Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19292 del 22/09/2011

Cassazione civile sez. lav., 22/09/2011, (ud. 28/06/2011, dep. 22/09/2011), n.19292

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 19649-2009 proposto da:

ALLEANZA ASSICURAZIONI S.P.A., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA APRICALE 31,

presso lo studio dell’avvocato VITOLO MASSIMO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato SALAMI GIULIA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

D.P.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F.

CONFALONIERI 3, presso lo studio dell’avvocato COGLITORE EMANUELE,

che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati DOLCINI PIER

GIUSEPPE, BELEFFI MASSIMO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 378/2007 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 15/09/2008 r.g.n. 1152/04/;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/06/2011 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;

udito l’Avvocato MASSIMO VITOLO; udito l’Avvocato E. COGLITORE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.P.R. è stato dipendente della s.p.a. Alleanza Assicurazioni, dalla quale era stato assunto nell’ottobre 1997 con la qualifica di ispettore di produzione di primo livello per l’acquisizione di contratti assicurativi.

Con lettera raccomandata del 27 settembre 2001, la società datrice di lavoro ha contestato al D.P. un addebito disciplinare correlato a polizze assicurative dallo stesso “presentate”; in particolare lamentava che 45 contratti erano in arretrato, perchè i contraenti avevano versato solamente una mensilità; e che le polizze n. (OMISSIS), intestata a B.F., n. (OMISSIS), intestata a Bu.Pi., n. (OMISSIS), intestata a R. F., erano state, in realtà, acquisite da tali M. V. e F.V., “soggetti del tutto estranei alla Compagnia”. Nonostante egli avesse fornito le dovute giustificazioni, la società datrice di lavoro lo aveva licenziato per giusta causa con lettera del 23 novembre 2001.

Con ricorso depositato il 1 aprile 2002, il D.P. ha convenuto in giudizio, dinanzi il Tribunale del lavoro di Forlì, la s.p.a.

Alleanza Assicurazioni, chiedendo la declaratoria di illegittimità del provvedimento espulsivo, con le conseguenze, previste dall’art. 18 Stat. Lav..Costituitasi in giudizio, la società convenuta ha contrastato le avverse domande, sostenendo, preliminarmente, che il lavoratore con dichiarazione scritta aveva “pienamente” ammesso i fatti addebitatigli; che, in relazione alla relativa eccezione, il codice disciplinare era stato consegnato allo stesso lavoratore insieme con la lettera di nomina e che, comunque, nel caso concreto non poteva essere applicato la L. n. 300 del 1970, art. 7 atteso che le inadempienze contestate “si concretavano in comportamenti manifestamente lesivi dell’interesse dell’impresa e comunque costituenti gravi violazioni dei doveri fondamentali dei lavoratori”;

e che, a seguito di accertamenti espletati presso l’Agenzia generale di (OMISSIS), erano risultate alcune irregolarità; in particolare, era stato accertato che “un gran numero di contratti” (73) erano intestati a clienti residenti a (OMISSIS) o in località limitrofe, e che di essi “ben 45 risultavano fermi nei pagamenti alla prima mensilità”, mentre altre tre polizze erano state acquisite da soggetti estranei alla Compagnia ed erano intestate a contraenti che non avevano ricevuto alcun documento informativo contrattuale.

Il Tribunale, con sentenza 3 maggio 2004, rigettava la domanda compensando le spese.

Proponeva appello il D.P., resisteva la società.

Con sentenza del 15 settembre 2008, la Corte d’appello di Bologna accoglieva il gravame, dichiarando l’illegittimità del licenziamento ed ordinando alla società Alleanza Assicurazioni la reintegra dello stesso nel suo posto di lavoro, oltre al risarcimento del danno e consequenziali statuizioni ex art. 18 Stat. lav..

Propone ricorso per Cassazione la società Alleanza Assicurazioni, affidato a tre motivi.

Resiste con controricorso il D.P., poi illustrato con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c. per avere escluso la sussistenza di una giusta causa di licenziamento, senza avere adeguatamente valutato complessivamente i comportamenti del D.P., in contrasto con la norma codicistica invocata, formulando infine il seguente quesito di diritto: “dica la Corte se la violazione degli obblighi contrattuali di verifica dei contratti presentati e di attività di conservazione degli stessi da parte di un produttore di assicurazioni concreti una mancanza di tale gravità da giustificare il licenziamento per giusta causa dello stesso”. Il quesito e con esso il motivo è inammissibile. Deve innanzitutto evidenziarsi che, applicandosi nella specie l’art. 366 bis c.p.c., “la decisione della Corte di cassazione deve essere limitata all’oggetto del quesito o dei quesiti idoneamente formulati, rispetto ai quali il motivo costituisce l’illustrazione” Cass. sez. un. 9 marzo 2009 n. 5624).

