Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19291 del 02/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 02/08/2017, (ud. 12/05/2017, dep.02/08/2017),  n. 19291

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9226/2016 proposto da:

S.P., G.L., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIALE DI TRASTEVERE N 259, presso lo studio dell’avvocato VITO

PATTA, rappresentati e difesi dall’avvocato ENRICO BARTOLINI;

– ricorrenti –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI

LUCIANI 1, presso lo studio dell’avvocato DANIELE MANCA BITTI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ENRICO BERTONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 261/2015 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 03/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/05/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

G.L. e S.P. hanno proposto ricorso per cassazione articolato in unico motivo avverso la sentenza della Corte d’Appello di Brescia n. 261/2015 del 3 marzo 2015. Resiste con controricorso il Condominio (OMISSIS).

La sentenza impugnata ha rigettato l’appello principale formulato dagli stessi G.L. e S.P. contro la pronuncia resa dal Tribunale di Brescia il 25 febbraio 2009, la quale aveva respinto l’impugnazione della deliberazione assembleare approvata il 18 maggio 2006 dal Condominio (OMISSIS). La Corte di Brescia ha, invece, accolto l’appello incidentale del Condominio inerente la compensazione delle spese processuali disposta per il primo grado, visto il difetto di giusti motivi, e perciò condannato gli appellanti alle spese di entrambi i gradi del giudizio.

G.L. e S.P. contestavano, in particolare, che la delibera, relativa alle spese di sistemazione della copertura del fabbricato, a seguito di infiltrazioni di acqua, avesse addebitato a loro carico i costi della controsoffittatura del loro appartamento, dovendosi intendere tale intervento, secondo gli attori, non un quid pluris, quanto un’opera comunque necessaria al ripristino dei locali di proprietà esclusiva danneggiati.

La sentenza della Corte d’Appello di Brescia richiama il documento numero 2 di parte appellata come prova che i lavori di controsoffittatura vennero richiesti dal S., fa riferimento al preventivo dell’Impresa Z., e sottolinea che tale opera avesse caratteristiche del tutto innovative rispetto al precedente stato del manufatto.

L’unico motivo di ricorso di G.L. e S.P. denuncia I’ “omessa o errata valutazione delle risultanze probatorie e processuali, invocando il contenuto della deposizione testimoniale di Z.G., artigiano che eseguì i lavori, il quale dichiarò che dove era stata collocata la controsoffittatura il soffitto era stato lasciato com’era (senza procedere a raschiatura dell’intonaco e tinteggiatura), che la stessa controsoffittatura gli era stata richiesta dall’amministratore del Condominio (OMISSIS), e che l’intervento era stato veloce da eseguire. I ricorrenti negano che il “documento 2 di controparte” avesse la rilevanza probatoria ritenuta dai giudici dell’appello e ritengono perciò giustificata la compensazione delle spese processuali disposta in primo grado.

Ritenuto che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Il controricorrente ha presentato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

E’ da escludere l’ammissibilità della censura formulata dai ricorrenti alla stregua dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ove il fatto storico del quale si lamenta l’omesso esame sarebbe la mancata o errata valutazione della prova testimoniale di Z.G.. Ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, ed applicabile nel caso in decisione, il vizio specifico denunciabile per cassazione è relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014). Il sindacato di legittimità sulla motivazione è, quindi, tuttora consentito intorno ai “fatti”, ai dati materiali, agli episodi fenomenici rilevanti ed alle loro ricadute in termini di diritto, aventi portata idonea a determinare direttamente l’esito del giudizio.

La Corte di Brescia, nell’esaminare l’unico motivo di appello, che dalla sentenza impugnata appare di identico contenuto al motivo del ricorso per cassazione, richiama il documento numero 2 di parte appellata ed il preventivo dell’Impresa Z., e conclude che i lavori di controsoffittatura vennero richiesti dal S. ed avessero caratteristiche del tutto innovative rispetto al precedente stato del manufatto.

Il motivo di ricorso intende, allora, inammissibilmente sovvertire la valutazione dei documenti esibiti (senza peraltro indicarne specificamente il contenuto, come prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e delle risultanze delle deposizioni dei testimoni, ovvero il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, attività, tutte queste, che consistono in apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata.

Non integrano, pertanto, il vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, le considerazioni svolte nell’unico motivo di ricorso, che si limitano a contrapporre una diversa ricostruzione dei fatti, ovvero una diversa valenza delle risultanze documentali, invitando la Corte di legittimità a svolgere un nuovo giudizio sul merito della causa.

Nè è sindacabile in cassazione, sotto il profilo della violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per l’omesso esame delle medesime risultanze istruttorie, l’insussistenza dei motivi di compensazione delle spese di lite affermata dai giudici del merito, in quanto comunque non si tratta di circostanze configurabili come fatti decisivi, idonei a determinare una decisione diversa da quella adottata in punto di applicazione della regola di soccombenza.

Deve, infine, considerarsi come il proprietario di un immobile, ove, per effetto della condotta materiale di un terzo – nella specie, consistente nell’omessa manutenzione dell’area di copertura di un edificio condominiale -, abbia subito danni ingiusti alla sua proprietà, può agire, nei confronti di quello, sia per il ristoro del suo patrimonio, ai sensi dell’art. 2043 c.c., sia per il ripristino dello stato dei luoghi, mediante reintegra in forma specifica volta ad eliminare le conseguenze dannose del fatto illecito del terzo ai sensi dell’art. 2058 c.c., comma 1, (Cass. Sez. 3, 09/07/2009, n. 16118; Cass. Sez. 1, 03/07/1997, n. 5993; Cass. Sez. U, 23/11/1985, n. 5814). La “reintegrazione in forma specifica”, come del resto il risarcimento per “equivalente”, garantisce al danneggiato la riparazione tenendo conto dello stato originario del bene leso, restandone perciò escluse le eventuali pretese creditorie dello stesso danneggiato che possano procurargli vantaggio per la migliore consistenza e modernità del nuovo manufatto. Spetta ovviamente all’apprezzamento di fatto del giudice del merito (il cui esercizio non è sindacabile in sede di legittimità se non per omesso esame di fatto storico decisivo e controverso) la determinazione delle opere necessarie ad attribuire al danneggiato, nel rispetto dei limiti indicati, la completa “restitutio in integrum” in forma specifica.

Il ricorso va perciò rigettato e i ricorrenti vanno condannati a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto l’art. 13, comma 1 quater, del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta – 2 Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 12 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2017

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