Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19298 del 18/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 18/07/2019, (ud. 28/03/2019, dep. 18/07/2019), n.19298

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9873-2018 proposto da:

P.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI

NICOTERA 27, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE TERRIBILE,

rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO RUTIGLIANO;

– ricorrente –

contro

HELVETIA COMPAGNIA SVIZZERA D’ASSICURAZIONI S.A., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, LUNGOTEVERE DEI MELLINI 10, presso lo studio dell’avvocato

MAURO MAZZONI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

B.V.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4539/2017 del TRIBUNALE di BARI, depositata il

2/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIETTA

SCRIMA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

P.P., in qualità di genitore esercente la potestà sul figlio minore P.L., convenne in giudizio, innanzi al Giudice di pace di Gravina in Puglia, B.V. e la Helvetia Assicurazioni S.p.a. chiedendo il risarcimento dei danni subiti in occasione del sinistro stradale avvenuto a Gravina in Puglia, in data 2 novembre 2002, in cui era rimasto coinvolto il minore P.L., che era alla guida del ciclomotore Piaggio di proprietà del genitore.

Si costituirono i convenuti impugnando la domanda.

Il Giudice di pace adito, con sentenza n. 145/06, rigettò la domanda perchè infondata e condannò l’attore alle spese di lite.

Avverso tale decisione P.P. e P.L. (quest’ultimo divenuto maggiorenne nelle more) proposero appello, del quale chiesero il rigetto sia Helvetia Assicurazioni S.p.a. che B.V..

Il Tribunale di Bari, con sentenza n. 4539/2017, pubblicata il 2 ottobre 2017, dichiarò inammissibile l’appello proposto da P.P. in proprio, avendo egli agito in primo grado esclusivamente quale genitore esercente la potestà sul figlio minore P.L.; rigettò l’appello proposto da quest’ultimo, affermando che dovesse essere confermata la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto non provata l’esistenza della collisione tra l’auto del B.V. e il motociclo condotto dall’appellante, e condannò gli appellanti, in solido, alle spese processuali.

Avverso la sentenza del Tribunale P.L. ha proposto ricorso per cassazione basato su tre motivi, cui ha resistito Helvetia Compagnia Svizzera d’Assicurazione S.A. con controricorso.

L’intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede.

La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Il ricorrente ha inviato per posta memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata.

2. Occorre preliminarmente rilevare che la memoria ex art. 380-bis c.p.c. del ricorrente, pervenuta a mezzo posta, è inammissibile e nulla in essa proposto può essere preso in considerazione, non essendo applicabile l’art. 134 disp. att. c.p.c., in quanto previsto esclusivamente per il ricorso ed il controricorso (v., ex plurimis, Cass., ord., 6/03/2019, n. 6455, Cass., ord., 14/02/2019, n. 4499, Cass., ord., 10/04/2018, n. 8835).

3. Con il primo motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. e degli artt. 2697 2727 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4. Omessa e illogica motivazione su un punto decisivo e controverso in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”, nel censurare la sentenza impugnata in questa sede, nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto, sulla scorta delle testimonianze rese, di confermare la sentenza appellata laddove ha considerato non provata la collisione tra la vettura del B. e il motociclo condotto da P.L., il ricorrente deduce l’illogicità della motivazione della sentenza di secondo grado sostenendo che, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, “l’unica deposizione attendibile” sarebbe (proprio quella resa da S.M., del quale contesta la ritenuta – da parte del Tribunale – inattendibilità e sostiene che nulla avrebbe riferito Mazzilli Michele, unico teste indicato dagli appellati. Il ricorrente assume pure che il Tribunale avrebbe omesso di considerare la documentazione fotografica e il contenuto della denuncia querela presentata in data 1 febbraio 2003 a carico di B.V., con conseguente violazione degli artt. 112,115 c.p.c. e degli artt. 2697 e 2727 c.c..

3.1. Il motivo è inammissibile.

3.2. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (v. ex multis, Cass., ord., 7/04/2017, n. 9097).

3.3. Inoltre, nella specie, non si configura un omesso esame di un fatto storico decisivo nè la doglianza al riguardo risulta veicolata secondo i dettami indicati dalla giurisprudenza di legittimità in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1.

