Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19319 del 29/09/2016


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Cassazione civile sez. lav., 29/09/2016, (ud. 23/06/2016, dep. 29/09/2016), n.19319

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. VENUTI Pietro – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6031/2011 proposto da:

P.G. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE MAZZINI 55, presso lo studio dell’avvocato LORENZO BIANCHI,

che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

OMEC SERRATURE S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO

LEOPOLDO FREGOLI 8, presso lo studio dell’avvocato FABIO MASSIMO

COZZOLINO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

KATIA PEDERCINI e ROSARIO SALONIA, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3069/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 01/09/2010, R.G. N. 6582/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/06/2016 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;

udito l’Avvocato LORENZO BIANCHI;

udito l’Avvocato MAURIZIO BRIZZOLARI per delega FABIO MASSIMO

COZZOLINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.G. adiva il Tribunale di Roma ed esponeva che con mandato del 31/1/1989 gli era stato conferito dalla Omec serrature s.r.l. l’incarico, in via esclusiva ed a tempo indeterminato, di agente commerciale per la promozione delle vendite dei propri prodotti nella zona (OMISSIS), con una provvigione del 5% su tutte le vendite dirette ed indirette; che nel 2005, senza alcuna preventiva informazione, la società aveva inserito nel territorio a lui affidato un nuovo agente; che di tale circostanza era stato informato direttamente dalla clientela ed aveva richiesto per iscritto chiarimenti alla società, senza ricevere alcun riscontro; che con lettera del 28/10/2005 aveva ribadito detta richiesta, ricevendo risposta dalla società, alla quale replicava con nota del 7/11/2005; che per di più la società con lettera del 4/11/2005 aveva comunicato alla clientela di voler proseguire il rapporto di fornitura tramite il signor G.A.; che con lettera dell’11/11/2005 la proponente aveva sciolto il contratto di agenzia senza preavviso, provvedendo al pagamento dell’indennità di cessazione del rapporto; che la società non aveva dato riscontro alle richieste di risarcimento del danno nonchè di pagamento delle provvigioni indirette, oltre alla consegna dei libri contabili per verificare quanto liquidato e da liquidarsi.

Il Tribunale, accogliendo le correlative proposte domande, condannava Omec alla consegna all’agente di copia anche autentica dei libri Iva, delle fatture di vendita rilasciate alla clientela e delle ricevute Enasarco relativi al periodo 31/1/1989-11/11/2005; in alternativa e in subordine, al risarcimento del danno per inadempimento agli obblighi contrattuali ai sensi del combinato disposto degli artt. 1218 e 1749 c.c., liquidati in complessivi Euro 85.000; condannava altresì la società al pagamento delle provvigioni dirette ed indirette a norma dell’articolo 1748 c.c. quali risultanti all’esito e nell’esercizio del diritto di verifica ex art. 1749 c.c., da determinarsi In separata sede, oltre accessori, nonchè a risarcire al P. il danno all’immagine ed alla professionalità subiti per effetto della violazione del diritto di esclusiva e per il discredito operato presso la clientela con divulgazione della lettera del 4/11/2005, liquidato in complessivi Euro 85.000; infine ordinava la pubblicazione a cure e spese della società per una sola volta e per estratto della sentenza su tre riviste e giornali specializzati del settore ferramenta, anche a diffusione nazionale quale mezzo per contribuire, sia pure in parte, a riabilitare il nome del P. presso la clientela, nonchè alle spese di lite.

Con la sentenza n. 3069 del 2010, la Corte d’appello di Roma riformava la sentenza del Tribunale e rigettava il ricorso proposto dal P..

