Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1929 del 28/01/2010

Cassazione civile sez. II, 28/01/2010, (ud. 15/10/2009, dep. 28/01/2010), n.1929

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 32682-2006 proposto da:

COMUNE DI RONCOFREDDO, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BERTOLONI 26/B, presso lo

studio dell’avvocato DELL’UNTO MAURIZIO, (studio Brugnoletti e

associati), rappresentato e difeso dagli avvocati SPINELLI STEFANO,

CASTAGNOLI LUCA, giusta deliberazione della giunta comunale n. 85 del

6/09/06 allegata in atti e giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

B.V.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1072/2005 del GIUDICE DI PACE di CESENA,

depositata l’11/10/2005;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/10/2009 dal Consigliere e Relatore Dott. IPPOLISTO PARZIALE; è

presente il P.G. in persona del Dott. MARCO PIVETTI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Comune di Roncofreddo impugna la sentenza del Giudice di Pace di Cesena n. 1072 del 2005, depositata l’11 ottobre 2005 e non notificata, con la quale veniva accolta l’opposizione proposta dell’odierno intimato, B.V., proposta avverso la violazione dell’art. 142 C.d.S., comma 8, accertata il 26 marzo 2005.

Il Giudice di Pace riteneva l’apparecchiatura non idonea ad effettuare in modo chiaro e accertabile la misurazione di velocità dei veicoli, poichè non sottoposta alla necessaria periodica verifica e taratura.

In particolare non rilevava che l’amministrazione non aveva prodotto in giudizio il certificato di taratura dell’autovelox utilizzato dagli agenti accertatori.

L’amministrazione formula tre censure con le quali deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto, nonchè omessa insufficiente motivazione e nullità della sentenza.

Lamenta in particolare l’Amministrazione che il Giudice di Pace abbia ritenuto necessaria la taratura periodica, anche per le apparecchiature rilevatrici della velocità in contrasto con la L. n. 273 del 1991, che disciplina materie e settori del tutto diversi.

Nessuna attività in questa sede ha svolto l’intimato.

Attivatasi procedura ex art. 375 c.p.c., il Procuratore Generale invia requisitoria scritta nella quale, concordando con il parere espresso nella nota di trasmissione, conclude con richiesta di accoglimento del ricorso.

Le conclusioni della Procura Generale possono essere accolte, in quanto il ricorso appare manifestamente fondato.

Infatti, in ordine al motivo di ricorso con il quale si deduce l’inaffidabilità dello strumento utilizzato per non essere stato sottoposto alla ritenuta necessaria preventiva e periodica taratura, occorre osservare che questa Corte ha già avuto modo di occuparsi di tale problematica di recente con la sentenza n. 29333 del 2008, che ha diffusamente esaminato la questione anche sotto il profilo della costituzionalità della normativa vigente.

A tale fine si riportano sinteticamente i punti significativi di tale decisione, i cui principi risultano applicabili anche all’odierno ricorso.

La disciplina legale delle misurazioni – a partire dal T.U. delle leggi sui pesi e le misure approvato con R.D. 23 agosto 1890, n. 7088, cui fece seguito il regolamento sul servizio metrico approvato con R.D. 31 gennaio 1909, n. 242, entrambi successivamente più volte aggiornati ed integrati, in particolare dalla L. 13 dicembre 1928, n. 2886 sulla definizione delle unità legali di peso e di misura – ha sempre avuto quale specifica finalità quella di regolare rapporti di carattere essenzialmente privatistico inerenti l’industria, l’agricoltura, il commercio ed, indirettamente, il pubblico interesse alla certezza nelle transazioni commerciali in genere e già allora, laddove si rese necessaria la regolamentazione di materie particolari implicanti interessi od esigenze difformi o non suscettibili d’essere ricondotti alla disciplina generate, il legislatore intervenne con normative ad hoc in deroga, od in aggiunta, a quella generale (cfr.

ad ex. L. n. 77 del 1910, n. 480 sul carato metrico, la L. 5 febbraio 1934, n. 305 sul titolo dei metalli preziosi, il D.Lgs. 21 marzo 1948, n. 370 sulle unità fotometriche ed elettriche).