Le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza del 7/04/2014, n. 8053 hanno affermato che l’articolo appena richiamato, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (v. in senso conforme anche Cass., ord., 29/10/2018, n. 27415).

3.4. Peraltro, dopo la modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), già richiamata, la ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili (Cass. 9/06/2014, n. 12928), il che non è nel caso di specie.

3.5. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non integra violazione degli artt. 112,115 c.p.c. e degli artt. 2697 e 2727 c.c., l’omesso esame delle risultanze probatorie.

Il motivo non contiene peraltro una specifica denuncia del paradigma degli artt. 2697 e 2727 c.c. nonchè dell’art. 115 c.p.c., nei sensi precisati dalla giurisprudenza di legittimità (Cass., sez. un., 5/08/2016, n. 16598, e Cass. sez. un., 24/01/2018, n. 1785), ma lamenta, in realtà, come già evidenziato, l’erronea valutazione delle risultanze istruttorie, chiedendo, quindi, in sostanza, una rivalutazione del merito, non consentita in questa sede, con conseguente inammissibilità del ricorso in relazione ai profili appena evidenziati.

4. Con il secondo motivo, rubricato “Omessa pronuncia in ordine alla mancata motivazione sulla richiesta di ammissione della CTU in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5. Violazione e falsa applicazione dell’art. 61 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Illogica motivazione su un punto decisivo e controverso in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”, il ricorrente sostiene che il Tribunale, con motivazione illogica, si sarebbe limitato a ritenere che “l’assenza di prova che la caduta sia dipesa da collisione dei mezzi” avrebbe in primo grado “evidentemente reso ultronea la nomina di CTU”, omettendo di rilevare che il provvedimento del Giudice di pace con cui era stata rigettata la richiesta di ammissione della c.t.u. fosse privo di motivazione.

4.1. Il motivo va disatteso, avendo il Tribunale, sia pure sinteticamente, motivato in ordine alla doglianza relativa alla mancata nomina del C.T.U.. Si evidenzia che, in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile” (nella specie non sussistenti e, comunque, neppure dedotte in tali termini), al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. 12/10/2017, n. 23940; v. pure Cass., sez. un., 7/04/2014, n. 8053).

5. Il terzo motivo è così rubricato: “Violazione dell’art. 390 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4. Omessa pronuncia in ordine alla violazione del diritto di difesa e alla mancata applicazione dell’art. 2054 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

Con tale ultimo motivo si deduce che il Giudice di secondo grado avrebbe omesso di pronunciarsi sulla violazione del diritto di difesa posta in atto dal Giudice di primo grado, considerato che quest’ultimo, con provvedimento depositato in Cancelleria il 30 aprile 2006, dopo aver rigettato immotivatamente la richiesta di ammissione di c.t.u., aveva invitato le parti a precisare le conclusioni e a discutere la causa all’udienza del 16 maggio 2006, consentendo il deposito di memorie scritte nella stessa data, e che a tale udienza, preso atto della tardività della comunicazione della predetta ordinanza al convenuto B., aveva concesso termine di dieci giorni per consentire alla parte da ultimo indicata il deposito della memoria conclusionale, in tal modo favorendo il convenuto, che aveva così potuto conoscere il contenuto delle comparse conclusionali delle altre parti, ancor prima di depositare la propria.

Sostiene il ricorrente che tale questione, pur sollevata in secondo grado, non sarebbe stata considerata e che privo di considerazione e di ogni pronuncia sarebbe rimasto anche il quarto motivo di appello, con cui era stato chiesto al Tribunale di acclarare l’accadimento del fatto storico e, in subordine, di applicare, alla fattispecie all’esame, l’art. 2054 c.c.

5.1. Il motivo è inammissibile, non avendo il ricorrente precisato in quale atto e in quali esatti termini la questione relativa alla lamentata violazione del diritto di difesa da parte del Giudice di pace sia stata sollevata dinanzi al Tribunale, essendosi al riguardo il P. limitato a dedurre di aver sollevato la questione in secondo grado (v. ricorso p. 13).

Peraltro neppure sussiste, comunque, la lamentata omessa pronuncia, essendo la questione stata implicitamente disattesa.

6. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

7. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo tra le parti costituite, mentre non vi è luogo a provvedere per dette spese nei confronti dell’intimato, non avendo lo stesso svolto attività difensiva in questa sede.

8. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.200,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 28 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2019

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