Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19327 del 21/08/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 19327 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: GIANCOLA MARIA CRISTINA

a

SENTENZA

sul ricorso 272-2006 proposto da:
MBDA ITALIA S.P.A., in persona dell’Amministratore
Delegato pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIALE PARIOLI 180, presso l’avvocato SANINO

Data pubblicazione: 21/08/2013

MARIO, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato BRASCHI FRANCESCO, giusta procura a
2013

margine del ricorso;
c,f, (A.9.06140.03 – ricorrente-

660

contro

MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro pro

1

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende ope legis;

controricorrente

avverso la sentenza n. 5098/2004 della CORTE

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/04/2013 dal Consigliere Dott. MARIA
CRISTINA GIANCOLA;
udito,

per la ricorrente,

l’Avvocato GIUSEPPE

PANUCCIO, con delega, che ha chiesto l’accoglimento
del ricorso;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato DANIELE
GIACOBBE che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

D’APPELLO di ROMA, depositata il 29/11/2004;

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 9.01.2001 il Tribunale di Roma respingeva la domanda, proposta con
atto notificato il 19.7.1997, dalla la M.B.D.A. Italia S.p.a. (già Finmeccanica S.p.a.) nei

pagamento preteso dalla controparte in base al contratto stipulato nel 1985 ed avente ad
oggetto la fornitura di 640 missili Aspide per un corrispettivo di £ 281.368.236.000.
La società M.B.D.A. Italia esponeva che a) detto contratto prevedeva che
l’amministrazione avrebbe concesso, a richiesta della controparte, un’anticipazione del
30% del prezzo e, sull’ammontare di tale anticipo la ditta avrebbe dovuto corrispondere
gli interessi legali al tasso annuo del 5%; b) aveva richiesto ed ottenuto siffatta
anticipazione ed il Ministero, su ogni pagamento dovuto, aveva trattenuto la quota
corrispondente al 30% e gli interessi al tasso suddetto; c) con D.M. n. 42/1994 il
Ministero aveva ridotto il contratto nell’ambito del 5° facoltativo ed aveva richiesto la
restituzione della corrispondente somma erogata con l’anticipazione, oltre interessi al
tasso del 10% a decorrere dal 18.12.1990 (e sino al 31.12.1996) anziché al tasso
pattuito del 5%.
Con sentenza del 20.06-29.11.2004 la Corte di appello di Roma, nella contumacia
dell’appellata amministrazione, respingeva il gravame della soccombente società
M.B.D.A. Italia.
La Corte territoriale, sottolineato che la clausola contrattuale di cui si discuteva era del
seguente tenore “L’A.D., su richiesta della ditta concederà un anticipo del 39% riferito
al prezzo complessivo … sull’ammontare del suddetto anticipo, corrisposto ai sensi del
5° comma dell’art 12 del R.D. 18.11.1923 n. 2440 la ditta è tenuta a corrispondere gli
interessi legali (tasso annuo 5%)”, riteneva che:

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confronti del Ministero della Difesa e volta all’accertamento della non debenza di un

le parti nel determinare il saggio di interesse, pur essendo libere (secondo l’assunto
dell’appellante, anche se una parte era una amministrazione pubblica) di determinare il
saggio di interesse sulle anticipazioni, avevano pattuito quello legale e non il 5%

riferimento al 5% era stato posto tra parentesi, in funzione meramente esplicativa, di
quello all’epoca vigente. La diversa lettura della clausola che proponeva l’appellante,
infatti, avrebbe reso del tutto pleonastica l’espressione “gli interessi legali”;
in sostanza le parti si erano sul punto rimesse alla volontà del legislatore, dato
anche che le modifiche nel tempo del saggio degli interessi avevano lo scopo di
riequilibrare il concordato assetto patrimoniale, in funzione della incidenza del
fenomeno inflattivo;

il fatto che “l’art.1284 c.c. non prevedeva la variabilità del tasso legale di interesse”
era del tutto irrilevante ben potendo il legislatore modificare con legge tale tasso;
la censura contenuta nel secondo motivo di gravame era, invece, inammissibile
essendo tesa a contrastare un’argomentazione di parte appellata (la cogenza della
pattuizione del saggio legale ai sensi della legge sulla contabilità di stato) non utilizzata
dal giudice al fine della decisione;
quanto, infine, alla dedotta violazione delle norme sulla interpretazione del
contratto secondo buona fede, non poteva che rilevarsi come una erronea valutazione
soggettiva non incideva su tale criterio, che non consentiva il ricorso a significati
unilaterali o contrastanti con un criterio di affidamento dell’uomo medio e di assegnare
all’atto una portata diversa da quella espressa dal suo contenuto oggettivo,
rappresentando un momento successivo ed eventuale rispetto alla ricerca della comune
volontà delle parti e postulando un persistere di un dubbio sul preciso contenuto della
volontà negoziale.

