Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19297 del 10/09/2010

Cassazione civile sez. III, 10/09/2010, (ud. 24/06/2010, dep. 10/09/2010), n.19297

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

V.N., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, V.LE ANGELICO 38, presso io studio dell’avvocato OJETTI UGO,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CITTA CRISTIANA

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.D.P.F., considerato domiciliato “ex lege” in

Roma, presso CANCELLERIA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dagli avvocati CARCERERI DE PRATI CLAUDIO, CARCERERI DE PRATI SILVIA,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 79/2006 della SEDE DISTACCATA DI TRIBUNALE di

SOAVE, emessa il 01/06/2006, depositata il 01/06/2006; R.G.N.

21934/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/06/2010 dal Consigliere Dott. ANNAMARIA AMBROSIO;

udito l’Avvocato Paolo ACCARDO per delega Ugo OJETTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso affidato a tre motivi V.N. ha impugnato per cassazione la sentenza del Tribunale di Verona, sez. distaccata di Soave pronunciata in data 1-6-2006 di rigetto dell’appello da essa proposte avverso la sentenza del Giudice di pace di Soave, che – in parziale accoglimento dell’opposizione ex art. 615 c.p.c. proposta da C.D.P.F. avverso l’esecuzione intrapresa nei suoi confronti dalla stessa V. – aveva ridotto, rispetto a quanto indicato in precetto, la somma dovuta dall’opponente all’esecutante.

1.1. Ha resistito al ricorso C.D.P.F., depositando controricorso con cui ha eccepito l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza dell’impugnazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso, attesa la data di pronuncia della sentenza impugnata (successiva al 2 marzo 2006 e antecedente al 4 luglio 2009) è soggetto in forza del combinato disposto di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 27, comma 2 e della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58 alla disciplina di cui agli artt. 360 c.p.c. e segg. come risultanti per effetto del cit. D.Lgs. n. 40 del 2006.

1.1. Il ricorse appare inammissibile perchè formulato senza rispettare i requisiti di cui all’art. 366 bis c.p.c., qui applicabile, come introdotto dall’art. 6 del cit. D.Lgs., in base al quale nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1), 2), 3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto.

1.1.1. Invero nessuno dei motivi del ricorso all’esame si conclude oppure contiene un quesito dì diritto adeguato, necessario sia se si riconducano le censure proposte all’art. 360 c.p.c., n. 3 sia che le si riconducano al n. 4 del medesimo articolo, tale non potendo ritenersi, in particolare, la parte evidenziata “in neretto” nell’incipit di ciascuno motivo, atteso che:

a) quanto al primo motivo (denunciante violazione e falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c.), detto incipit consiste nella richiesta di enunciazione di un principio di diritto in ordine all’inesistenza nel nostro ordinamento di sentenze di “rigetto allo stato”, peraltro privo di correlazione con le ragioni della decisione, nella quale si pone in evidenza che il precedente giudicato sull’altra opposizione proposta dal C. e da B.E. conteneva, non già una pronuncia “allo stato”, bensì una pronuncia (di merito) di “inesistenza” dell’opposizione per mancanza di procura, che non entrava, quindi, nel merito dell’opposizione (neppure nei riguardi della parte, odierna resistente, che aveva conferito regolare procura);

b) quanto agli altri due motivi (denuncianti, rispettivamente, violazione e falsa applicazione dell’art. 615 c.p.c. e violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per vizio di extra – petizione e omessa pronuncia sulla domanda di estinzione del procedimento di opposizione nei confronti di B.E.) detto incipit si risolve nella mera, richiesta di accoglimento del motivo.

Si rammenta che il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. deve comprendere l’indicazione sia della regula iuris adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo. La mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile (Cass. civ., Sez. 3^, 30/09/2008, n. 24339).

Ciò premesso, non può non rilevarsi che nella specie la formulazione dei quesiti di diritto sia meramente apparente e non risponda all’esigenza di cooperazione del ricorrente all’espletamento della suddetta funzione nomofilattica della S.C., posta con chiarezza dalla prescrizione di cui al citato art. 366 – bis c.p.c..

3.2. Non appare superfluo aggiungere, con riguardo all’ultimo motivo, che, relativamente alla prima delle due censure in cui si articola il motivo (vizio di extrapetizione, per avere il Tribunale pronunciato su un’eccezione “abbandonata” e, cioè, quella del difetto di legittimazione attiva della B.), il ricorrente non ha precisato l’interesse all’impugnazione in parte qua, mentre, relativamente alla seconda e connessa ragione di censura (omessa pronuncia sull’eccezione di estinzione dell’opposizione proposta dalla B. e non iscritta a ruolo dopo la presentazione del ricorso innanzi al G.E.) è assorbente la considerazione che la questione esula dall’ambito soggettivo del giudizio di opposizione (di cui non è stata parte la B.).

In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 800,00 (di cui Euro 200,00 per spese) oltre rimborso spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 24 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2010

 

 

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