Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19327 del 18/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 18/07/2019, (ud. 22/05/2019, dep. 18/07/2019), n.19327

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17481-2016 proposto da:

LEMA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA TACITO 41, presso lo studio

dell’avvocato FRANCO MORETTI, rappresentata e difesa dall’avvocato

LUIGI BRUNO PERONETTI, giusta procura in calce;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ALZATE BRIANZA, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIALE DELLE MILIZIE 52, presso lo

studio dell’avvocato FABRIZIO GRASSETTI, rappresentato e difeso

dall’avvocato SILVIO D’ANDREA, giusta procura in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 114/2016 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 14/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/05/2019 dal Consigliere Dott. CROLLA COSMO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SALZANO FRANCESCO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato CANALI per delega dell’Avvocato

PERONETTI che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Lema spa proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Como avverso l’atto di accertamento e irrogazione di sanzioni, notificato dal Comune di Alzate Brianza in data 20.12.2013, per infedele denuncia della superficie soggetta a Tarsu relativa all’anno 2008 per complessive C 18.713,00

2. La Commissione Tributaria Provinciale di Como rigettava il ricorso.

3. Sull’appello interposto dalla contribuente la Commissione Regionale Tributaria della Lombardia rigettava l’appello osservando che la superficie imponibile ai fini TARSU comprendeva anche l’area adiacente a quella in cui erano collocati i macchinari e le linee di produzione, non chiusa da pareti ed adibita a magazzini di semilavorati e a superficie dei carrelli elevatori; detta area non era idonea a produrre rifiuti speciali tossici o nocivi e, quindi, non era sottratta all’imposizione della Tarsu.

5. Avverso la sentenza della CTR Lema spa ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi a due motivi. Il Comune di Alzate Brianza si è costituito depositando controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti costituito dalla diversa conformazione e consistenza dei locali al momento dell’accertamento rispetto all’anno di riferimento dell’accertamento. In particolare la Corte di merito non avrebbe preso in considerazione le allegazioni e la documentazione prodotta dalla contribuente dalla quale si evinceva che l’immobile aveva subito modificazioni nel periodo intercorrente tra il 2008- periodo di imposta contestato- e il 2013, anno in cui è stato eseguito l’accertamento.

1.1. Con il secondo motivo viene dedotta la violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c. in quanto la CTR, nell’accertare la legittimità della tassazione dell’area adibita a magazzino, si sarebbe discostata dall’interpretazione della norma asseritamente violata fornita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze in data 9.10.2014 e 9.12.2014 in materia di Tari e Tarsu.

2 Il primo motivo è inammissibile.

2.1 Ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c. comma 4 e 5, applicabile a norma del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2 al caso concreto, in quanto il giudizio di appello è stato introdotto dopo l’11.09.2012, ” Quando l’inammissibilità è fondata sulle stesse ragioni, inerenti alla questione di fatto, poste a base della decisione impugnata, il ricorso per Cassazione di cui al comma precedente può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1),2),3) e 4). La disposizione di cui al comma 4 si applica, fuori dai casi di cui all’art. 348 bis c.p.c., comma 2, lett. a) anche al ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello che conferma la decisione di primo grado.”

2.2 Nella fattispecie in esame, in punto di accertamento dell’assoggettamento a tassazione delle aree in quanto destinate a magazzini e non aree accessorie al processo produttivo, entrambi i giudizi hanno concluso per la legittimità dell’avviso di accertamento rigettando l’originario ricorso e l’appello proposti dalla contribuente. Dalla lettura dell’impugnata sentenza emerge che la CTR abbia condiviso la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di prime cure nell’escludere l’attitudine dell’area alla produzione di rifiuti speciali, tossici o nocivi sottratti al regime fiscale della Tarsu secondo quanto previsto dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3. Pertanto la “doppia conforme” si fonda su identiche ragioni di fatto poste a base delle decisioni di primo e secondo grado. 3. Il secondo motivo è, parimenti, inammissibile.

3.1 Ai sensi del primo del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62 intitolato ” Presupposto della tassa ed esclusioni” ” La tassa è dovuta per l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale in cui il servizio è istituito ed attivato”. Il comma 3, prima parte, della medesima disposizione prevede ” Nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti”.

3.2 Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale la esenzione o riduzione delle superfici tassabili deve intendersi limitata a quella parte di esse su cui insiste l’opificio vero e proprio, perchè solo in tali locali possono formarsi rifiuti speciali, per le specifiche caratteristiche strutturali relative allo svolgimento dell’attività produttiva, mentre in tutti gli altri locali destinati ad attività diverse, i rifiuti devono considerarsi “urbani” per esclusione (salvo che non siano classificati rifiuti tossici o nocivi) e la superficie di tali locali va ricompresa per intero nell’ambito della superficie tassabile (uffici, depositi, servizi, ecc.), inoltre, tale classificazione costituisce accertamento di fatto, riservato al giudice del merito Cass. /. In motivazione si legge quanto segue: ” La società ha infatti erroneamente omesso di considerare che la superficie imponibile ai fini Tarsu debba essere comprensiva anche dell’area adiacente a quella in cui sono collocati i macchinari e le linee di produzione, non chiusa da pareti ed adibita a magazzino dei semilavorati e a superficie di transito dei carrelli elevatori. Detta area, sita in prossimità dei macchinari, non ha alcuna attitudine a produrre rifiuti speciali, tossici o nocivi (diversi da quelli urbani) per loro natura oggetto di obbligo di smaltimento da parte del contribuente stesso e quindi per tale ragione sottratta all’imposizione comunale secondo quanto previsto dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3. La stessa documentazione fotografica prodotta dalla ricorrente conforta la conclusione cui già il giudice di primo grado è pervenuto”.

3.3 Il motivo del ricorso formulato come violazione o falsa applicazione di legge contesta in realtà la ritenuta inidoneità dell’area a produrre rifiuti speciali tossici e nocivi contenendo giudizi e valutazioni che si contrappongono all’accertamento di fatto compiuto dalla CTR insindacabile in sede di legittimità se non per vizio motivazionale nei ristretti limiti consentiti dall’attuale art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

3.4 Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile.

4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte,

– dichiara inammissibile il ricorso;

– condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in Euro 2.900 per compensi oltre rimborso forfettario ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 22 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2019

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