi (nella specie, tariffe di diversificazione tra esercizi alberghieri e locali adibiti a uso abitazione) è di competenza della giunta e non del consiglio comunale poichè il riferimento letterale alla “disciplina generale delle tariffe” contenuto nella disposizione, contrapposto alle parole “istituzione e ordinamento” adoperato per i tributi, rimanda alla mera individuazione dei criteri economici sulla base dei quali si dovrà procedere alla loro determinazione, e, inoltre, i provvedimenti in materia di tariffe non sono espressione della potestà impositiva dell’ente, ma sono funzionali all’individuazione del corrispettivo del servizio da erogare, muovendosi così in un’ottica di diretta correlazione economica tra soggetto erogante ed utenza, estranea alla materia tributaria (cfr. Cass. n. 8336/2015, resa con riferimento a TARSU applicata da comune siciliano).

A tal riguardo si è espressa dapprima Cass. n. 360/2014 e poi Cass. n. 913/2016.

Giova peraltro precisare, assumendo le argomentazioni seguenti carattere decisivo ai fini della decisione, che nella Regione Siciliana, dotata di competenza esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali – Statuto regione Siciliana, artt. 14 e 15, approvato con R.D.L. 15 maggio 1946, n. 455, (pubblicato nella G.U. del Regno d’Italia n. 133-3 del 10 giugno 1946), convertito in L. Cost. 26 febbraio 1948, n. 2, – trova applicazione la riserva contenuta nella L. n. 142 del 1990, art. 4,recepita a livello regionale dalla L.R. siciliana n. 48 del 1991, art. 1, lett. a), secondo la quale lo statuto, nell’ambito dei principi fissati dalla legge, stabilisce le norme fondamentali per l’organizzazione dell’ente e in particolare determina le attribuzioni degli organi.

Orbene, pur dovendosi ritenere che il T.U. enti locali (D.Lgs. n. 267 del 2000, abrogativo della L. n. 142 del 1990), non è stato recepito nella regione siciliana (Cass. n. 10230/2012, Cass. n. 11396/2011; Cass. n. 18563/2009), è decisiva la circostanza, che, ai sensi dello Statuto del Comune di Palermo, art. 49, la Giunta, all’interno delle competenze ad essa riservate, ha anche quella di adottare variazioni delle tariffe e aliquote dei tributi comunali e dei corrispettivi dei servizi a domanda individuale entro i limiti indicati dalla legge o dal Consiglio comunale (cfr. in termini CGA 641/2012).

Nè in senso ostativo potrebbe sostenersi che difettava nel caso di specie una preventiva delibera del Consiglio Comunale che avesse fissato i limiti entro cui la Giunta avrebbe potuto procedere alle variazioni delle tariffe e delle aliquote dei tributi comunali.

Invero, la mancata individuazione dei predetti limiti, da parte del Consiglio Comunale, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 65, comma 2, non determina l’incompetenza della giunta in materia tariffaria (Sez. 5, Sentenza n. 28675 del 09/11/2018).

In quest’ottica, Sez. 5, Ordinanza n. 22532 del 27/09/2017 ha di recente affermato, in termini più generali, che, in tema di TARSU, ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 42, comma 2, lett. f), spetta al Consiglio comunale l’istituzione e l’ordinamento dei tributi, oltre alla disciplina generale delle tariffe per la fruizione di beni e di servizi, mentre è di competenza della Giunta la determinazione delle relative aliquote, in continuità con quanto già previsto dal previgente della L. n. 142 del 1990, art. 32, comma 2, lett. g).

2. Con il primo motivo la ricorrente incidentale denuncia la nullità della sentenza per omessa pronuncia su diversi motivi di impugnazione, l’error in procedendo e la violazione dell’art. 112 c.c., (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4), nonchè la mancanza dei presupposti per ritenere assorbiti tutti i motivi del ricorso non esaminati e/o non sufficientemente esaminati (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4), per non essersi la CTR pronunciata (o, comunque, non aver adeguatamente motivato) sui motivi di appello concernenti l’omessa motivazione degli accertamenti, la mancata instaurazione del contraddittorio ed i criteri utilizzati per determinare la superficie tassabile (in assenza di differenziazione tra le diverse aree produttive di rifiuti).

3. Con il secondo motivo la ricorrente incidentale denuncia l’illegittimità e/o nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, art. 132 c.p.c., e art. 118 disp. att. c.p.c., (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4), nonchè l’illegittimità e/o nullità della sentenza per motivazione omessa e/o apparente, la nullità della stessa per omessa e/o insufficiente pronuncia in merito alla eccepita violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, e la violazione dell’art. 112 c.p.c., (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4), per non aver la CTR considerato che l’avviso di accertamento era carente di motivazione, non essendo allo stesso stato allegato il rapporto redatto dalla Polizia Municipale (all’esito del sopralluogo eseguito per individuare le superfici tassabili), cui rinviava per relationem.

3.1. I motivi, da trattarsi, data la stretta connessione, congiuntamente, sono fondati.

Va premesso che, anche qualora fosse stata confermata la illegittimità della delibera della Giunta Municipale posta a fondamento degli avvisi di accertamento, quello relativo all’anno 2010 non ne sarebbe rimasto coinvolto, riguardando la predetta illegittimità gli anni dal 2006 al 2009. Orbene, mentre con riferimento ai profili del mancato invito a fornire chiarimenti, ai criteri utilizzati per determinare la superficie tassabile e alla mancata allegazione del rapporto della Polizia Municipale (quanto a quest’ultimo, cfr. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9323 del 11/04/2017 e Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9032 del 15/04/2013) si è al cospetto di una omissione di pronuncia sui motivi di appello, quanto al profilo del difetto di motivazione degli avvisi, si è in presenza di una motivazione apparente, non potendosi evincere l’iter logico seguito dalla sola affermazione secondo cui gli avvisi “sembrano conformi al disposto di legge e soprattutto nei limiti indicati dalla S.C.” (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata).

4. In definitiva, entrambi i ricorsi vanno accolti, con conseguente, cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa, anche per le spese del presente grado di giudizio, alla CTR Sicilia in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale e quello incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente grado di giudizio, alla CTR Sicilia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 22 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2019

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