Le medesime finalità risultano perseguite dalla normativa comunitaria di base (cfr. il preambolo alla Direttiva 80/181/CEE del Consiglio in data 20.12.1979 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri, relative alle unità di misura laddove, tra l’altro, si considera “… che le legislazioni degli Stati Membri che prescrivono l’impiego di unità di misura differiscono da uno Stato Membro all’altro e pertanto ostacolano te transazioni commerciali;

che, di conseguenza, per eliminare detti ostacoli è necessario armonizzare le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative; … che in data 18 ottobre 1971 il Consiglio ha adottato la Direttiva 71/354/CEE intesa ad armonizzare le legislazioni degli Stati Membri al fine di eliminare gli ostacoli negli scambi mediante approvazione a livello comunitario del sistema internazionale delle unità; … che, durante il periodo transitorio, è indispensabile mantenere una situazione chiara in materia di impiego di unità di misura negli scambi tra gli Stati Membri, in particolare allo scopo di proteggere il consumatore; …”; ed ancora il preambolo della Direttiva 1999/103/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio in data 24.1.2000, laddove, tra l’altro, si considera “…

che taluni paesi terzi non accettano nei propri mercati i prodotti le cui indicazioni sono apposte unicamente nelle unità legali stabilite dalla Direttiva 80/181/CEE; le imprese che esportano i loro prodotti in tali paesi si troverebbero in una situazione di svantaggio qualora si vietasse l’apposizione di indicazioni supplementari…”); alla quale sono seguiti adattamenti, anche in funzione di singole materie e dell’entrata in vigore, pur sempre rimanendo nel medesimo ambito d’interessi, ma sono state anche aggiunte disposizioni intese a disciplinare settori in origine non presi in considerazione ed implicanti interessi diversi e specifici (quale quello sanitario di cui alla Direttiva 85/1/CEE del Consiglio in data 18.12.1984).

E’ da notare che la più recente delle Direttive in materia, la 2004/22/CE dei 31 marzo 2004, elenca specificamente, all’art. 1, gli strumenti nella stessa specificamente considerati, tra i quali non sono ricompresi i misuratori di velocità, onde, ad oggi, non essendo state emanate Direttive comunitarie in materia, il controllo CEE non può ancora essere attuato su tali dispositivi che, in tutti i Paesi Membri, vengono allo stato approvati e disciplinati secondo le rispettive normative nazionali (unica eccezione è data dalla disciplina dei cronotachigrafi, soggetti allo specifico regolamento CEE n. 3821/85 del 20.12.1985, come modificato dal Regolamento CE n. 2135/98 del 24.11.1998 e dal Regolamento CE n. 561/06 del 15.3.06, ai quali l’ordinamento italiano è stato adeguato con D.M. 10 agosto 2007 del Ministero dello Sviluppo Economico, normative che riflettono anch’esse, significativamente, esigenze riferite più all’aspetto socio-commerciale delle finalità perseguite nel settore dei trasporti su strada che non a quello attinente alla viabilità ed ai connessi problemi di sicurezza).

In buona sostanza, non esistono, allo stato, norme comunitarie vincolanti in materia di misurazione della velocità dei veicoli e di pertinenti apparecchiature.

Al qual riguardo si deve considerare che, contrariamente a quanto a volte sostenuto dalle parti interessate e da alcuni giudici del merito, non è vincolante la normativa UNI EN 30012 (Sistema di Conferma Metrologica di Apparecchi per Misurazioni) che, in assenza di leggi o regolamenti di recepimento, rappresenta unicamente un insieme di regole di buona tecnica, impropriamente definite “norme”, alle quali, in assenza di obblighi giuridici, i costruttori decidono autonomamente di conformarsi; così come non è direttamente applicabile la raccomandazione OIAAL R91 del 1990 (“Apparecchiature Radar per la Misura della Velocità dei Veicoli”), peraltro non attinente al caso di specie in quanto relativa alle apparecchiature radar.

