Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19330 del 07/07/2021

Cassazione civile sez. lav., 07/07/2021, (ud. 01/07/2021, dep. 07/07/2021), n.19330

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4645-2020 proposto da:

A.Z., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA

DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIANDOMENICO DELLA MORA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – Commissione Territoriale per il

Riconoscimento della Protezione Internazionale di Gorizia, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n. cronologico 3703/2019 del TRIBUNALE di TRIESTE,

depositato il 02/12/2019 R.G.N. 1128/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

01/07/2021 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con decreto 2 (comunicato il 16) dicembre 2019, il Tribunale di Trieste rigettava il ricorso di A.Z., cittadino (OMISSIS), avverso il decreto della competente Commissione Territoriale, di reiezione delle sue domande di protezione internazionale e umanitaria;

2. esso escludeva, come già la Commissione, la credibilità del richiedente, per la genericità e l’inattendibilità delle dichiarazioni rese in ordine alle ragioni del proprio abbandono del (OMISSIS) (regione del (OMISSIS) di sua provenienza, neppure certa, in assenza di documenti di identità), in quanto attinto da una fatwa (sorta di condanna a morte) da parte degli iman, pensando che anch’egli fosse diventato un ahmadi per avere aiutato un amico di tale religione (avversata dai musulmani), procurandogli un prestito dalla banca, presso la quale era impiegato, di un milione di rupìe, facendosene anche garante, per la costruzione di un luogo di preghiera di religione ahmadi;

3. il Tribunale negava la riconducibilità della vicenda, poco credibile anche per dichiarazioni contraddittorie rese in sede amministrativa non confermate in sede giudiziale, ad alcuna ipotesi di protezione internazionale, in difetto dei requisiti prescritti, pure escludendo, in riferimento alla situazione generale del (OMISSIS), una condizione di indiscriminata violenza per conflitto armato interno rilevante ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c) in base alle fonti consultate (EASO COI dell’agosto 2017); neppure, infine, essendo concedibile una protezione umanitaria, in assenza di prova di una condizione vulnerabile;

4. con atto notificato il 15 gennaio 2020, lo straniero ricorreva per cassazione con tre motivi; il Ministero dell’Interno intimato non resisteva con controricorso, ma depositava atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ult. alinea cui non faceva seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3, 14, art. 2729 c.c., per non corretta valutazione della documentazione prodotta (relativa alla formazione universitaria del richiedente in (OMISSIS), all’occupazione presso la Banca HBL, alla minoranza religiosa ahmadi avversata) e della vicenda raccontata, ritenuta incoerente, non credibile e contraddittoria (primo motivo); violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 14 d.Ig. 251/2007, per generica e non corretta valutazione della situazione della regione del (OMISSIS), in riferimento all’aggravamento del conflitto (OMISSIS), ai fini della protezione sussidiaria (secondo motivo); violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 289 del 1998, art. 5, comma 6, art. 19, D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 29, art. 32, comma 3, per mancata concessione della protezione umanitaria in violazione del principio di non refoulement, nonostante la propria indicazione nel ricorso degli elementi di fatto integranti gravi motivi di carattere umanitario (terzo motivo);

2. in via preliminare, deve essere rilevato che la procura rilasciata dal richiedente al difensore, apposta su foglio separato e materialmente congiunto all’atto, è priva della certificazione dal secondo della data di rilascio, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35bis, comma 13, così da non consentire la verifica del suo conferimento in epoca successiva alla comunicazione del decreto impugnato;

3. le Sezioni unite di questa Corte hanno recentemente affermato che l’art. 35bis, comma 13 citato, nella parte in cui prevede che “la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato” e che “a tal fine il difensore certifica la data del rilascio in suo favore della procura medesima”, richiede, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale, regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato: appunto prevedendo una speciale ipotesi di inammissibilità del ricorso nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore, integrante ipotesi di nullità per il suo invalido conferimento (Cass. SU 1 giugno 2021, n. 15177);

4. con ordinanza interlocutoria 23 giugno 2021, n. 17970, questa Corte ha rimesso alla Corte costituzionale, ritenendone la rilevanza e la non manifesta infondatezza, la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35bis, comma 13 art. 13, per contrarietà agli artt. 3,10,24,111 Cost.; per contrasto con l’art. 117 Cost. in relazione alla direttiva 2013/32/UE con riferimento agli artt. 28 e 46 p. 11 e con gli artt. 47 della Carta dei diritti UE, 18 e 19, p.2 della medesima Carta, artt. 6, 7, 13 e 14 della CEDU;

5. una sommaria delibazione dei motivi del ricorso esclude la rilevanza a fini decisori della questione di legittimità costituzionale sollevata (inammissibili per la loro contestazione della valutazione giudiziale, meramente contrastante un accertamento di merito, in base a COI specificamente indicate ed il terzo anche con profili di novità), sicchè ben può essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso per nullità della procura, senza attendere la pronuncia della Corte costituzionale;

6. in conclusione, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso senza assunzione di un provvedimento sulle spese del giudizio, non avendo il Ministero vittorioso svolto attività difensive;

7. infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto, con la precisazione che esso va posto a carico del ricorrente dandosi seguito alla citata sentenza delle Sezioni Unite nella quale sul punto è stato affermato il seguente principio di diritto:

“il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quaterd, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla mancata presenza, all’interno della procura speciale, della data o della certificazione del difensore della sua posteriorità rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, va posto a carico della parte ricorrente e non del difensore, risultando la procura affetta da nullità e non da inesistenza”.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese del presente giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 1 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2021

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