Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19310 del 21/08/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 19310 Anno 2013
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: UCCELLA FULVIO

SENTENZA

sul ricorso 24974-2007 proposto da:
REFRIGERI ADRIANA,

SESTINI ANNA,

SESTINI SARA,

SESTINI SIMONE, SESTINI LUCA in qualita’ di eredi del
sig. SESTINI ALFREDO, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIALE ANGELICO 38, presso lo studio
dell’avvocato SILVETTI CARLO, che li rappresenta e
2013
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difende unitamente all’avvocato SINOPOLI VINCENZO
giusta delega in atti;
– ricorrenti contro

INA ASSITALIA S.P.A. (gia’ ASSITALIA LE ASSICURAZIONI

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Data pubblicazione: 21/08/2013

D’ITALIA S.P.A.), in persona del suo procuratore
speciale, avv. MAURIZIO FUGGITTI, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA G. D’AREZZO 32, presso lo
studio dell’avvocato MUNGARI MATTEO, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;

nonchè contro

REGIONE LAZIO , UNIVERSITA’ STUDI ROMA LA SAPIENZA ;
– intimati –

avverso la sentenza n. 29/2007 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 08/01/2007 R.G.N. 3655/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 31/05/2013 dal Consigliere Dott. FULVIO
UCCELLA;
udito l’Avvocato VINCENZO SINOPOLI;
udito l’Avvocato ORNELLA PISA PROVVIDENZA per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

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– controricorrente –

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Roma in data 18 aprile 2003 decideva sulla
domanda

proposta

da

Sestini

Alfredo

nei

confronti

dell’Università degli Studi La Sapienza-Policlinico Umberto I e
• la USL RM2 e volta ad ottenere il risarcimento dei danni nella

consulenza medico-legale, subiti in occasione di un secondo
intervento chirurgico per la riparazione del coledoco, che gli
aveva determinato una grave invalidità permanente e un connesso
danno di insufficienza renale.
Con quella sentenza il Tribunale escludeva sulla base della CTU
il rapporto causale tra la condotta del chirurgo e
l’insufficienza renale, mentre riteneva la responsabilità del
sanitario per il danno arrecato al coledoco ed, esclusa la
legittimazione sia del Policlinico che della USL, condannava la
Regione, chiamata in giudizio dal Sestini quale responsabile
delle obbligazioni facenti capo alle soppresse USL, al
risarcimento dei danni nella misura di euro 6.472/00 con gli
interessi e la rifusione delle spese.
Su gravame principale del Sestini e dei suoi eredi Refrigeri
Adriana, Sestini Anna, Sestini Luca, Sestini Sara e Sestini
Simone e incidentale della Regione e della Azienda USL RM A, la
Corte di appello di Roma in data 8 gennaio 2007 ha respinto per
quel che interessa in questa sede, tutti gli appelli.

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misura che sarebbe stata accertata in esito ad espletanda

Avverso siffatta decisione pongono ricorso per cassazione
Adriana Refrigeri, Anna, Luca, Sara e Simone Sestini,
affidandosi a tre motivi.
Resiste con controricorso INA Assitalia s.p.a., già Assitalia
Assicurazioni d’ Italia, chiamata in causa nelle fasi di merito

memoria.
Motivi della decisione

1.Per una migliore comprensione della vicenda sottoposta al suo
esame il Collegio osserva guanto segue.
In punto di fatto, il 15 ottobre 1986 Sestini Alfredo fu
ricoverato presso il Policlinico Umberto I di Roma per
asportazione di appendice e nell’ occasione gli fu asportato a
la colecisti.
Nell’eseguire l’intervento il chirurgo ebbe a danneggiare il
condotto del coledoco.
Si rese necessario un secondo intervento, che fu effettuato il
24 dicembre 1986 per riparare il danno al coledoco.
Subito il paziente manifestò una insufficienza renale, che
richiese un trattamento da emodialisi e con il tempo l’
insufficienza renale divenne cronica.
Assumendo che il danno al coledoco e che l’ insufficienza renale
erano imputabili al chirurgo:il primo intervento per negligenza
ed imperizia; la seconda per essere stato determinato dal
processo infettivo, prodottosi in occasione del secondo per la
riparazione del coledoco a causa del riversamento di bile nel

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dalla Università degli Studi La Sapienza, che ha depositato

campo operatorio con successiva aggressione dei reni e che,
quindi, anche per la invalidità permanente che era seguita alla
insufficienza renale, il Sestini adiva la via giudiziaria che si
concludeva avanti ai giudici del merito con la sentenza oggi
impugnata.

