Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19303 del 10/09/2010

Cassazione civile sez. III, 10/09/2010, (ud. 08/07/2010, dep. 10/09/2010), n.19303

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ITALSEMPIONE SPA (OMISSIS) in persona del legale rappresentante

amministratore Sig. S.D., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE G. MAZZINI 121, presso lo studio dell’avvocato SCHILLACI

GIUSEPPE, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

MUSCOLO GIUSEPPE, ESTI RAFFAELE, SCHILLACI FRANCESCO giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ALCOBE SRL (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 475/2005 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, 2^

SEZIONE CIVILE, emessa l’11/5/2005, depositata il 23/07/2005, R.G.N.

666/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/07/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FEDERICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 26.9.96 la s.p.a. Italsempione, premesso che il 30.3.96 aveva ricevuto presso il posto di ispezione frontaliero sito nello spazio doganale di Trieste-Prosecco 1.259 ovini di proprietà della s.r.l. Al.Co.Be. per le relative operazioni di sdoganamento e che quest’ultimo era potuto avvenire solo il 24.4.96 dopo la revoca dell’ordine di respingimento dei capi suddetti disposto per ordine dell’autorità sanitaria, con la conseguenza che, malgrado le attente cure prestate agli animali, erano deceduti oltre 500 agnelli con relative spese di raccolta e cremazione delle carcasse, conveniva in giudizio dinanzi al Pretore di Trieste la suddetta Alcobe per sentirla condannare al pagamento di quanto dovuto per l’adempimento dei servizi di sdoganamento prestati e per le altre spese affrontate, per un totale di L. 45.224.000.

La convenuta contestava la fondatezza dell’avversa domanda ed esponeva che altri 354 ovini erano morti nel viaggio tra il confine ed il luogo di macellazione, mentre quelli superstiti erano stati venduti sottocosto per la loro denutrizione, per cui chiedeva in via riconvenzionale il ristoro dei danni quantificati in L. 70 milioni.

Il Tribunale di Trieste respingeva la domanda attrice e, in parziale accoglimento di quella riconvenzionale, condannava l’Italsempione al pagamento della somma di Euro 9.132,00, oltre interessi legali.

Proposto appello dalla soccombente e, costituitasi l’appellata che in via incidentale si doleva per il mancato totale accoglimento della domanda riconvenzionale, con sentenza depositata il 24.6.05 la Corte d’appello di Trieste rigettava l’appello principale e, in parziale accoglimento di quello incidentale, condannava l’appellante al pagamento della somma di Euro 19.245,20, oltre interessi legali dal 16.10.96 al saldo.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Italsempione, affidandosi a cinque motivi, mentre nessuna attività difensiva è stata svolta dall’intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1388 c.c. e contraddittorietà della motivazione circa un punto decisivo, avendo la Corte territoriale, da un lato, ritenuto non provato che l’Alcobe avesse avuto conoscenza dell’irregolarità riguardante la mancata punzonatura in Slovacchia di parte degli ovini importati e, dall’altro, omesso di riferire alla rappresentata Alcobe la mancata informazione sul difetto di punzonatura di un certo numero di ovini attribuita al vettore (Trasporti De Luca) munito dei poteri di rappresentanza della medesima.

Con il secondo motivo lamenta la violazione degli artt. 2735, 1228, 2049, 2043 c.c., art. 1227 c.c., comma 1, artt. 1337, 1175 c.c., art. 1176 c.c., comma 2, art. 2697 c.c. ed insufficiente e contraddittoria motivazione, avendo illogicamente la Corte di merito negato la natura confessoria all’esposto presentato dall’Alcobe il 15.10.96, sia pure nei limiti di una confessione resa ad un terzo.

Con il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 1218 c.c., art. 1256 c.c., comma 2 e art. 1719 c.c. ed insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo, non avendo la Corte di merito tenuto conto, da una parte, del parere espresso dal CTU Dapas (secondo cui – divenuta impossibile l’obbligazione principale di immediato sdoganamento per causa non imputabile allo spedizioniere – era impossibile per un semplice spedizioniere provvedere all’operazione di allattamento-svezzamento di agnelli da latte) e, dall’altra, delle circostanze, provate, che l’inesatta esecuzione della prestazione, da parte dello spedizioniere, era stata determinata da causa a lui non imputabile e che l’impossibilità della prestazione, imputabile solo all’Alcobe e/o ai suoi ausiliari, aveva comportato l’estinzione dell’obbligo di custodia.

Con il quarto motivo denuncia la violazione dell’art. 1719 c.c., non avendo la Corte di merito tenuto conto del fatto che la mandante Alcobe non aveva assolto all’onere di somministrare alla mandataria, odierna ricorrente, i mezzi necessari per l’esecuzione del mandato, con riferimento alla necessità dell’allattamento degli agnelli.

Con il quinto motivo denuncia infine insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo e violazione degli artt. 1372, 1781 c.c. e art. 1740 c.c., comma 2, non avendo la Corte territoriale considerato che, dopo la revoca del provvedimento di respingimento degli ovini, l’Alcobe aveva conferito ad essa ricorrente il 24.4.96 un nuovo incarico di sdoganare il bestiame, per cui a fronte di tale nuovo contratto, ritualmente adempiuto, l’Alcobe medesima era tenuta a pagare il corrispettivo sia per la custodia degli animali che per l’eseguita operazione doganale.

1. Il primo motivo è inammissibile.

Ed invero, la questione dei poteri di rappresentanza della soc. Alcobe in capo al vettore degli ovini, la ditta Trasporti De Luca, non risulta affatto dibattuta nei due gradi del giudizio di merito e deve ritenersi, dunque, sollevata per la prima volta in sede di legittimità e, come tale, inammissibile.

