Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19316 del 18/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 18/07/2019, (ud. 04/04/2019, dep. 18/07/2019), n.19316

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. BILLI Stefania – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2578-2013 proposto da:

COMUNE SAN LAZZARO DI SAVENA, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 37, presso lo

studio dell’avvocato MARCELLO FURITANO, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARCO ZANASI, giusta procura a margine;

– ricorrente –

contro

CANARD SPA, in persona del Presidente e legale rappresentante pro

tempore, con domicilio eletto in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’Avvocato MARIA GRAZIA

TINARELLI, giusta procura a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 42/2012 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA,

depositata il 19/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/04/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIOVANNI GIACALONE, che ha concluso per l’accoglimento;

udito per il ricorrente l’Avvocato ZANOSI che si riporta;

udito per il controricorrente l’Avvocato TINARELLI che si riporta.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Canard S.p.A. impugnava innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Bologna, un avviso di accertamento per ICI, anno di imposta 2005, notificato dal Comune di San Lazzaro di Savena, che riteneva applicabile l’aliquota del 7 per mille prevista per “alloggi sfitti o tenuti a disposizione” e non l’aliquota agevolata del 5, 2 per mille, applicata dalla contribuente, trattandosi di abitazioni non locate. L’ente comunale precisava che, con delib. della Giunta comunale 21 dicembre 2004, n. 266, era stato stabilito per l’anno 2005 che sarebbe stata applicata l’aliquota ICI del 5,2 per mille per le unità immobiliari concesse in locazione ma che, per godere del beneficio, il contribuente era tenuto a dare comunicazione della sussistenza di un contratto di locazione, mentre Canard S.p.A. aveva presentato nel 2000 una dichiarazione ICI dalla quale gli immobili in questione risultava non locati. La Commissione Tributaria Provinciale, con sentenza n. 32 del 15.5.2010, accoglieva il ricorso della società contribuente. Il Comune proponeva appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, che rigettava il gravame con sentenza n. 42/20/2012. Il Comune di San Lazzaro di Savena ricorre per la cassazione della sentenza svolgendo quattro motivi illustrati con memorie. La Società Canard S.p.A. si è costituita con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata denunciando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 6, 8 ed art. 10, comma 4 e del Regolamento delle Entrate Tributarie Comunali del Comune di San Lazzaro di Savena, art. 53, approvato con delib. del Consiglio Comunale di 11 dicembre 2001, n. 82, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, tenuto conto che, ai sensi del Reg. cit., art. 53, in vigore dal 2005, l’applicazione dell’aliquota ICI del 5,2 per mille spetterebbe al contribuente che aveva concesso in locazione l’unità immobiliare oggetto del tributo a condizione che la sussistenza della locazione venisse comunicata al Comune entro il termine per il versamento dell’acconto o entro il 31 dicembre. Nella fattispecie, invece, il contribuente avrebbe omesso ogni dichiarazione ed ogni comunicazione all’ente comunale fino al gennaio 2008, con la conseguenza che non risulterebbe comprensibile se la Commissione Tributaria Regionale abbia accolto le ragioni del contribuente sulla base dell’esistenza di una dichiarazione originaria che non doveva essere modificata “al variare dei locatari”, o perchè era sufficiente dimostrare, anche tardivamente, che nel 2005 gli immobili erano locati, o che variazioni dei conduttori non determinavano la necessità di una comunicazione, o perchè CANARD avrebbe dovuto effettuare una comunicazione nel 2005, ma pur non avendolo fatto, non si sarebbe verificata alcuna evasione di imposta.

2. Con il secondo motivo di censura la sentenza impugnata denunciando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 10, comma 4 e art. 9, del Reg. delle Entrate Tributarie Comunali del Comune di San Lazzaro di Savena, art. 53, approvato con delib. del Consiglio Comunale 11 dicembre 2001, n. 82 e della L. n. 212 del 2000, art. 10, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, atteso che la statuizione della Commissione Tributaria Regionale conterrebbe due errori: il primo che la violazione di CANARD S.p.A. non sarebbe meramente formale, il secondo che la conseguenza di un errore formale sarebbe costituita dall’annullamento delle sanzioni e non dell’intero debito tributario.

3. Con il terzo motivo si censura la sentenza impugnata per omessa o, in subordine, insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non essendo comprensibile la ragione per la quale la Commissione Tributaria Regionale affermi che “al variare dei locatari l’imposta ordinaria dovuta non verrebbe modificata”, atteso che CANARD non avrebbe mai sostenuto che nel 2005 non andasse effettuata la comunicazione prevista dall’art. 53, perchè rispetto ad una inesistente precedente comunicazione erano variati solo i conduttori degli immobili. Dalle affermazioni dei giudici dell’appello non sarebbe consentito comprendere il procedimento logico che avrebbe indotto il giudice del merito al suo convincimento, con conseguente vizio di omessa o insufficiente motivazione.

4. Con il quarto motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per contraddittorietà della motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto le ragioni poste a base della decisione sarebbero tra loro contrastanti ed inconciliabili, così da elidersi a vicenda, tanto da non consentire l’individuazione della ratio decidendi sottostante al decisum.

5. I motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per logica connessione, oltre che inammissibili sono infondati.