La decisione era fondata sulle seguenti considerazioni: l’art. 1749 c.c., comma 3, nel testo introdotto dal D.Lgs. n. 65 del 1999, art. 4, prevede il diritto dell’agente di esigere tutte le informazioni necessarie per verificare l’importo delle provvigioni liquidate, ed in particolare un estratto dei libri contabili, diritto finalizzato al controllo dell’esatto adempimento dell’obbligo che grava sulla mandante di corrispondere provvigioni. Nel caso tuttavia il P. ne aveva fatto oggetto di una espressa domanda con richiesta di esplicita pronuncia con valore di giudicato, con finalità meramente esplorativa di una pretesa non supportata da alcuna allegazione, considerato che neppure aveva prodotto gli estratti conto che la società aveva provveduto a consegnargli. L’introduzione per il comune di Roma dell’agente G.A. – che aveva iniziato la sua attività commerciale a far data dal novembre 2005, e quindi da epoca successiva alla cessazione del rapporto del P. – era stata determinata dalla volontà di ampliare la rete commerciale e di rinforzarla, anche con l’introduzione della figura di un responsabile per la commercializzazione di nuovi prodotti; l’art. 2 dell’AEC del 2002 riconosce il diritto della mandante di operare unilateralmente la riduzione territoriale che incida sulle provvigioni in misura inferiore al 20%, nè l’appellato aveva dedotto che la modifica proposta superasse tale percentuale. Riteneva poi inammissibile in quanto tardivo il richiamo all’art. 2, comma 2, dell’AEC, laddove il ricorso citava esclusivamente il comma 1, e parimenti inammissibile la domanda risarcitoria che su di esso veniva fondata; altrettanto nuova ed inammissibile era ad avviso del giudice territoriale l’eccezione di nullità dell’art. 2, in esame laddove prevede la possibilità della mandante di modificare unilateralmente la zona assegnata, per contrasto con l’art. 1335 c.c.. Riteneva infine che la lettera del 4/11/2005, che il ricorrente assumeva a fondamento della domanda di risarcimento del danno all’immagine, non potesse ritenersi denigratoria, in quanto andava letta nella sua interezza e si inseriva nell’ambito dell’azione promozionale proposta dalla società, e che sussistesse un’ assoluta assenza di prova del danno riportato.

Per la cassazione della sentenza P.G. ha proposto ricorso, affidato a quattro motivi, cui ha resistito con controricorso e memoria ex art. 378 c.p.c. Omec Serrature s.p.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Occorre premettere che la formulazione di motivi di diritto ex art. 366 bis c.p.c., in periodo successivo a quello per il quale la legge ne prevedeva l’obbligatorietà non rende inammissibile il ricorso, così come suggerito dalla controricorrente, trattandosi di sintesi delle argomentazioni poste con funzione agevolativa della loro lettura.

1. Il ricorrente censura la sentenza d’appello per i seguenti motivi: 1.1. Il primo motivo è stato così epigrafato: “Sul diritto di verifica ex art. 1749 c.c.. Diritto alla consegna documentale. Violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto e degli accordi collettivi. Omessa insufficiente e/o contraddittoria motivazione”. Il ricorrente sostiene che in base all’articolo 1749 del codice civile, che trova origine nella direttiva numero 87/653 CE, sussisterebbe il diritto dell’agente azionabile in giudizio di ottenere la consegna dei libri contabili e di ogni altro documento utile ai fini delle indagini retributive, esercitabile anche in difetto di prova della sussistenza di affari rimasti pagati.

1.2. Con il secondo motivo, epigrafato: “Sulle provvigioni indirette. Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto”, il ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia rigettato la domanda avente ad oggetto le provvigioni indirette, pur essendo indubbio che la società avesse concluso diversi affari direttamente tramite l’altro agente signor G. nel territorio e presso i clienti a lui assegnati in esclusiva.

1.3. Con il terzo motivo, recante: “Sul risarcimento del danno all’immagine ed alla professionalità. Violazione del diritto di esclusiva ex art. 1743 c.c.. Variazioni contrattuali. Violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto e dei contratti collettivi. Contraddittoria motivazione”, il ricorrente lamenta che la Corte abbia rigettato la domanda avente ad oggetto il risarcimento del danno all’immagine ed alla professionalità, male interpretando le risultanze istruttorie per le quali sarebbe risultato che l’introduzione dell’agente G.A. fu realizzata dopo il 1 novembre 2005 per rafforzare la rete commerciale, circostanza della quale il P. sarebbe stato a conoscenza. Sostiene che in tal modo la società avrebbe realizzato la riduzione del contenuto economico del contratto di agenzia, senza il preavviso previsto dall’art. 2 dell’AEC del 2002.

Sostiene che la clausola del contratto collettivo che attribuisce alla mandante la facoltà di variare l’accordo sarebbe nulla in quanto meramente potestativa e realizzata in violazione del contratto e della L. n. 192 del 1998, art. 9.

