Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19298 del 16/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 16/09/2020, (ud. 02/07/2020, dep. 16/09/2020), n.19298

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FALASCHI Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14505-2018 proposto da:

SILIA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato DANIELE LUCIANO

PORTINARO;

– ricorrente –

contro

RE-FLEX SRL ora TRIRES SRL, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

PIERGIANNI BIANCHERI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2144/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 15/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FALABELLA

MASSIMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con citazione notificata il 28 luglio 2011 Silia s.p.a. in amministrazione straordinaria conveniva in giudizio Re-Flex s.r.l. avanti al Tribunale di Casale Monferrato onde sentire accogliere la domanda revocatoria proposta a norma della L. Fall., art. 67, comma 2, con riguardo ai pagamenti eseguiti nel periodo sospetto, e cioè tra il 27 ottobre 2004 e il 27 aprile 2005, per la complessiva somma di Euro 148.544,18.

La convenuta si costituiva in giudizio contestando il fondamento della domanda e chiedendone il rigetto.

Il giudice di prima istanza accoglieva parzialmente la domanda attrice dichiarando inefficaci i pagamenti eseguiti da Silia a partire dalla data del 23 marzo 2005, in cui le parti avevano concordato un piano di rientro; per l’effetto condannava la convenuta alla restituzione della somma di Euro 32.093,98, oltre interessi.

2. – Entrambe le contendenti proponevano gravame.

La Corte di appello di Torino, con sentenza del 15 novembre 2017, rigettava l’appello principale dell’amministrazione straordinaria e accoglieva quello incidentale di Re-Flex, respingendo, per l’effetto, la domanda di revocatoria parzialmente accolta in primo grado.

3. – Contro tale pronuncia Silia s.p.a. in amministrazione straordinaria propone un ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. Resiste con controricorso Re-Flex s.r.l..

Il Collegio ha autorizzato la redazione della presente ordinanza in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – La ricorrente oppone la violazione o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., artt. 2727 e 2697 c.c.. Spiega, in sintesi, che la Corte di appello avrebbe ritenuto non raggiunta la prova della stientia decoctionis in capo a R-Flex ritenendo erroneamente che il giudizio inferenziale basato sugli elementi indiziari dovesse essere condotto secondo il parametro della certezza assoluta, e non sulla base del criterio “della certezza logica o della ‘ragionevolè certezza, da applicarsi in tema di presunzioni”. Espone che in tal modo il giudice distrettuale, elevando il criterio interpretativo degli indici presuntivi a livello di certezza, aveva mal valutato le prove documentali e testimoniali offerte, pervenendo alla conclusione, scorretta e paradossale, di gravare la stessa istante della prova di un fatto dimostrabile anche a mezzo di presunzioni.

2. – Il motivo è infondato, sicchè il ricorso deve essere respinto.

La Corte di appello è pervenuta alle statuizioni impugnate valorizzando, con ampia motivazione, diverse circostanze. Ha anzitutto escluso potesse attribuirsi rilievo al mutamento dei termini di pagamento tra le parti: circostanza, questa, che era stata allegata dall’odierna ricorrente nella prima memoria ex art. 183 c.p.c.; sul punto il giudice distrettuale ha rilevato che la deduzione di Silia circa l’esecuzione di pagamenti ” a vista” riguardava i soli versamenti eseguiti a partire dal 31 agosto 2005, mentre l’pagamenti oggetto di domanda di revocatoria erano quelli occorsi tra il novembre 2004 e il maggio 2005. La stessa Corte ha poi rimarcato come l’attrice non avesse prodotto le fatture da cui potevano desumersi le modalità originarie di pagamento, nè aveva fornito altri elementi di riscontro al riguardo: con la conseguenza che non vi era alcuna prova dell’intervenuto mutamento delle condizioni di adempimento delle forniture ricevute dalla società poi collocata in amministrazione straordinaria. Nella sentenza viene inoltre spiegato che il piano di rientro concordato tra le parti non aveva “valenza univoca e decisiva soprattutto perchè accompagnato dalla prosecuzione delle forniture”: il che dimostrava la fiducia ancora nutrita da Re-Flex circa le possibilità di ripresa di Silia, pur in difficoltà economica. Ha aggiunto la Corte di merito che l’entità dell’indebitamento della società in bonis oggetto di rateizzazione attraverso il piano di rientro non era di importo tanto elevato da costituire “univoco indice discriminatorio tra una situazione transitoria ad una definitiva”. Nella pronuncia viene pure precisato che Re-Flex non era impresa operante nel campo bancario o finanziario, nè era munita di strutture aziendali tali da far pensare che la stessa dovesse, nel corso della propria ordinaria attività, “indagare in merito alle condizioni di Silia ed alle risultanze dei relativi bilanci”; il giudice di appello ha rilevato, in proposito, non potersi pretendere da un creditore definito “ordinario” il costante monitoraggio del cliente mediante l’esame dei bilanci di esercizio, tanto più laddove venga in questione il bilancio consolidato di una grande impresa e gli indici di insolvenza possano sfuggire a un operatore non qualificato. La stessa Corte di Torino ha quindi osservato: che l’allegazione della società in amministrazione straordinaria quanto alle notizie del dissesto era sostanzialmente generica, posto che tali informazioni risultavano compatibili anche con un mero stato di crisi; che gli accordi di ristrutturazione conclusi con le banche dal gruppo cui apparteneva la società attrice non erano conoscibili, nei loro termini, dai fornitori; che Re-Flex aveva iniziato a inoltrare solleciti alla controparte soltanto ad aprile del 2005. Da tutto ciò il giudice distrettuale ha tratto la seguente conclusione: “In definitiva, il difetto di prova del requisito soggettivo sussiste non solo considerando isolatamente i singoli indici invocati dall’appellante principale, ma anche valutandoli nel loro complesso in relazione al parametro da considerare ai fini che ora interessano ed avuto riguardo all’onere probatorio gravante su Silia che (…) non può dirsi compiutamente assolto”.

