Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19313 del 22/09/2011

Cassazione civile sez. trib., 22/09/2011, (ud. 10/05/2011, dep. 22/09/2011), n.19313

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. FERRARA Ettore – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

REGIONE CAMPANIA in persona del suo legale rappresentante e

Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA POLI

29, presso l’UFFICIO DI RAPPRESENTANZA DELLA REGIONE CAMPANIA,

rappresentato e difeso dall’avvocato LACATENA MASSIMO, giusta delega

a margine;

– ricorrente –

contro

A.D., elettivamente domiciliato in ROMA VIA C.

PASSAGLIA 14, presso lo studio dell’avvocato MERLO SARA,

rappresentato e difeso dall’avvocato CORSO ANTONIO, giusta delega in

calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 174/2005 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 25/10/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/05/2011 dal Consigliere Dott. ETTORE FERRARA;

udito per il ricorrente l’Avvocato CONSOLAZIO, per delega Avvocato

LACATENA, che ha chiesto l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

per quanto di ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A seguito di p.v. di constatazione con il quale la Guardia di Finanza rilevava la presenza su un terreno di proprietà di D. A. di una elevata quantità di rifiuti e cumuli di materiali inerti, la Regione Campania notificava al contribuente avviso di accertamento ed irrogazione sanzioni per attività di discarica abusiva ed omesso versamento del tributo dovuto.

L’ A. impugnava l’atto impositivo dinanzi alla C.T.P. di Napoli, che rigettava il ricorso, e proponeva successivamente appello avverso la decisione sfavorevole, che veniva questa volta accolto dalla C.T.R. della Campania con sentenza n. 174/34/2005, depositata il 25.10.2005 e non notificata, con la quale i giudici del gravame, recependo sostanzialmente i contenuti di sentenze assolutorie emesse dal giudice penale relativamente alla discarica in questione, annullavano l’atto impositivo sul presupposto che “i conferimenti erano avvenuti ad opera di terzi ignoti, contro i quali era stata sporta denuncia”, per la qual cosa non sarebbe stata ravvisabile alcuna fattispecie idonea a far ritenere l’ A. soggetto passivo ai fini tributari per l’imposta in contestazione.

Per la cassazione della sentenza di appello proponeva quindi ricorso la Regione Campania articolando un unico complesso motivo, all’accoglimento del quale si opponeva il contribuente con controricorso e successiva memoria aggiunta.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo articolato deduce la ricorrente i vizi di violazione e falsa applicazione del L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 32, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62; nonchè di violazione e falsa applicazione dell’art. 654 c.p.p. e D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 20, in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4 lamentando in particolare che la CTR avrebbe motivato la sua decisione affermando che quanto acquisito nel corso del procedimento penale costituisse piena prova nel processo tributario e quindi recependo acriticamente il giudizio del giudice penale, in tal modo commettendo un duplice errore: un errore di diritto, perchè la sentenza penale assolutoria dell’ A. non poteva avere efficacia nel processo tributario sotto molteplici aspetti (relativa a fatti diversi, fondata su prove testimoniali vietate nel processo tributario, emessa in procedimento nel quale la Regione non aveva assunto la qualità di parte, e non ancora irrevocabile), e un errore di fatto, dipendendo l’obbligo del tributo dalla mera presenza dei rifiuti sul suolo di proprietà dell’ A., circostanza questa addirittura confermata, e niente affatto esclusa, in sede penale.

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Ed invero, quanto alla prima questione posta dalla ricorrente non vi è dubbio che nel processo tributario anche la sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario, emessa con la formula “perchè il fatto non sussiste”, non spiega automaticamente efficacia di giudicato, ancorchè i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente, ma può essere presa in considerazione dal giudice tributario come possibile fonte di prova (v. Cass. 12.3.2007, n. 5720). In proposito consolidata è la giurisprudenza di legittimità nel senso che: “Ai sensi dell’art. 654 cod. proc. pen., che ha implicitamente abrogato il D.L. n. 429 del 1982, art. 12 (convertito nella L. n. 516 del 1982), poi espressamente abrogato dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 25 l’efficacia vincolante del giudicato penale non opera automaticamente nel processo tributario, poichè in questo, da un lato, vigono limitazioni della prova (come il divieto della prova testimoniale) e, dall’altro, possono valere anche presunzioni inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna. Nessuna automatica autorità di cosa giudicata può quindi attribuirsi, nel separato giudizio tributario, alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati tributar, ancorchè i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente. Ne consegue che il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza definitiva in materia di reati tributaria estendendone automaticamente gli effetti con riguardo all’azione accertatrice del singolo ufficio tributario, ma, nell’esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 cod. proc. civ.) deve, in ogni caso, verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui esso è destinato ad operare.” (v. Cass. 17.2.2010, n. 3724; 24.5.2005, n. 10945).