1.4. Con il quarto motivo, epigrafato “Sulla violazione del diritto di esclusiva “, il ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto che il G. abbia iniziato ad operare dal novembre 2005, dopo la cessazione del suo rapporto di lavoro, laddove la stessa Corte ha rilevato che la presentazione del nuovo agente alla clientela era avvenuta già in precedenza. Lamenta altresì che la Corte abbia ritenuto non offensiva nè denigratoria la lettera del 4 novembre del 2005, malgrado le espressioni utilizzate fossero tali da ledere la sua immagine professionale, facendo riferimento alla necessità di introdurre una presenza maggiormente qualificata per migliorare il servizio, fare un salto qualitativo e valorizzare prodotti scarsamente conosciuti.

2. Il primo motivo non è fondato, nel senso di seguito illustrato.

Il testo attuale dell’art. 1749 c.c., è quello che risulta per effetto dal D.Lgs. 15 febbraio 1999, n. 65, art. 4, recante “Adeguamento della disciplina relativa agli agenti commerciali indipendenti, in ulteriore attuazione della direttiva 86/653/CEE del Consiglio del 18 dicembre 1986″.

Il nuovo testo, nello stabilire il principio di carattere generale che il preponente, nei rapporti con l’agente, deve agire con lealtà e buona fede, ha posto a carico del preponente medesimo, al fine di una gestione trasparente del rapporto, lo specifico obbligo di mettere a disposizione dell’agente la documentazione e le informazioni necessarie all’espletamento dell’incarico, e di consegnare, quanto meno ogni trimestre, un estratto conto, quanto più analitico possibile, delle provvigioni dovute; ha riconosciuto all’agente il diritto di esigere che gli siano fornite tutte le informazioni necessarie per verificare l’importo delle provvigioni liquidate ed, in particolare, un estratto dei libri contabili; ha infine sanzionato con la nullità ogni patto contrario. Ciò significa che, attualmente, l’agente è titolare di un vero e proprio diritto all’accesso ai libri contabili in possesso del preponente, che siano utili e necessari per la liquidazione delle provvigioni e per una gestione trasparente del rapporto secondo i principi di buona fede e correttezza. Di conseguenza, il preponente, ove richiesto (anche giudizialmente), ha un vero e proprio obbligo di fornire la documentazione e le informazioni richieste dall’agente al fine di consentire l’esatta ricostruzione del rapporto di agenzia; la richiesta di esibizione documentale avanzata in giudizio dall’agente non può quindi essere considerata generica ed inidonea a colmare un’eventuale lacuna probatoria, giacchè, trattandosi di documenti nell’esclusiva disponibilità della preponente e indispensabili ai fini previsti dagli artt. 1748 e 1751 c.c., la preponente ha comunque l’obbligo, in esecuzione del dovere di lealtà e buona fede – anche indipendentemente dall’ordine del giudice – di porli a disposizione dell’agente.

Deve però puntualizzarsi che il diritto all’accesso alla documentazione contabile non è fine a se stesso, ma è funzionalmente e strumentalmente collegato al soddisfacimento del diritto alle provvigioni ed alle indennità collegate al rapporto di agenzia. In questo senso è stato affermato che l’acquisizione della documentazione in possesso solo del preponente dev’essere indispensabile per sorreggere, sul piano probatorio, la domanda formulata in relazione a diritti determinati o determinabili, ammettendosi la carenza di indicazione di tali dati quantitativi, quando essa derivi dall’inadempimento dell’obbligo di informazioni posto dalla legge a carico del preponente e, in primis, dell’obbligo contrattuale concernente l’invio degli estratti conto provvigionali (Cfr. Cass. 5 settembre 2007 n. 18586, Cass. 7 luglio 2011 n.14968, Cass. 20 ottobre 2015 n. 21219). Incombe quindi alla parte che agisce al fine di ottenere l’esibizione documentale dedurre e dimostrare l’esistenza dell’interesse ad agire, con circostanziato riferimento alle vicende rilevanti del rapporto (tra cui, in primis, l’invio o meno degli estratti conto provvigionali ed il loro contenuto) e l’indicazione dei diritti, determinati o determinabili, al cui accertamento è finalizzata l’istanza.

Nel caso in esame, la Corte territoriale non si è discostata da tali principi, laddove ha rilevato che il ricorrente aveva affermato il proprio diritto alla verifica, con domanda assolutamente generica e svuotata del proprio necessario carattere strumentale, senza dedurre alcunchè in merito alle provvigioni ricevute, nè produrre gli estratti provvigionali che gli erano stati puntualmente consegnati.

