Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19305 del 29/09/2016


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Cassazione civile sez. lav., 29/09/2016, (ud. 18/05/2016, dep. 29/09/2016), n.19305

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VENUTI Pietro – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7460-2013 proposto da:

C.L., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA COSSERIA 2, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO AIELLO, che

la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

P.C., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DELLA GIULIANA 35, presso lo studio dell’avvocato FRANCO LEDDA,

che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

A.L., F.B., FR.LA., M.K.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 704/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/03/2012, R.G. N. 2218/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/05/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;

udito l’Avvocato FILIPPO AIELLO;

udito l’Avvocato FRANCO LEDDA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso per quanto di ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Tivoli C.L.- premesso di avere lavorato alle dipendenze di P.C., promotore finanziario, in due distinti periodi di lavoro, dal (OMISSIS) nonchè dal (OMISSIS) – venendo regolarizzata soltanto nel secondo periodo di lavoro, per il quale era stata sottoscritta conciliazione sindacale – agiva nei confronti del datore di lavoro per l’accertamento del primo rapporto e per la sua condanna al pagamento delle differenze di retribuzione maturate in riferimento al livello terzo del CCNL TERZIARIO, nell’importo di Euro 45.647,04 oltre accessori.

Parte resistente chiamava in causa come obbligato solidale il sig. A.L., il quale chiamava ulteriormente in causa i promotori finanziari F.B., FR.LA. e M.K..

Il Giudice del Lavoro, con sentenza del 12.2.2010, accoglieva integralmente la domanda nei confronti di P.C.. respingendo le domande nei confronti dei chiamati in causa.

Proposto appello da parte del datore di lavoro, la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 31 gennaio – 16 marzo 2012 (nr. 704/2012), dichiarava la prescrizione del credito della lavoratrice appellata (pur provvedendo erroneamente nel dispositivo al rigetto dell’appello).

La Corte territoriale rilevava che il P. nel costituirsi aveva tempestivamente eccepito la prescrizione estintiva quinquennale, allegando di non avere ricevuto alcun atto interruttivo prima della notifica del ricorso introduttivo della lite.

La ricorrente aveva prodotto all’atto del deposito del ricorso la lettera inviata al P. ed alla DPL con la richiesta di pagamento delle differenze di retribuzione, priva dell’avviso di ricevimento sicchè a seguito della eccezione proposta avrebbe dovuto produrre nella prima difesa utile – ovvero alla prima udienza di discussione – l’avviso di ricevimento.

L’avviso era stato prodotto soltanto con le note conclusive, al termine della istruttoria testimoniale; essendo la produzione tardiva, il fatto interruttivo non poteva essere acquisito al processo, neppure mediante l’utilizzo dei poteri istruttori d’ufficio del giudice del lavoro.

Avverso la sentenza propone ricorso in Cassazione C.L., articolato in tre motivi, precisando che il dispositivo letto in udienza era di accoglimento dell’appello. Resiste con controricorso P.C..

A.L., F.B., FR.LA., M.K. sono rimasti intimati. La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2943, 2945, 2948 e 2697 c.c.. nonchè omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Deduce che il resistente non aveva formulato nella memoria di costituzione alcuna contestazione circa il ricevimento della lettera del 3.3.2004, relativa alla richiesta del tentativo di conciliazione, pur essendo la lettera tra gli atti depositati con il ricorso (doc. 12); il convenuto neppure aveva preso posizione in ordine a quanto affermato al capo 15 del ricorso ove la ricorrente allegava di avere esperito il tentativo di conciliazione.

In mancanza di una specifica contestazione risultava addirittura superflua la produzione dell’avviso di ricevimento.

2 Con il secondo motivo la parte ricorrente denunzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2948 c.c. e degli artt. 410 c.p.c. e segg. nonchè – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – omessa, insufficiente contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Espone che l’effetto interruttivo della prescrizione si era verificato già con il deposito della richiesta del tentativo di conciliazione, richiamando giurisprudenza di questa Corte (sentenze nn. 1408/2006 e SU nr. 8830/2010 in tema di decadenza).

