Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19287 del 10/09/2010

Cassazione civile sez. III, 10/09/2010, (ud. 24/06/2010, dep. 10/09/2010), n.19287

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – rel. Consigliere –

Dott. AMBROSIO Anna Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

CURATELA FALL OLEARIA ABAGNALE DI GRAZIOSO CHIARINA & C SNC

& DEI

SOCI, (OMISSIS), in persona del curatore, Dott.ssa A.

G., elettivamente domiciliata in Roma, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’Avv. MANDARA

FRANCESCO con studio in Sant’Antonio Abate 1411 (Ma), via Stabia n.

56-57, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMMERCIO FINANZA LEASING FACTORING SPA;

– intimata –

sul ricorso 5118-2006 proposto da:

COMMERCIO FINANZA LEASING FACTORING SPA, (OMISSIS), in persona

del procuratore speciale e responsabile dell’Ufficio Legale, avv.

I.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A.

DEPRETIS 86, presso lo studio dell’avvocato CAVASOLA PIETRO,

rappresentato e difeso dall’avvocato NAPPI SEVERINO giusta delega in

calce al controricorso con ricorso incidentale;

– ricorrente –

contro

CURATELA FALL OLEARIA ABAGNALE DI GRAZIOSO CHIARINA & C SNC

& SOCI

FALLITI,(OMISSIS) in persona del curatore, Dott.ssa A.

G., elettivamente domiciliata in Roma, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’Avv. MANDARA

FRANCESCO, con studio in Sant’Antonio Abate (Na), via Stabia n. 56-

57, giusta procura speciale in calce al controricorso avverso ricorso

incidentale;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3239/2004 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

Terza Sezione Civile, emessa il 28/10/2004, depositata il 12/11/2004;

R.G.N. 4585/2002.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/06/2010 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;

udito l’Avvocato Francesco MANDARA;

udito l’Avvocato Laura OPILIO per delega avv. Pietro CAVASOLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Napoli, ritenuto che tra le parti fosse intercorso un contratto di leasing traslativo immobiliare, in applicazione della disposizione dell’art. 1526 c.c., condannò la BN Commercio e Finanza alla restituzione, in favore del Fallimento della Olearia Abagnale, dei canoni riscossi, mentre dichiarò inammissibile la domanda di equo compenso avanzata dalla BN stessa siccome proposta solo in comparsa conclusionale.

Propone ricorso per cassazione la curatela del Fallimento, svolgendo un unico motivo. Risponde con controricorso la Commercio e Finanza Leasing e Factoring s.p.a. (già BN Commercio e Finanza s.p.a.) la quale propone anche ricorso incidentale a mezzo di due motivi. A quest’ultimo risponde con controricorso il Fallimento.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi devono essere riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., siccome proposti contro la medesima sentenza.

RICORSO PRINCIPALE. Nel giudizio di secondo grado il Fallimento ha proposto appello incidentale avverso il punto della sentenza che non aveva condannato la concedente alla restituzione anche del “maxi canone” di L. 400 milioni versato dall’utilizzatore all’inizio del rapporto di leasing. Il giudice d’appello (cfr. pagg. 9 e 10 sentenza impugnata) ha respinto il menzionato gravame sulla considerazione che l’utilizzatore non aveva esibito la ricevuta rilasciatagli dal concedente o altra documentazione idonea a provare l’avvenuto pagamento della somma chiesta in restituzione.

Il ricorso principale del Fallimento censura inammissibilmente questo punto della sentenza attraverso una serie di questioni di fatto che pretendono la ricostruzione, da parte della Corte di legittimità, della contabilità intercorsa tra le parti in ordine al canone in argomento, senza, peraltro, specificamente censurare il tenore della sentenza (che rileva, appunto, la mancata prova dell’avvenuto versamento della somma chiesta in restituzione) e senza riportare compiutamente il contenuto degli atti ai quali è fatto riferimento, così impedendo al giudice di legittimità la delibazione relativa alla censura del vizio della motivazione.

RICORSO INCIDENTALE. Il primo motivo sostiene che incombeva sulla Curatela provare la natura traslativa del leasing, dimostrando l’effettiva volontà delle parti contraenti; censura, dunque, la sentenza per violazione della disposizione di cui all’art. 2697 c.c. ed errata qualificazione del contratto intercorso tra le parti.

Il motivo, così come prospettato, è inammissibile, in quanto, nella specie, si fa questione intorno al potere interpretativo del giudice che, nella sua discrezionalità, è censurabile in sede di legittimità solo per violazione dei canoni ermeneutici legali.

Censura, quest’ultima, nient’affatto sperimentata dalla ricorrente, la quale, invece, in maniera impertinente, ha rivolto la sua critica in relazione all’onere della prova.

Il secondo motivo censura il punto della sentenza, che ha ritenuto inammissibile, siccome tardiva, la domanda di equo compenso, sostenendo che il relativo diritto costituirebbe diretta ed automatica conseguenza dell’applicazione dell’art. 1526 c.c. e sarebbe dovuto a prescindere da un’esplicita richiesta da parte del concedente.

Il motivo è infondato, nella considerazione che, in tema di vendita con riserva di proprietà, la disposizione dell’art. 1526 c.c. (applicabile al cd. leasing traslativo), per il caso in cui la risoluzione avvenga per l’inadempimento del compratore, riconosce al venditore (che è tenuto a restituire le rate riscosse) il diritto all’equo compenso per l’uso della cosa (il quale comprende la remu- nerazione del godimento del bene, il deprezzamento conseguente alla sua incommerciabilità come nuovo ed il logoramento per l’uso), oltre al risarcimento del danno (derivante da un deterioramento anormale della cosa). Ne deriva che il diritto all’equo compenso, così come quello al risarcimento del danno, costituiscono autonome pretese che, se esercitate nel corso del giudizio, necessitano di apposita, tempestiva domanda.

In conclusione, entrambi i ricorsi devono essere respinti, con conseguente, integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta e compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, il 24 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2010

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