Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19330 del 21/08/2013
Civile Sent. Sez. 1 Num. 19330 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: DOGLIOTTI MASSIMO
SENTENZA
sul ricorso 28383-2006 proposto da:
BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DI ROMA S.C.A.R.L., in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TEODISIO
Data pubblicazione: 21/08/2013
MACROBIO 3, presso l’avvocato GABRIELLI ENRICO, che
la rappresenta e difende, giusta procura in calce
2013
al ricorso;
c .f 02AS/4°
– ricorrente –
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contro
CHIERCHIA
ADOLFO
(C.F.
CHRDLF25M28H501X),
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elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TARANTO 44,
presso l’avvocato FAZIO GIUSEPPE, che lo
rappresenta e difende, giusta procura in calce al
controricorso;
–
controricorrente
–
PACE di ROMA, depositata il 19/07/2005;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 07/05/2013 dal Consigliere
Dott. MASSIMO DOGLIOTTI;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato E. GABRIELLI
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso. t
avverso la sentenza n. 32338/2005 del GIUDICE DI
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di
citazione
ritualmente notificato,
Chierchia Adolfo conveniva in giudizio, davanti al
Giudice di Pace di Roma, la Banca Credito Cooperativo
libretto di deposito intestato a lui stesso e a Di
Niccola Malvin, della somma di Euro 793,42, quale
importo delle spese legali attribuite all’attore
stesso da un decreto ingiuntivo, emesso a carico
della banca e non opposto.
Costituitosi il contraddittorio, la banca chiedeva
rigettarsi la domanda.
Il giudice di pace di Roma, con sentenza in data 197-2005, condannava la banca a versare sul libretto di
deposito la predetta somma.
Ricorre per cassazione la banca.
Resiste con
controricorso il Chierchia. Entrambe le parti hanno
depositato memoria per l’udienza.
Motivi della decisione.
Con il primo motivo, la ricorrente lamenta violazione
degli artt. 81 e 311 c.p.c.,nella parte in cui il
giudice a quo non ha affermato la carenza di
legittimazione processuale del Chierchia. Con il
secondo, violazione dei principi informatori della
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di Roma, per sentirla condannare al versamento su
materia nonché vizio di motivazione, in punto carenza
di interesse ad agire, stante una transazione
conclusa dal Chierchia con la banca, nonché vizio di
motivazione, in quanto il giudice a quo, da un lato,
dell’odierno resistente, dall’altro, accoglieva
invece la sua domanda.
Il primo motivo è fondato e assorbente rispetto al
secondo.
Va innanzi tutto precisato che le sentenze del
giudice di pace,pronunciate
relazione al
secondo equità, in
valore della controversia,
erano
impugnabili, secondo la disciplina previgente,
applicabile alla fattispecie in esame, con ricorso
per cassazione, tra l’altro, anche per violazione
della Costituzione, del diritto comunitario, dei
principi generali dell’ordinamento e delle
disposizioni processuali (tra le altre, Cass. n. 7872
del 2005).
Il Chierchia, chiedendo che la banca fosse condannata
al versamento di una determinata somma, su un
libretto di risparmio, ha sicuramente agito in
carenza di legittimazione.
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ammetteva la carenza di interesse ad agire
Come precisa il giudice a quo, il decreto ingiuntivo
sopra ricordato era stato emesso nei confronti della
banca per la somma di Euro 7662,58, oltre interessi
legali, spese, competenze ed onorari, IVA e C.P.A..
somma di Euro 8400,37, e vi ha provveduto mediante
due assegni separati. La prima somma è stata
addebitata sul libretto di deposito, e su di essa non
vi è contestazione, che invece sussiste in ordine
alla somma residua di Euro 793,42, addebitata, sullo
stesso deposito, dalla banca
– all’evidenza – del
tutto illegittimamente. D’altra parte, il Chierchia è
stato soddisfatto integralmente della sua richiesta,
e un’eventuale azione nei confronti della banca non
poteva che essere effettuata da parte degli eredi
della cointestataria deceduta,
che hanno visto
ridotto il deposito per la quota di loro spettanza.
Va pertanto accolto il ricorso e cassata la sentenza
impugnata.
Può decidersi nel merito, non essendo necessari
ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art.
384 c.p.c., e, per quanto sopra indicato, va
rigettata la domanda del Chierchia.
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Essa era pertanto tenuta al pagamento dell’intera
Le spese seguono la soccombenza, tanto per il
giudizio di merito che per quello di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza
proposta da Chierchia Adolfo e lo condanna al
pagamento delle spese del giudizio di merito e di
quello di legittimità rispettivamente per l’importo
di Euro 800,00( Euro 550,00 per onorari, Euro 200,00
per diritti, Euro 50,00 per esborsi) ed Euro 1200,00
(di cui Euro 200 per esborsi), oltre accessori di
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legge.
Roma, 7 maggio 2013
Il Consiglier E
sore
impugnata; decidendo nel merito, rigetta la domanda