3. Con il terzo motivo la parte ricorrente deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione o falsa applicazione degli artt. 2943, 2945 e 2948 c.c. e dell’art. 421 c.p.c. nonchè – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – omessa insufficiente contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Afferma la piena legittimità dell’esercizio dei poteri istruttori d’ufficio da parte del giudice del primo grado, a tenore dell’art. 421 c.p.c. laddove la Corte territoriale, in carenza di una adeguata motivazione, aveva violato il principio, ripetutamente affermato da questa Corte, secondo cui, stante il contemperamento nel processo del lavoro tra il principio dispositivo e quello della ricerca della verità materiale, in presenza di risultanze di causa che offrano significativi dati di indagine sussiste per il giudice il potere-dovere di provvedere anche d’ufficio agli atti istruttori sollecitati dal materiale probatorio in atti.

Il terzo motivo è fondato e merita accoglimento, con conseguente assorbimento dei primi due.

Nel rito del lavoro, ai sensi di quanto disposto dagli artt. 421 e 437 c.p.c., l’esercizio del potere d’ufficio del giudice, pur in presenza di già verificatesi decadenze o preclusioni, non è meramente discrezionale, ma si presenta come un potere-dovere (per tutte: Cass. S.U. 17 giugno 2004 n. 11353 e Cass. 25 luglio 2011 n. 16182).

I criteri per l’esercizio di tale potere-dovere sono determinati dall’esigenza, propria del rito, di contemperare il principio dispositivo con quello della ricerca della verità materiale: pertanto, il giudice (anche in grado di appello) laddove reputi insufficienti le prove già acquisite e le risultanze di causa offrano significativi dati d’indagine non può arrestarsi al rilievo formale del difetto di prova ma deve provvedere d’ufficio agli atti istruttori sollecitati dal materiale probatorio idonei a superare l’incertezza sui fatti in contestazione, non verificandosi in questo caso alcun aggiramento a mezzo dell’attività istruttoria svolta d’ufficio dal giudice di eventuali preclusioni o decadenze processuali già prodottesi a carico delle parti, in quanto la prova disposta d’ufficio è solo un approfondimento, ritenuto indispensabile al fine di decidere, di elementi probatori già obiettivamente presenti nella realtà del processo (Cass. 08 luglio 2014, n. 15527; Cass. 10 gennaio 2005, n. 278).

Nella fattispecie di causa la produzione della lettera inviata al datore di lavoro, contenente la richiesta di pagamento delle somme oggetto di giudizio, costituiva una pista probatoria che il giudice del primo grado aveva doverosamente approfondito, ammettendo la produzione, nell’esercizio dei poteri ex art. 421 c.p.c., dell’avviso di ricevimento.

La Corte territoriale, ritenendo irrituale la acquisizione in quanto “il fatto interruttivo non poteva esser validamente acquisito al processo neppure mediante l’utilizzo dei poteri istruttori ex officio del giudice” non si è conformata al principio di diritto sopra esposto. Nè è ravvisabile alcuna violazione del contraddittorio, come dedotto dal controricorrente, nella circostanza che la decisione di acquisizione d’ufficio sia stata formalizzata dal giudice del primo grado soltanto in sentenza: il contraddittorio tra le parti si era comunque svolto, dopo il deposito del documento e delle note difensive, alla udienza del 12.2. 2010, udienza nella quale parte resistente avrebbe potuto sollevare ogni contestazione circa la acquisizione agli atti del documento.

La pronunzia deve essere pertanto cassata e gli atti rimessi ad altro giudice, che si individua nella Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, perchè provveda ad un nuovo esame degli atti in corretta applicazione del principio di diritto indicato.

Il giudice del rinvio provvederà anche alla disciplina delle spese.

PQM

La Corte accoglie il terzo motivo, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia – anche per le spese – alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 18 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2016

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