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annuo, come emergeva chiaramente dalla mera lettura della clausola, laddove il

Avverso questa sentenza la società MBDA Italia S.p.A. ha proposto ricorso per
cassazione affidato ad un motivo, illustrato da memoria e notificato il 27.12.2005 al
Ministero della difesa, che ha resistito con controricorso notificato il 17.01.2006.

A sostegno del ricorso la società MBDA Italia denunzia” Violazione e falsa
applicazione degli arti. 1362, 1363, 1284, 1367 e 1379 cod. civ.. Omissione e difetto di
motivazione circa un punto decisivo della controversia”.
Premesso che la clausola contrattuale prevedeva che “resta inteso che sull’ammontare
del suddetto anticipo corrisposto ai sensi del 5 0 comma dell’art. 12 del R.D 18.11.1923
n. 2440 la Ditta è tenuta a corrispondere gli interessi legali (tasso annuo 5%) e pertanto
gli importi del 1° acconto di cui al punto 2 saranno ridotti oltre che della quota di
anticipazione già corrisposta, pari al 30% dell’importo di ciascun lotto, anche di una
somma pari agli interessi legali maturati su tale quota nella suddetta misura”, si duole
che nell’interpretazione della clausola contrattuale(art. 8, punto 1.2. del contratto n.
7376 stipulato il 23.5.1985) i giudici di merito abbiano fatto riferimento esclusivo “al
senso letterale delle parole” e non “alla comune intenzione delle parti” come prescritto
dalla legge, e le abbiano attribuito un senso anche contrastante con il dato testuale.
Il motivo non merita favorevole apprezzamento.
L’interpretazione dei contratti è riservata all’esclusiva competenza del giudice di merito,
le cui valutazioni soggiacciono, in sede di legittimità, ad un sindacato limitato alla
verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale e al controllo della
sussistenza di una motivazione logica e coerente.
Nella specie l’interpretazione da parte della Corte d’appello della portata della clausola
convenzionale si rivela legittima ed irreprensibile pure per il profilo motivazionale,
giacché l’invocata diversa esegesi non è imposta dal dato letterale e dal richiamo

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MOTIVI DELLA DECISIONE

inserito una sola volta e tra parentesi, al saggio del 5%, il quale nel contesto ben poteva
essere inteso in funzione meramente esplicativa e dunque solo rafforzativa e
pleonastica ma non sostitutiva della disciplina legale di cui all’art. 1284 cod.civ., e ciò

trascritto dalla ricorrente, volta eminentemente a determinare il tempo e le modalità del
rimborso dell’anticipazione da restituire nel tempo futuro con l’aggiunta, ribadita due
volte, degli interessi legali, considerando pure che il contrasto con il criterio di cui
all’art. 1363 cod civ appare solo genericamente affermato, data la mancata specifica
indicazione e trascrizione delle eventuali altre clausole che lo dovrebbero avvalorare,
ed ancora che l’ulteriore richiamo al criterio contemplato dall’art. 1367 cod. civ. appare
pleonastico, avendo esso natura sussidiaria e, dunque, operatività limitata al caso nella
specie non ricorrente, dell’insufficienza dei preminenti criteri ermeneutici contemplati
dall’art. 1362 cod.civ., a chiarire il senso della pattuizione.
Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con condanna della soccombente
società MBDA Italia S.p.A. al pagamento in favore dell’Amministrazione
controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società MBDA Italia S.p.A. al pagamento, in
favore del Ministero della Difesa delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in €
10.000,00 per compenso ed in € 200,00 per esborsi, oltre agli accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 18 aprile 2013

Il Cons.est.

in base ad esegesi pure coerente con il tenore complessivo della clausola quale

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