Giova dunque rammentare il consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui “Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. E’, pertanto, inammissibile il ricorso contenente un quesito di diritto che si limiti a chiedere alla S.C. puramente e semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge” (Cass. 17 luglio 2008 n. 19769), od ancora sia formulato in modo tale da richiedere alla Corte un inammissibile riesame del fatto (Cass. 28 settembre 2007 n. 20360), così come richiesto dalla ricorrente.

2. – Con il secondo motivo quest’ultima denuncia insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della controversia, e cioè l’ammissione dei fatti, da parte dello stesso D.P., con la lettera di giustificazioni del 30 ottobre 2001, dichiarando di assumersi “la piena responsabilità in qualità di IPA (ispettore Principale dell’Acquisizione)” e “di non aver verificato personalmente i tre contratti” per la fiducia riposta nel collaboratore M.. Lamenta al riguardo che la corte di merito ritenne erroneamente che il D.P., con tale lettera, non avesse ammesso la responsabilità dei fatti contestati, ma solo di non aver verificato direttamente i tre contratti, stante la fiducia riposta nel suo collaboratore. Evidenziava la ricorrente che tra le mansioni del D.P. rientrava anche il controllo sulla documentazione sottoscritta dai clienti, incluse le proposte, e tale attività non poteva essere sostituita dalla fiducia riposta nel collaboratore. Il motivo è infondato.

La corte territoriale ha adeguatamente e congruamente valutato che il D.P. era responsabile, all’interno dell’agenzia di (OMISSIS), di un ispettorato composto di due settori, dei quali uno coordinato da lui ed uno da altro dipendente. Che dalle testimonianze escusse era emerso che il D.P. aveva sempre rispettato le procedure imposte dalla compagnia di assicurazioni, e cioè che una volta sottoscritta dal cliente la polizza, questa veniva trasmessa all’agenzia generale di (OMISSIS), il cui titolare, verificatane la regolarità, provvedeva alla sua trasmissione alla direzione generale che emetteva la polizza; che il comportamento del M. era risultato sostanzialmente regolare; che per prassi aziendale i procacciatori liberi potevano far sottoscrivere direttamente la polizza assicurativa ai clienti, senza necessità di un intervento diretto di un ispettore di produzione.

La ricorrente non censura specificamente tali logici e congrui accertamenti, rendendo così insindacabile la sentenza impugnata.

3. – Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia, e cioè l’indebita locupletazione da parte del D.P. delle provvigioni su proposte di polizza da lui presentate ma evidentemente non verificate, procurando alla società un danno patrimoniale non trascurabile.

Anche tale motivo risulta inammissibile, non contenendo, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. la chiara indicazione del fatto controverso (nella specie le polizze in questione) ed il momento di sintesi che consenta alla Corte di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso, senza necessità di un’attività interpretativa dell’intero motivo da parte della Corte (Cass. sez. un. 1 ottobre 2007 n. 20603;

Cass. 18 luglio 2007 n. 16002; Cass. 7 aprile 2008 n. 8897).

L’accenno al danno patrimoniale subito, anche a voler prescindere dalle precedenti ed assorbenti considerazioni, reintroduce la questione della sussistenza di una giusta causa di licenziamento che la corte territoriale ha decisivamente escluso in base al criterio della assoluta sproporzione della sanzione rispetto alle infrazioni emerse, motivazione che non viene minimamente censurata dalla ricorrente, laddove l’apprezzamento circa la sussistenza di una giusta causa o di un giustificato motivo soggettivo di licenziamento rientrano nella valutazione discrezionale del giudice di merito, incensurabile in cassazione ove sorretta da logica ed adeguata motivazione (ex plurimis, Cass. 23 agosto 2006 n. 18377, Cass. 11 maggio 2005 n. 9884).

4. -Il ricorso deve pertanto respingersi.

Le spese di causa seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 50,00 Euro. 3.000,00 per onorari, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2011

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