5.1. La questione all’esame della Corte riguarda l’applicazione dell’aliquota agevolata ICI del 5,2 per mille stabilita dall’ente comunale con regolamento, in fattispecie riguardanti immobili di cui il contribuente avrebbe omesso la comunicazione all’Amministrazione finanziaria dell’esistenza di contratti di locazione, come stabilito dal Reg. comunale ICI, art. 53, ratione temporis applicabile.

Il Comune ricorrente deduce che in assenza di tale comunicazione, il contribuente sarebbe tenuto al pagamento dell’ICI con applicazione dell’aliquota maggiorata del 7 per mille prevista per gli alloggi sfitti o tenuti a disposizione.

5.2. In tema di ICI, deve darsi continuità all’indirizzo espresso da questa Corte, in fattispecie assimilabili a quella oggetto del giudizio, a mente del quale, tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente (L. n. 212 del 2000, art. 10 comma 1), di cui è espressione anche la regola secondo la quale al contribuente non può essere richiesta la prova dei fatti documentalmente noti all’ente impositore (L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 4), nessun altro onere grava sul contribuente nella fattispecie in cui sussistono tutti i presupposti per usufruire del trattamento agevolativo previsti dalle delibere comunali (v. Cass. n. 12015 del 2015, in tema di inagibilità e v. Cass. n. 23531 del 2008 in tema di riduzione di imposta).

Al riguardo, va ricordato che questa Corte, con sentenza n. 17576 del 2002, pronunciandosi relativamente alla portata applicativa del principio di “tutela dell’affidamento e della buona fede”, pur omettendo ogni considerazione circa l’efficacia delle disposizioni dello Statuto dei diritti del contribuente sotto il profilo costituzionale delle fonti del diritto, ne affermano, sostanzialmente, un “valenza superiore” nella legislazione tributaria, riconoscendo ai principi suddetti una “funzione di orientamento ermeneutico e applicativo vincolante nell’interpretazione del diritto”.

Si precisa, altresì, il significato da attribuire a termini quali “collaborazione ” e “buona fede”, affermando che con il termine “collaborazione” si intende alludere, da una lato, ai principi di “buon andamento”, “efficienza” e “imparzialità” dell’azione amministrativa tributaria di cui all’art. 97, comma 1, della Costituzione, e, dall’altro, a comportamenti non collidenti con il dovere, sancito dall’art. 53 Cost., comma 1 e imposto a tutti i contribuenti, di “concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”.

Il termine “buona fede”, invece, se riferito all’Amministrazione finanziaria, coincide con i significati attribuibili al termine “collaborazione”, posto che entrambi mirano ad assicurare comportamenti dell’amministrazione stessa “coerenti”, vale a dire “non contraddittori” o “discontinui”; il medesimo termine, se riferito al contribuente, allude ad un generale “dovere di correttezza”, volto ad evitare comportamenti capziosi, dilatori, sostanzialmente connotati da “abuso” di diritti e tesi a eludere una giusta pretesa tributaria.

In tema di applicazione del trattamento agevolativo e principio di buona fede e correttezza di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 1, si è recentemente espressa questa Corte in fattispecie riguardante l’applicabilità della L. n. 388 del 2000, art. 33, affermando che: ” Tale conclusione non è preclusa dalla natura di ius singulare che viene generalmente riconosciuta alle norme fiscali agevolatrici, in quanto considerate derogatorie rispetto alle norme impositive, altrimenti applicabili alle fattispecie considerate, tenuto conto che anche le norme agevolatrici possono presentare margini interpretativi in ragione dei principi di collaborazione e buona fede di cui all’art. 10, comma 1, dello Statuto dei diritti del contribuente, le cui norme, emanate in attuazione degli artt. 3,23,53 e 97 Cost., e qualificate espressamente come principi generali dell’ordinamento tributario, costituiscono, in quanto espressione dei principi già immanenti nell’ordinamento, criterio guida per il giudice nell’interpretazione delle norme tributarie”.

5.3. Nello specifico non si tratta di estendere l’applicabilità dell’agevolazione fiscale a fattispecie analoghe o similari, ma si tratta di riconoscere il beneficio fiscale al contribuente che si trova nelle condizioni oggettive e soggettive di usufruire del trattamento agevolativo ma ha omesso di ottemperare ad un adempimento ulteriore, consistente nella comunicazione all’ente comunale, prevista dall’art. 53 cit., in ordine alla locazione degli immobili a terzi.

Tale adempimento costituisce un presupposto “formale” e non sostanziale e non impedisce al contribuente di usufruire dell’aliquota agevolata, laddove dimostri, nel corso del giudizio, di essere nelle condizioni soggettive ed oggettive per usufruire del trattamento agevolativo, tenuto conto, inoltre, che non è contestato, per essere stato accertato dal giudice del merito, che gli immobili erano oggetto di locazione e che tali contratti erano stati resi noti all’Amministrazione fiscale, in quanto regolarmente registrati (v. Cass. n. 12304 del 2017 in tema di prova di fatti già noti al Comune).

La sentenza impugnata, pertanto, non merita censura, tenuto conto che il giudice di appello ha sostanzialmente ritenuto la natura “formale” della comunicazione ai sensi del Reg. ICI, ex art. 53, dovuta solo in caso di modifica dei dati e degli elementi già dichiarati dal contribuente, facendo con ciò riferimento alla circostanza di fatto relativa alla locazione degli immobili.

6. In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese del giudizio, tenuto conto del recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sulle questioni trattate rispetto all’epoca della introduzione della lite, vanno interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese di lite.

Così deciso in Roma, il 4 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2019

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