Nè la ricorrente, per legittimare l’introduzione di tale nuova tema di contestazione, ha indicato, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, in quale atto dei precedenti giudizi ha provveduto alla sua deduzione, onde dar modo a questa Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminarne il merito.

La circostanza che la sentenza impugnata, in modo assolutamente incidentale, si riferisca ad un “vettore (Trasporti De Luca), munito dei necessari poteri di rappresentanza” dell’Alcobe (v. inizio pag.

12), non significa di certo che la Corte di merito abbia inteso pronunciarsi su di una questione che nessuna delle parti aveva dedotto in causa nè può assurgere da sola, in difetto di tale deduzione, ad essere individuata come un fatto controverso e decisivo del giudizio e cioè come un elemento costitutivo del rapporto controverso, determinante ai fini della decisione.

Deve, dunque, escludersi sia la dedotta violazione dell’art. 1388 c.c., in quanto non risulta che la questione della riferibilità dell’operato del vettore De Luca alla sfera d’interessi dell’Alcobe abbia costituito motivo di appello da parte dell’odierna ricorrente, che il denunciato vizio di contraddittorietà della motivazione, che presuppone un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio (vale a dire anche un singolo elemento della fattispecie concreta dedotta in giudizio il quale di per sè o come mezzo a fine abbia l’efficienza di condurre ad una decisione diversa da quella adottata), punto che, per le ragioni sopra spiegate, non risulta dedotto quale “thema decidendum” o, quanto meno, non risulta indicato in quale atto del giudizio sia stato in concreto dedotto.

2. Il secondo motivo non è fondato, in quanto la sentenza impugnata, con motivazione assolutamente congrua ed esente da vizi logici ed errori giuridici, ha spiegato le ragioni per cui ha ritenuto di non attribuire alcun valore confessorio, neppure nei limiti di cui all’art. 2735 c.c., comma 1, seconda parte (confessione resa a terzi), alla denunzia presentata il 15.10.96 dall’Alcobe nei riguardi del veterinario dr. Fiorito, facendo correttamente riferimento al fatto che tale denunzia si limitava alla “sola narrazione dei fatti che il denunciante non afferma di aver conosciuto nel loro sviluppo storico cronologico, in quanto li riporta in forma espositiva del loro dinamismo cronologico alla competente autorità inquirente”.

Trattasi in definitiva, di una valutazione di elementi probatori documentali, che rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito, per cui il relativo convincimento si sottrae ad ogni sindacato di legittimità allorquando, come si riscontra nel caso di specie, esso sia sorretto da motivazione immune da vizi logici ed errori giuridici.

3. Il terzo motivo è infondato.

Ed invero, anche sul punto in questione la Corte di merito ha esposto, con motivazione del tutto logica ed adeguata, le ragioni del proprio convincimento circa la sussistenza nel caso di specie della responsabilità dell’Italsempione, quale custode degli ovini, nei confronti del depositante Alcobe, derivante da un preciso vincolo contrattuale.

In particolare, correttamente la sentenza gravata evidenzia la circostanza che, posto che il nutrimento degli agnelli da latte, da parte del custode, non avrebbe dovuto costituire di per sè impegno impossibile da assolvere, il custode medesimo non ha offerto la prova liberatoria circa “l’impossibilità di reperire adeguati poppatoi ovvero personale (di generica manovalanza) che potesse procedere manualmente all’allattamento”.

E’ incontestabile che il discostamento, sul punto in questione, del ragionamento dei giudici d’appello dal parere del CTU risulti pienamente giustificato sulla base di un iter logico immune da vizi.

Quanto poi ai comportamenti delle altre parti, il veterinario Fiorito e la mandante Alcobe, che, secondo la ricorrente, avrebbero comportato l’impossibilità delle prestazioni dovute dalla ricorrente per cause alla stessa non imputabili, con la conseguente estinzione dell’obbligo di custodia, si rileva che sull’incidenza causale di tali comportamenti la Corte territoriale si è pronunciata con motivazione assolutamente immune da vizi logici ed errori giuridici, sottolineando, quanto all’eventuale profilo di colpa del veterinario, che “essa non sarebbe comunque idonea a sminuire la responsabilità del custode nei confronti del depositante, ma potrebbe, al più, giustificare azione di rivalsa nei confronti del pubblico ufficiale” (v. pag. 12 della sentenza gravata), mentre, per quanto attiene alla posizione dell’Alcobe, la Corte giuliana ha messo in rilievo la mancanza di prove circa la “conoscenza, da parte dell’Alcobe, del disguido burocratico avvenuto in Slovacchia” (v. pag. 11).

4. Il quarto motivo è inammissibile.

Infatti, la dedotta violazione dell’art. 1719 c.c., rappresenta una questione nuova, introdotta per la prima volta nel giudizio di legittimità, non risultando aver formato oggetto di un motivo di appello.

Ed invero è pacifico che il motivo di violazione o falsa applicazione di una norma di diritto postula che la relativa questione sia stata formulata nelle fasi di merito, abbia formato oggetto di dibattito tra le parti e che su di essa il giudice si sia pronunciato.

5. Il quinto motivo è infondato.

Risulta, infatti, dalla sentenza impugnata (v. pag. 15) che la Corte di merito non solo ha dato atto del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado nella parte in cui veniva riconosciuto all’odierna ricorrente un credito di Euro 11.550,04 per spese di sdoganamento e custodia degli agnelli superstiti (v. anche pag. 7 della sentenza), ma ha tenuto conto di tale credito anche nei conteggi finali di dare ed avere a pag. 16 della sentenza stessa.

6. Il ricorso va, perciò, rigettato, mentre nulla va statuito in ordine alle spese del presente giudizio di cassazione stante la mancata costituzione dell’intimata Alcobe.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 8 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2010

 

 

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