Ma nel caso di specie a tali principi risulta essersi scrupolosamente attenuto il giudice di appello che, come ampiamente emerge dalla motivazione della sentenza impugnata, non ha affatto recepito acrìticamente le decisioni del giudice penale, ricollegando automaticamente ad esse la sua decisione, ma ne ha valutato gli accertamenti in maniera autonoma e per la loro rilevanza in relazione al profilo tributario della vicenda, ponendo in evidenza come le risultanze del processo penale escludessero per vari motivi che l’ A. potesse ritenersi gestore della discarica abusiva, così come contestato con l’atto impositivo, secondo quanto innanzi più diffusamente si dirà. E ciò è da ritenersi che egli abbia fatto del tutto legittimamente non trovando certamente ostacolo il potere di valutazione da parte del giudice tributario delle risultanze di altro processo civile o penale, nel divieto di prova testimoniale nel processo tributario, e risultando per altro verso a tal fine irrilevante il fatto che le decisioni penali non integrassero giudicato, circostanza quest’ultima tra l’altro parzialmente esclusa dalla sentenza della CTR della Campania che da atto del fatto che: “La parte … ha prodotto … la sentenza n. 429/05 resa dal Tribunale di Napoli, la sentenza n. 828/04 divenuta irrevocabile, il Decreto di archiviazione 5203 del GIP di Napoli.”.

Anche in relazione a questi ulteriori aspetti soccorre la giurisprudenza di questa Suprema Corte secondo la quale. “Nel processo tributario il giudice può legittimamente fondare il proprio convincimento anche sulle prove acquisite nel giudizio penale ed anche nel caso in cui questo sia stato definito con una pronuncia non avente efficacia di “giudicato opponibile” in sede giurisdizionale diversa da quella penale, purchè proceda ad una propria ed autonoma valutazione, secondo la regole proprie della distribuzione dell’onere della prova nei giudizio tributario, degli elementi probatori acquisiti nel processo penale, i quali possono, quantomeno, costituire fonte legittima di prova presuntiva. Ne consegue che il giudice tributario non può negare in linea di principio che l’accertamento contenuto in una sentenza di proscioglimento pronunciata ai sensi dell’art. 425 cod. proc. pen. possa costituire fonte di prova presuntiva, omettendo di compiere una sua autonoma valutazione degli elementi acquisiti in sede penale” (Cass. 21.2.2007, n. 4054; 2.12.2002, n. 17037).

Quanto al merito della vicenda, la L. n. 549 del 1995, art. 3, prevede nella prima parte l’obbligo di pagamento del tributo in contestazione a carico di chiunque esercita l’attività di discarica abusiva e di chiunque abbandona, scarica o effettua deposito incontrollato di rifiuti, quale soggetto passivo del tributo medesimo; e nella seconda parte a carico dell’utilizzatore della discarica abusiva, e del proprietario del terreno sul quale la discarica insiste, a titolo di responsabilità solidale.

Nel caso di specie risulta dal controricorso che l’avviso di accertamento fu notificato all’ A. ai sensi della prima parte dell’art. 3, comma 32 cit. (“Richiamato la L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 32, ai sensi del quale chiunque esercita l’attività di discarica abusiva, abbandona, scarica effettua deposito incontrollato di rifiuti è soggetto al pagamento del tributo …”). E la circostanza è confermata dalla sentenza impugnata, che nella parte narrativa riassume le difese della Regione facendo esclusivo riferimento all’ipotesi di “chiunque abbandona, scarica od effettua un deposito incontrollato di rifiuti è soggetto ….”.

Tanto premesso, i presupposto impositivo posto a fondamento dell’accertamento, risulta correttamente escluso dal giudice tributario, sulla base di congrua motivazione, sotto questo profilo neanche censurata dalla ricorrente, mentre il diverso titolo di responsabilità invocato nel ricorso in esame, con implicito riferimento alla seconda parte della norma citata e alla responsabilità solidale del proprietario del terreno per l’attività di discarica da altri esercitata, oltre a presupporre comunque l’esercizio di un’attività organizzata di discarica, nel caso di specie esclusa dal giudice di merito con motivazione non censurata, introduce una questione da ritenersi nuova, e come tale inammissibile in questa sede.

Le spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la Regione Campania al rimborso in favore dell’ A. delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 1300,00 di cui Euro 200,00 per spese vive, oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2011

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