ricorso, va posto in rilievo che furono effettuate una CTU con
ben tre relazioni e una CT di parte che formulava precise
contestazioni alle conclusioni raggiunte dal CTU.
2. Infatti, con il

primo motivo (

omessa, insufficiente e

contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo
della controversia ) i ricorrenti lamentano che il giudice
dell’appello erroneamente avrebbe escluso il nesso eziologico
tra l’ittero ostrutttivo e l’insufficienza renale sulla base
delle tre relazioni del CTU senza tenere conto dei rilievi
formulati dal CT di parte.
Questi sosteneva la esistenza di un collegamento causale non già
tra l’ ittero ostruttivo determinato dal primo intervento e l’
insufficienza renale,bensì tra il predetto danno renale e la
setticemia insorta dopo il secondo intervento.
In estrema sintesi, i ricorrenti si dolgono che tutta la
motivazione sul punto della sentenza impugnata si adagi sulle
sole conclusioni del CTU senza che sia stata menzionata la CT di
parte né siano state confutate le ragioni da lui addotte a
sostegno della sua relazione.

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Per quel che interessa in questa sede, in relazione ai motivi di

Ad illustrazione della censura viene formulato il seguente
quesito di diritto:
E’ evidente 1′ sufficiente motivazione della opzione del c.t.u.
( e quindi della Corte romana che quella c.t.u. criticamente ha
recepito ) sulla controversa circostanza della febbre settica

omissione di motivazione nel non aver risposto alle
puntualizzazioni critiche del prof.Fiori alle c.t.u.; vi è
omissione nel non aver motivato sulla indicazione della causa
dell’ evento nella febbre settica; vi sono numerose
contraddizioni su più fatti controversi”
3.-In riferimento a questa censura che , attesa la motivazione
dell’ impugnata sentenza, risulta dirimente / il Collegio osserva.
In linea di principio va affermato che

il giudice del merito,

che riconosca convincenti le conclusioni del consulente tecnico
di ufficio non è tenuto ad esporre in modo specifico le ragioni
del suo convincimento, perché l’obbligo della motivazione è
assolto già con l’indicazione delle fonti dell’apprezzamento
espresso, dalle quali possa desumersi che le contrarie deduzioni
delle parti siano state semplicemente respinte, a meno, però,
che le parti e il loro consulente non abbiano sviluppato
ulteriori argomentazioni atte ad infirmare quelle conclusioni.
Ne consegue che la parte, la quale deduca il vizio di
motivazione della sentenza impugnata, mentre ha l’ onere di
indicare in modo specifico le deduzioni formulate nel giudizio
del merito, delle quali il giudice non si sia dato carico,

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riferita dal paziente e riportata dalla cartella clinica.Vi è

dall’altro il giudice stesso deve dare conto, con adeguata
motivazione, del perché non abbia ritenuto di esaminare le
osservazioni da lui espresse nell’ interesse della parte
assistita, con le quali forniva al giudice rilievi tali da
portare anche a conclusioni diverse da quelle contenute nella

sentenza.
Qualora questa disamina non venga attuata il giudice incorre in
vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia.

Ed è quello che è accaduto nel caso in esame.
E’ sufficiente leggere la sentenza impugnata per rendersi conto
che nessuna menzione è fatta circa la CT di parte e che essa è
completamente ignorata, pur essendone stata richiesta la sua
valutazione nell’ atto di appello ( p.6 e 11611′ atto di
appello, ritrascritto nel ricorso a p.11 12) e che contestava
proprio l’ articolo di Thompson citato dalla prima relazione
della CTU e ripreso nell’ ultima della stessa.
Ne consegue che il motivo che presenta un quesito corretto nella
parte in cui parla di omessa motivazione nel non avere
considerato le puntualizzazioni del CT di parte, va accolto,
restando assorbiti gli altri due.
La sentenza in relazione al motivo accolto va cassata con rinvio
alla Corte di appello di Roma in diversa composizione, che
provvederà anche sulle spese del presente giudizio di
cassazione.

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relazione della consulenza tecnica di ufficio ed adottate in

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, nei sensi di cui
in motivazione, assorbiti gli altri e cassa la sentenza
impugnata con rinvio alla Corte di appello di Roma in diversa
composizione, che provvederà anche sulle spese del presente

Così deciso in Roma il 31 maggio 2013.

giudizio di cassazione.

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