Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19325 del 17/09/2020

Cassazione civile sez. I, 17/09/2020, (ud. 01/07/2020, dep. 17/09/2020), n.19325

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 29245/2018 proposto da:

R.G., elettivamente domiciliata in Roma, Vicolo di

Porta Furba n. 31, presso lo studio dell’avvocato Guzzo Claudio,

rappresentata e difesa dall’avvocato Cremona Barbara, giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.M., elettivamente domiciliato in Roma, Via Luca Valerio n.

69, presso lo studio dell’avvocato Tarantola Rosario, che lo

rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Napoli;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del 1/8/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

1/7/2020 dal cons. PAZZI ALBERTO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Napoli – con decreto depositato il 5 febbraio 2018 reso nella procedura ex art. 337 c.c. concernente l’affidamento della minore M.G., il regime e le modalità di visita del padre non convivente M.M. e il contributo di mantenimento da questi dovuto – disponeva, fra l’altro, che la minore fosse affidata al Comune di Napoli, con residenza prevalente presso l’abitazione materna, e conferiva ai servizi sociali municipali il compito di adottare ogni formale decisione, sentiti i genitori, in merito agli interventi a tutela della bambina nonchè a tutte le eventuali scelte scolastiche e mediche, attribuendo invece alla madre R.G. le questioni inerenti l’ordinaria amministrazione.

2. La Corte d’appello di Napoli, a seguito del reclamo proposto dalla R., riteneva che non fossero emerse ragioni che giustificassero la richiesta materna di affido esclusivo, che era stata correttamente rigettata dal primo giudice in ragione della situazione di elevata conflittualità sussistente fra le parti, come messo in luce dalle risultanze della consulenza tecnica espletata.

3. Per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso R.G. prospettando due motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso M.M..

L’intimato Procuratore generale presso la Corte di Cassazione non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Il primo motivo di ricorso – sotto la rubrica “violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in combinato disposto con gli artt. 337 ter e 337 quater c.c. (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 4), art. 10 Convenzione di New York sui diritti del fanciullo (resa esecutiva in Italia con la L. 176/1991), art. 6 CEDU e art. 111 Cost. nonchè art. 24 Carta dei diritti fondamentali della U.E.” – assume che la Corte di appello abbia rigettato la richiesta di affido esclusivo presentata dalla madre valorizzando solo l’alta conflittualità fra i genitori e sottacendo del tutto l’imputazione a carico del padre per i reati di cui agli artt. 81 cpv. e 609-bis c.p. e art. 609-ter c.p., u.c., commessi ai danni della figlia minore; una simile omissione avrebbe comportato la violazione del principio di necessaria tutela del superiore interesse della minore e dei diritti alla stessa riconosciuti dal compendio normativo evocato.

4.2 Il secondo mezzo, sotto una rubrica di coincidente tenore, lamenta che la Corte territoriale abbia implicitamente disatteso ogni doglianza sollevata dalla reclamante in ordine alle risultanze della C.T.U. svolta in primo grado, malgrado la perizia avesse trascurato l’esistenza di un processo penale a carico del M. e fosse giunta a una diagnosi di sindrome di personalità borderline rispetto alla madre facendo uso di uno scorretto strumento diagnostico.

La Corte di merito, oltre a non esaminare la richiesta di remissione in termini avanzata in primo grado al fine di presentare osservazioni alla consulenza, con la conseguente violazione del diritto di difesa della reclamante, ed a travisare i fatti processuali, avrebbe dapprima riconosciuto la sussistenza di elementi sufficienti per disporre l’affido condiviso e quindi rigettato il reclamo presentato, con una contraddizione motivazionale del tutto insanabile.

5. I motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione dei coincidenti vizi che li accomunano, sono nel loro complesso inammissibili, per una pluralità di ragioni.

5.1 Il collegio di merito ha ritenuto che la “elevata conflittualità sussistente fra le parti” costituisse impedimento all’affidamento a entrambi i genitori o a uno solo di essi, come sollecitato dalla reclamante.

A fronte di tale impossibilità la Corte – in applicazione del disposto dell’art. 337-ter c.c., comma 2, a mente del quale il giudice “adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, ivi compreso, in caso di temporanea impossibilità di affidare il minore a uno dei genitori, l’affidamento familiare” – ha individuato nell’affidamento al Comune di Napoli l’opzione preferibile per assicurare l’interesse morale e materiale della minore.

