Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19285 del 17/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 17/07/2019, (ud. 04/04/2019, dep. 17/07/2019), n.19285

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14525-2016 proposto da:

O.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VAL GARDENA 35,

presso lo studio dell’avvocato CRISTIANA DI LORETO, rappresentato e

difeso dall’avvocato FRANCESCO CAMPANELLI;

– ricorrente –

contro

G.A.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI

140, presso lo studio dell’avvocato PIERLUIGI LUCATTONI,

rappresentata e difesa dall’avvocato TULLIO FRAU;

– controricorrente –

contro

GH.AN., GR.AN., G.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 297/2015 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 05/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GIANNITI

PASQUALE.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. O.A. ha proposto ricorso avverso la sentenza n. 297/2015 della Corte di Appello di Cagliari, che, respingendo la sua impugnazione, ha confermato la sentenza n. 470/2011 con la quale il Tribunale di Oristano, a seguito di accertamento tecnico preventivo, aveva accolto la domanda di risarcimento danni, proposta nei suoi confronti da G.S., condannandolo al pagamento in favore di quest’ultimo della somma di Euro 4.138,93 a titolo di risarcimento dei danni arrecati ad un immobile del G. (sito in (OMISSIS)) per effetto della demolizione di un suo fabbricato (adiacente a quello del G.).

2. Ha resistito con controricorso G.A.M., erede di G.S., mentre non hanno svolta attività difensiva Gh.An., Gr.An. e G.S. (già dichiarati contumaci nel giudizio di appello).

3. Essendosi ritenute sussistenti dal relatore designato le condizioni per definire il ricorso con il procedimento ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata redatta proposta ai sensi di tale norma e ne è stata fatta notificazione ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

4. In vista dell’odierna adunanza il ricorrente ha presentato memoria a sostegno del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Il ricorso è affidato a due motivi.

1.1. Con il primo l’ O. denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonchè degli artt. 115 e 61 c.p.c., nella parte in cui ha ritenuto accertati i fatti di causa sulla base delle due consulenze tecniche d’ufficio, redatte dal geom. F.R. (la prima in sede di a.t.p. e la seconda in sede di giudizio di primo grado, dopo che la causa era stata trattenuta per la decisione). Osserva che G.S. nel giudizio di primo grado aveva dedotto soltanto una generica prova testimoniale, ma non aveva indicato alcun fatto specifico diretto a dimostrare che le lesioni rilevate nella sua abitazione erano addebitabili ai lavori da lui fatti eseguire all’interno della sua abitazione (e, in particolare non aveva neppure dedotto che, prima dei lavori di demolizione, la sua abitazione fosse integra e priva di fessurazioni e infiltrazioni; circostanza questa che avrebbe potuto provare a mezzo documenti fotografici e/o testimoni, senza necessità di ricorrere a consulenza tecnica). Sostiene che anche il quantum avrebbe potuto essere facilmente dimostrato in causa attraverso prova testimoniale, dedotta a supporto delle fatture prodotte, senza necessità di ricorrere a c.t.u. In definitiva, la Corte territoriale, confermando la sentenza di primo grado, avrebbe sollevato il G. dall’onere probatorio, che sullo stesso gravava, incorrendo così nel vizio denunciato.

1.2. Con il secondo motivo denuncia omesso esame del fatto decisivo e controverso costituito dall’esito dell’espletata prova testimoniale. Osserva che nessuno dei testi dedotti da parte attorea era stato in grado di riferire su eventuali lesioni cagionate alla casa del G. per effetto dei lavori di demolizione; mentre il teste C.W., da lui dedotto, aveva financo affermato il contrario. In definitiva, secondo il ricorrente, la Corte di merito avrebbe erroneamente confermato la sentenza di primo grado, argomentando esclusivamente sull’esito della c.t.u. disposta dal primo giudice (che peraltro in punto di cause delle lesioni faceva riferimento agli accertamenti tecnici compiuti in sede di a.t.p., cioè in sede in cui, secondo la normativa vigente ratione temporis, non poteva essere espressa alcuna valutazione sulle cause delle lesioni).

2. Il Collegio ritiene il ricorso: ammissibile, ex art. 366 c.p.c., nn. 3 e 4, essendo sufficiente l’esposizione dei fatti di causa e l’illustrazione dei motivi, ma infondato.