3. In relazione agli altri motivi, occorre ribadire che il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (pur nella formulazione vigente ratione temporis, anteriore alla modifica introdotta con il D.L. n. 83 del 2012, conv. nella L. n. 134 del 2012), non equivale a revisione del ragionamento decisorio, ossia dell’opzione del giudice del merito per una determinata soluzione della questione esaminata, posto che essa equivarrebbe ad un giudizio di fatto, risolvendosi in una sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità: con la conseguente estraneità all’ambito del vizio di motivazione della possibilità per questa Corte di procedere a nuovo giudizio di merito attraverso un’autonoma e propria valutazione delle risultanze degli atti di causa (Cass. 28 marzo 2012, n. 5024; Cass. 19 marzo 2009, n. 6694). Sicchè, per la configurazione di un vizio di motivazione su un asserito fatto decisivo della controversia è necessario che il mancato esame di elementi probatori contrastanti con quelli posti a fondamento della pronuncia sia tale da invalidare, con giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle risultanze fondanti il convincimento del giudice, onde la ratio decidendi appaia priva di base, ovvero che si tratti di elemento idoneo a fornire la prova di un fatto costitutivo, modificativo o estintivo del rapporto giuridico in contestazione e perciò tale che, se tenuto presente dal giudice, avrebbe potuto determinare una decisione diversa da quella adottata (Cass n 22065 del 2014, Cass. n. 18368 del 2013, Cass. n. 16655 del 2011, n. 16655; Cass. (ord.) n. 2805 del 2011).

3.1. Su tali premesse, tutti e tre i motivi risultano infondati.

La Corte territoriale alla pag. 9 della motivazione ha esaminato le circostanze fattuali ivi riproposte, rilevando che non rispondeva al vero che la società sin dall’ottobre 2005 avesse inserito nel territorio già affidato all’appellato l’agente G. e che dalle deposizioni assunte emergeva che quest’ultimo aveva iniziato ad operare solo dal novembre 2005, dopo che era cessato il rapporto del P.. Ha accertato poi che nell’incontro del 25/10/2005 la società si era limitata a presentare il nuovo agente a potenziali clienti, senza che quest’ultimo provvedesse ad acquisire ordini.

Ha poi aggiunto che il P. sin dall’incontro del 24/10/2005 con il direttore commerciale Gu. era stato posto a conoscenza delle modifiche che la società intendeva portare all’organizzazione delle vendite e della zona a lui affidata.

3.2. Con i motivi proposti il ricorrente si limita quindi, al di là del richiamo formale a norme di diritto, a proporre la propria lettura degli atti e dei documenti che sono già stati esaminati dalla Corte d’appello: in tal modo, si chiede a questa Corte di riesaminare tutte le risultanze richiamate, cercando in esse i contenuti che potrebbero essere rilevanti nel senso patrocinato. Quella che si sollecita in sostanza è una nuova completa valutazione delle risultanze di causa, inammissibile in questa sede, considerato che il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi dando così prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge” (così da ultimo tra le tante Cass. n. 22065 del 2014, Cass. n. 27197 del 2011).

3.3. Non rileva quindi neppure esaminare la legittimità o meno e gli effetti della riduzione di zona che sarebbe stata effettuata con l’introduzione del nuovo agente, considerato che secondo detta ricostruzione fattuale essa aveva avuto effetto da epoca successiva alla risoluzione del rapporto del P..

3.4. La domanda di risarcimento dei danni per l’inadempimento dell’obbligo di preavviso per le variazioni di zona stabilito dal comma 4 dell’AEC è stata ritenuta dalla Corte territoriale inammissibile in quanto proposta solo con la memoria di costituzione in secondo grado, e tale affermazione non viene puntualmente censurata, mentre l’obbligo generale di informazione era stato assolto ad avviso della Corte territoriale sin dall’incontro del 24/10/2005.

3.5. Nè è possibile procedere ad una nuova valutazione del contenuto delle espressioni contenute nella lettera del 4.11.2005, avendone la Corte fatto puntuale disamina, che non viene censurata sotto il profilo della violazione dei canoni ermeneutici.

4. Segue il rigetto del ricorso e la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento in solido delle spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 3.590,00 per compensi professionali, oltre ad Euro 100,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 23 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2016

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