Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19297 del 02/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 02/08/2017, (ud. 16/06/2017, dep.02/08/2017),  n. 19297

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16678-2016 proposto da:

M.G., rappresentato e difeso dall’Avvocato ALFREDO DI

FRANCESCO;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1390/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 24/12/2015;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/06/2017 dal Consigliere ALBERTO GIUSTI.

Fatto

RITENUTO

che con sentenza in data 13 maggio 2008, il Tribunale di Pescara, in accoglimento della domanda proposta dal condominio (OMISSIS), ha accertato l’occupazione, da parte di M.G., dell’area condominiale con propri materiali di cantiere ed ha, pertanto, condannato lo stesso alla relativa rimozione, a proprie spese, autorizzando il condominio, in caso di inottemperanza, a provvedervi, con rivalsa delle spese;

che la Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 24 dicembre 2015, ha rigettato l’appello del M.;

che per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il M. ha proposto ricorso, con atto notificato il 21 giugno 2016, sulla base di due motivi;

che l’intimato condominio non ha svolto attività difensiva in questa sede;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata notificata alla parte ricorrente, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che il primo motivo denuncia vizio di motivazione in relazione alla proprietà dei beni da rimuovere e violazione dell’art. 2697 c.c.;

che, ad avviso del ricorrente, spettava al condominio l’onere di dimostrare a chi appartenessero i beni da rimuovere, e tale prova non sarebbe stata data;

che il secondo motivo prospetta vizio di motivazione in relazione alla prova e violazione dell’art. 2697 c.c.;

che – ribadito che spettava al condominio l’onere di dimostrare a chi appartenessero i beni da rimuovere – il ricorrente sostiene che i vecchi parapetti prefabbricati sono stati demoliti e sostituiti con i pannelli di laminato, che i beni relitti erano gli scarti di pannelli di laminato e che detti scarti non possono che appartenere al condominio, al quale sono stati forniti da parte dell’impresa dopo il loro acquisto;

che entrambi i motivi – da esaminare congiuntamente, stante la stretta connessione – sono infondati;

che la Corte d’appello, confermando la valutazione espressa dal primo giudice, ha attribuito la proprietà dei materiali edili presenti nel cortile condominiale al M., titolare dell’omonima impresa edile che vi aveva svolto in precedenza i lavori commissionati, sulla base del ponderato apprezzamento delle risultanze istruttorie;

che, in particolare, la Corte di L’Aquila ha rilevato che il teste A. ha non solo specificamente indicato la presenza di materiale edile all’interno dell’area condominiale, ma ha anche aggiunto che questo – costituito da laminati in pannelli e cavalletti per ponteggi metallici – era lo stesso utilizzato per i lavori edili in precedenza svolti dall’impresa del M. per conto del committente condominio;

che, inoltre, la Corte territoriale ha sottolineato che la deposizione testimoniale trova riscontro nella documentazione in atti, dalla quale risulta l’acquisto da parte della medesima impresa di rotoli e pannelli di laminato (fatture nn. (OMISSIS)) per la sistemazione dei balconi in sostituzione dei pannelli prefabbricati;

che la decisione della Corte d’appello è fondata su una valutazione delle risultanze probatorie congrua, logicamente articolata e priva di mende giuridiche;

che i motivi sottopongono alla Corte, nella sostanza, profili relativi al merito della valutazione delle prove, che sono insindacabili in sede di legittimità, quando – come nel caso di specie – risulta che i giudici di merito hanno esposto in modo ordinato e coerente le ragioni che giustificano la loro decisione, sicchè deve escludersi tanto la “mancanza assoluta della motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico”, quanto la “motivazione apparente”, o il “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, figure queste manifestazione di violazione di legge costituzionalmente rilevante sotto il profilo della esistenza della motivazione – che circoscrivono l’ambito in cui è consentito il sindacato di legittimità dopo la riforma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, operata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134 (Cass., Sez. U, 7 aprile 2014, n. 8053);

che neppure è configurabile la dedotta violazione dell’art. 2697 c.c., posto che la violazione del precetto di cui alla citata disposizione si configura soltanto nell’ipotesi che il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche quando, a seguito di una valutazione – che si assuma incongrua – delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia in ipotesi errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere, poichè in questo caso vi è soltanto, come nella specie, una questione relativa all’apprezzamento dell’esito della prova (Cass., Sez. 3, 5 settembre 2006, n. 19064);

che il ricorso è rigettato;

che non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo l’intimato condominio svolto attività difensiva in questa sede;

che ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

rigetta il ricorso;

dichiara – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, il 16 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2017

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