2.1. Invero, quanto al primo motivo, si osserva in primo luogo che il ricorrente non precisa se, allorquando fu disposta la c.t.u. nel giudizio di primo grado dopo la rimessione in decisione della causa, fece al riguardo rilievi. In difetto di tale precisazione si potrebbe ipotizzare che il motivo di appello avrebbe dovuto ritenersi inondato per essere la relativa questione preclusa, di talchè si sarebbe potuta profilare anche una mera correzione della motivazione in tal senso.

In disparte il rilievo che precede, il motivo è comunque infondato alla luce di consolidata giurisprudenza di questa Corte. Sono passati ormai oltre 20 anni (cfr. sent. n. 9522 del 4/11/1996, Rv. 500292-01) da quando le Sezioni Unite – dopo aver premesso che “Il giudice può affidare al consulente tecnico non solo l’incarico di valutare i fatti da lui stesso accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente percipiente). Nel primo caso la consulenza presuppone l’avvenuto espletamento dei mezzi di prova e ha per oggetto la valutazione di fatti i cui elementi sono già stati completamente provati dalle parti; nel secondo caso la consulenza può costituire essa stessa fonte oggettiva di prova, senza che questo significhi che le parti possono sottrarsi all’onere probatorio e rimettere l’accertamento dei propri diritti all’attività del consulente” – hanno precisato che nel caso di consulenza percipiente “è necessario che la parte quanto meno deduca il fatto che pone a fondamento del proprio diritto e che il giudice ritenga che il suo accertamento richieda cognizioni tecniche che egli non possiede o che vi siano altri motivi che impediscano o sconsiglino di procedere direttamente all’accertamento”. Trattasi di orientamento che è stato successivamente seguito dalle Sezioni semplici di questa Corte (cfr., Sez. 1, Sentenza n. 20695 del 10/09/2013, Rv. 627911-01; Sez. 2, Sentenza n. 1190 del 22/01/2015, Rv. 633974-01; e, più di recente, ordinanza n. 3717 del 8/2/2019, Rv. 652736-01).

Orbene nella specie la consulenza tecnica a.t.p. è stata acquisita nel processo di primo grado in difetto di opposizione del convenuto, odierno ricorrente (per cui essa è stata correttamente utilizzata come fonte di prova anche per la parte relativa alle cause del danno riscontrato ed alla sua quantificazione). Ed il giudice di merito si è correttamente avvalso della facoltà di procedere a c.t.u. per accertare causa ed entità dei danni descritti nella relazione.

peritale. Il ricordato principio di diritto è stato, dunque, osservato.

2.2. Il secondo motivo è inammissibile.

Si premette che, contrariamente a quanto deduce il ricorrente, la corte territoriale ha fondato la sua decisione sulla base non soltanto degli accertamenti tecnici, ma anche delle dichiarazioni rese dai testi escussi (e, in particolare, dei testi V.S. e M.G., che avevano confermato quanto dedotto in primo grado dal G.).

Tanto premesso, l’inammissibilità consegue al fatto che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione vigente (che è stata introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134), applicabile nella specie (risalendo la pubblicazione della sentenza impugnata a data successiva all’11/9/2012: da un lato, limita il sindacato del giudice di legittimità ai soli casi d’inesistenza della motivazione in sè (ossia alla mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, alla motivazione apparente, al contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili o alla motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile); dall’altro, demanda a questa Corte di legittimità il compito di verificare l’eventuale omesso esame, da parte del giudice a quo, soltanto di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (cioè che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

In definitiva, è estraneo all’ambito del sindacato di legittimità l’omesso esame di elementi istruttori: le Sezioni Unite (cfr. sent. n. 19881 del 22/9/2014; nonchè n. 8053 del 07/04/2014) hanno avuto modo di precisare che l’omesso esame di detti elementi non integra la fattispecie prevista dalla nuova norma, ogniqualvolta il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, come per l’appunto è avvenuto nel caso di specie, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti.

3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali, nonchè al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna parte ricorrente al pagamento in favore di parte resistente delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2500, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1 comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 4 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2019

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