Il legislatore italiano, nell’adeguarsi alla surrichiamata normativa Europea sul riavvicinamento delle singole legislazioni in materia di unità di misura, con la Legge Delega 9 febbraio 1982, n. 42, il D.P.R. 12 agosto 1982, n. 802, la L. 11 agosto 1991, n. 273, il Decreto del Ministero delle Attività Produttive 10.12.2001 (nella cui intestazione è significativamente indicato “materia:

commercio”), ha adeguato l’ordinamento interno a quello comunitario perseguendo le medesime finalità. Le quali, all’evidenza, sono del tutto diverse da quelle perseguite con il porre la disciplina dell’utilizzazione delle vie di comunicazione e dei mezzi di trasporto, le cui norme sono intese alla tutela dei diversi interessi, pubblico e privato, alla sicurezza della circolazione, in funzione dell’ordine pubblico, della preservazione dell’integrità fisica degli individui, della conservazione dei beni.

Occorre rilevare ancora che la materia dell’impiego e della manutenzione dei misuratori di velocità ha una propria disciplina, specifica rispetto alle norme che regolamentano gli altri apparecchi di misura, contenuta nel D.M. 29 ottobre 1997, relativo all’approvazione dei prototipi delle apparecchiature per l’accertamento dell’osservanza dei limiti di velocità e alle loro modalità di impiego, il cui art. 4 stabilisce che “gli organi di polizia stradale interessati all’uso delle apparecchiature per l’accertamento dell’osservanza dei limiti di velocità sono tenuti a – rispettare le modalità di installazione e di impiego previste nei manuali d’uso”, escludendo, perciò, la necessità di un controllo periodico finalizzato alla taratura dello strumento di misura se non è espressamente richiesto dal costruttore nel manuale d’uso depositato presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti al momento della richiesta di approvazione, ovvero nel decreto stesso di approvazione.

Si noti, infine, che alcuni tipi d’apparecchi di più recente approvazione in quanto da utilizzarsi in modalità automatica, cioè senza la presenza ed il diretto controllo dell’operatore di polizia stradale nelle ipotesi espressamente previste e consentite, devono essere sottoposti ad una verifica periodica tendente a valutare la corretta funzionalità dei meccanismi di rilevazione che, secondo le disposizioni del D.M. 29 ottobre 1997, richiamato art. 4, deve essere effettuata a cura del costruttore dell’apparecchio o di un’officina da questo abilitata con cadenza at massimo annuale.

Ne risulta, dunque, un complesso sistema di controlli – preventivi, in corso d’utilizzazione e successivi – tale da garantire il cittadino assoggettato all’accertamento sia in ordine alla legittimità dell’azione amministrativa, sia in ordine a possibili disfunzioni delle apparecchiature che possano incidere sul suo diritto di difesa.

I controlli preventivi si svolgono, come da riportata disciplina, in fase d’omologazione od approvazione del prototipo e, considerata la partecipazione al procedimento d’organi tecnici e d’istituti specializzati, non sembra possano sollevarsi dubbi al riguardo.

Si svolgono altresì, in fase d’utilizzazione del singolo apparecchio, da parte degli agenti operatori all’atto della sua predisposizione per le operazioni di rilevamento, in ossequio alle disposizioni impartite con D.M. 29 ottobre 1977, relativo all’approvazione di prototipi di apparecchiature per l’accertamento dell’osservanza dei limiti di velocità e alle loro modalità di impiego, il cui art. 4 stabilisce che “gli organi di polizia stradale interessati all’uso delle apparecchiature per l’accertamento dell’osservanza dei limiti di velocità sono tenuti a rispettare le modalità di installazione e di impiego previste nei manuali d’uso”.

Il Giudice di Pace non si è attenuto a tali principi.

Sussistendone i presupposti, ai sensi dell’art. 384 c.p.c. questa Corte può pronunciare sul merito, rigettando l’opposizione originariamente proposta.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza, mentre per il giudizio di merito non vi è luogo a provvedere non avendo l’Amministrazione chiesto e documentato la refusione delle spese vive.

PQM

LA CORTE accoglie ricorso, cassa senza rinvio il provvedimento impugnato e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione originariamente proposta dall’intimato.

Condanna la parte intimata alle spese di giudizio, liquidate in complessivi 400,00 Euro per onorari e 200,00 per spese oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2010

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