Ciò detto, la sdentia decoctionis in capo al terzo, come effettiva conoscenza dello stato di insolvenza, è oggetto di una valutazione del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivata (Cass. 8 febbraio 2018, n. 3081; Cass. 18 aprile 2011, n. 8827); tale conoscenza dello stato di insolvenza deve essere effettiva, ma può essere provata anche con indizi e fondata su elementi fattuali, purchè idonei a fornire la prova per presunzioni di tale effettività: la scelta degli elementi che costituiscono la base della presunzione ed il giudizio logico con cui dagli stessi si deduce l’esistenza del fatto ignoto costituiscono un apprezzamento che, se adeguatamente motivato, sfugge al controllo di legittimità (Cass. 8 febbraio 2019, n. 3854; Cass. 19 febbraio 2015, n. 3336); infatti, su di un piano generale, è incensurabile in sede di legittimità l’apprezzamento del giudice del merito circa la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione, rimanendo il sindacato del giudice di legittimità circoscritto alla verifica della tenuta della relativa motivazione, nei limiti segnati dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. 17 gennaio 2019, n. 1234), sempre che, beninteso, non ricorra una anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante (nel senso chiarito da Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053 e da Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054).

L’enunciazione espressa a pag. 2 del ricorso, circa il mancato impiego, da parte del giudice del merito, del parametro della “ragionevole” certezza nel ragionamento presuntivo si dimostra allora non pertinente, giacchè la Corte di appello ha ritenuto che la scientia decoctionis fosse da escludere proprio valorizzando elementi che facevano ritenere poco verosimile, secondo un criterio di normalità, la conoscenza dello stato di insolvenza di Silia da parte di Re-Flex. Il giudizio si è quindi correttamente fondato su di un criterio probabilistico. Non è esatto sostenere che la Corte di merito abbia preteso la certezza della conoscenza dello stato di insolvenza da parte della controricorrente, dovendosi invece rilevare che quel giudice ha ritenuto non plausibile l’esistenza di una consapevolezza, in capo a Re-Flex, dello stato di decozione di Silia: profilo, questo, che si sottrae, come è evidente, al sindacato di legittimità.

Il motivo è del resto in gran parte orientato a far valere specifiche emergenze che la Corte di appello avrebbe omesso di considerare, o di apprezzare nel modo che l’amministrazione straordinaria reputa corretto: ma è fin troppo noto il principio per cui la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involge apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (per tutte: Cass. 4 luglio 2017, n. 16467), dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e le circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (per tutte: Cass. 31 luglio 2017, n. 19011).

Ciò vale anche per la deduzione, svolta dalla ricorrente a pagg. 10 s. del ricorso, per cui Re-Flex, pur adottando la cautela consistente nella esazione di pagamenti anticipati, avrebbe continuato a rifornire Silia in quanto rappresentava, per essa, “una cliente storica e strategica”. Sul punto, non pare del resto nemmeno decisivo quanto asserito dall’istante (pag. 11 del ricorso) con riguardo all’errore in cui sarebbe incorsa la Corte di appello (la quale avrebbe temporalmente collocato la riunione incorsa tra Sila e i suoi fornitori nell’ottobre 2005, piuttosto che nell’ottobre 2004): la questione sollevata è insuscettibile di essere fatta valere denunciando per cassazione la violazione o la falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., artt. 2727 e 2697 c.c.. Peraltro, la detta riunione non può essere associata a una qualche modificazione delle precorse intese contrattuali (da considerarsi espressiva della conoscenza dello stato di insolvenza da parte dei fornitori stessi): come si è detto, la Corte di appello ha infatti rilevato che l’odierna ricorrente non aveva dato la prova del mutamento delle condizioni di pagamento originariamente convenute (pag. 8 della sentenza impugnata).

Nè appaiono concludenti le deduzioni articolate con riguardo alla ritenuta mancata conoscenza, da parte di Re-Flex, di informazioni specifiche (come quelle desumibili dai bilanci di Silia). Si è visto, al riguardo, che la Corte di appello ha conferito rilievo alla circostanza per cui tali dati non erano di immediato rilevamento da parte di un operatore non qualificato come l’odierna controricorrente. Tale affermazione si fonda su di un rilievo giuridicamente esatto: infatti, la certezza logica dell’esistenza dello stato soggettivo può legittimamente dirsi acquisita quando la probabilità della scientia decoctionis trovi il suo fondamento nei presupposti e nelle condizioni (economiche, sociali, organizzative, topografiche, culturali) nelle quali si sia concretamente trovato ad operare, nella specie, il creditore del fallito (Cass. 3 maggio 2012, n. 6686); ai fini dell’accertamento della sdentia decoctionis occorre cioè conferire rilevanza peculiare della condizione professionale dell’accipiens, onde la misura della diligenza esigibile da quel soggetto va riferita alla categoria di appartenenza dello stesso e all’onere di informazione tipico del relativo settore di operatività (Cass. 4 febbraio 2008, n. 2557). Il nucleo fattuale dell’accertamento a tal fine compiuto dal giudice del merito si sottrae, poi, anche qui, al sindacato di questa Corte regolatrice.

3. – Segue, secondo soccombenza, la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

PQM

La Corte

rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000.00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondersi per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6a Sezione Civile, il 2 luglio 2020.

Depositato in cancelleria il 16 settembre 2020

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