L’odierna ricorrente lamenta che una simile decisione sia stata adottata da un lato senza tenere in conto la vicenda giudiziaria che vede il M. imputato del reato di violenza sessuale continuata ai danni della figlia, dall’altra disattendendo tutte le critiche sollevate nei confronti della consulenza espletata in primo grado.

5.2 In questo modo tuttavia il ricorso non ha evidenziato alcuna criticità in punto di diritto in capo alla decisione impugnata, ma ha allegato un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, ponendosi al di fuori dei limiti propri del mezzo di impugnazione utilizzato.

Il vizio di violazione di legge dedotto con ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 consiste infatti nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, estranea all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la quale è sottratta al sindacato di legittimità (Cass. 24155/2017) se non sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. 22707/2017, Cass. 195/2016).

Ed il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. 6587/2017).

5.3 D’altra parte il giudice di merito, nel valutare le prove proposte dalle parti, ben può attribuire maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato “della valutazione delle prove” (Cass. 11892/2016, Cass. 24548/2016, Cass. 5009/2017).

Spetta quindi al giudicante, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex plurimis, Cass. 21098/2016, Cass. 27197/2011).

La valorizzazione da parte della Corte di merito, nell’ambito della complessiva congerie istruttoria, delle risultanze attestanti l’elevata conflittualità esistente fra i genitori non è dunque sindacabile in questa sede, posto che il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà del controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito (cfr., ex multis, Cass. 21098/2016, Cass. 27197/2011).

5.4 Per di più la vicenda giudiziaria che ha coinvolto il M. non riveste alcuna decisività ai fini del decidere, ove si consideri che la ricorrente ha lamentato il mancato affidamento in suo favore della figlia minore e dunque ha mosso contestazioni alla valutazione fatta rispetto non al padre della minore, ma alla sua persona quale soggetto in favore del quale fosse possibile disporre l’affidamento esclusivo.

In altri termini, trattandosi di verificare la possibilità di affidare la minore in via esclusiva alla madre, assumevano rilievo le circostanze che ne dimostravano l’idoneità a svolgere un simile compito mentre risultavano irrilevanti quelle concernenti l’eventuale impossibilità di disporre l’affidamento coinvolgendo anche il padre, dato che tale profilo non rientrava nei motivi di reclamo presentati.

5.5 La Corte di merito ha posto a fondamento della propria decisione i passaggi della relazione peritale che danno conto dell’elevata conflittualità esistente fra i genitori, tralasciando le ulteriori parti.

La porzione della relazione non presa espressamente in esame dalla Corte di merito avrebbe espresso – a dire della stessa ricorrente -, seppur erroneamente, una valutazione psicodiagnostica di personalità borderline.

L’accertamento peritale rimane però non decisivo per gli aspetti trascurati dalla Corte di merito, dato che gli stessi non sono stati posti a fondamento della decisione assunta.

5.6 La Corte d’appello, dopo essersi impegnata a prendere in esame la domanda della R. di affido esclusivo ed aver argomentato in merito all’impossibilità di disporne l’accoglimento, ha aggiunto subito dopo un passaggio motivazionale del tutto dissociato dal proprio precedente incedere argomentativo, al cui interno ha ritenuto che “non sussistono ragioni per escludere l’affido condiviso”.

Si tratta, all’evidenza, di un refuso nella redazione della motivazione, come dimostra il fatto che gli argomenti ivi illustrati rimangono del tutto scollegati dal precedente sviluppo dell’iter logico della motivazione, con cui la Corte di merito si è fatta carico di ricostruire la vicenda processuale, indicare i motivi di reclamo presentati dalla R. e le repliche addotte dal M. e illustrare gli argomenti posti a fondamento del rigetto dell’impugnazione.

L’errore, per la sua intrinseca grossolanità, era immediatamente riconoscibile, con l’uso dell’ordinaria diligenza, come errore meramente materiale e non determina alcuna conseguenza in termini di nullità della motivazione (Cass. 18877/2003, Cass. 12546/2002).

6. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Il procedimento è esente dal versamento del contributo unificato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10, comma 2, di modo che non trova applicazione il disposto del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri titoli identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, il 1 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2020

 

 

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