Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19285 del 16/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 16/09/2020, (ud. 13/12/2019, dep. 16/09/2020), n.19285

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GRASSO G. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15582/14 proposto da:

EDILCASA VARESE S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al ricorso,

dall’Avv. Gianfranco Del Popolo Cristaldi ed elettivamente

domiciliata in Roma, Via Scirè 15, presso lo studio dell’Avv. Luigi

Casale.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro-tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici domicilia in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 161/28/2013, della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, depositata il 4 dicembre 2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13 dicembre 2019 dal Consigliere Gianluca Grasso.

 

Fatto

RITENUTO

che:

– la Edilcasa Varese s.r.l. ha impugnato l’avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2005 con cui l’Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Varese, ha rettificato l’utile di bilancio per Euro 188.025,00, contestando maggiori ricavi per Euro 355.399,039, determinati induttivamente, con una maggiore imposta di Euro 228.016,00, nonchè sanzioni e interessi per Euro 282.892,00, il tutto per complessivi Euro 510.908,00;

– la Commissione tributaria provinciale di Varese ha respinto il ricorso;

– la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha rigettato l’appello. I giudici del gravame hanno confermato la pronuncia di prime cure in ordine alla legittimità dell’operato dell’Agenzia delle entrate dell’accertamento di maggiori ricavi calcolati ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, relativamente ad Ires, Irap ed Iva, affermando l’esistenza di presunzioni gravi, precise e concordanti – non adeguatamente contrastate della società contribuente – per poter procedere con l’accertamento induttivo;

– la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi;

– resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso;

– in prossimità dell’adunanza, la ricorrente ha depositato una memoria difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– in via preliminare va respinta l’eccezione di inammissibilità del controricorso proposto dall’Amministrazione resistente in quanto sarebbe stato notificato in data successiva alla scadenza del termine di venti giorni dal termine ultimo stabilito per il deposito del ricorso, così come previsto dall’art. 370 c.p.c., comma 1. Essendo stato il ricorso depositato il 24 giugno 2014, la notifica del controricorso avrebbe dovuto avvenire entro il 14 luglio 2014 mentre, nella fattispecie, la notifica del controricorso al domicilio eletto dalla ricorrente è stata eseguita solo in data 28 luglio 2014;

– come chiarito da questa Corte, ai fini della verifica della tempestiva notifica del controricorso in cassazione, da compiersi ex art. 370 c.p.c. nei venti giorni successivi al deposito del ricorso, che, a propria volta e ai sensi dell’art. 369 c.p.c., deve avvenire nei venti giorni dalla sua ultima notificazione, il momento perfezionativo di quest’ultima si identifica con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Cass. 3 dicembre 2015, n. 24639). Diversamente opinando si porrebbe a carico del controricorrente l’alea dei tempi di notifica del ricorso, ovvero un elemento che sfugge alla sua possibilità di controllo e si ridurrebbe in dipendenza di tale elemento il lasso di tempo a disposizione del controricorrente per predisporre le sue difese e portarle a conoscenza della controparte;

– nel caso di specie, la notifica del ricorso è stata ricevuta dal destinatario il 17 giugno 2014, per cui la notifica del controricorso, ricevuta il 28 luglio 2014, risulta collocarsi nei quaranta giorni successivi e deve ritenersi tempestiva.

– con il primo motivo di ricorso si contesta la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e/o n. 5, per avere omesso il giudice di appello l’esame di più fatti decisivi oggetto di discussione;

– il motivo è inammissibile;

– parte ricorrente non ha specificato in alcun modo quali fossero i fatti decisivi che la Commissione tributaria regionale avrebbe omesso di esaminare;

– con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per violazione del principio di non contestazione. La sentenza impugnata infatti sarebbe nulla laddove afferma che la parte non ha confutato (con prove) il ricavo del 64% indicato dall’ufficio, quando viceversa specifici elementi di prova erano stati acquisiti al processo in forza del principio di non contestazione;

– il motivo è inammissibile;

– la censura si risolve in una critica meramente assertiva, priva di qualunque riferimento agli “specifici elementi di prova” che sarebbero stati acquisiti al processo in forza del principio di non contestazione, ma che non risultano in alcun modo richiamati nella prospettazione della doglianza;

– con il terzo motivo di ricorso si prospetta la violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per nullità della sentenza o del procedimento. Sul punto, parte ricorrente richiama la massima della Suprema Corte la quale enuncia il principio per cui “L’omessa pronuncia su alcuni dei motivi dedotti dal contribuente in sede di ricorso si risolvono nella violazione della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, integra un difetto di attività del giudice di secondo grado, che deve essere fatto valere dal ricorrente attraverso la specifica deduzione del relativo error in procedendo ovverosia della violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 – la quale consente alla parte di chiedere al giudice di legittimità (…) di effettuare l’esame, altrimenti precluso, degli atti del giudizio di merito e, così, anche dell’atto di appello” (Cass. n. 1755/06; in senso confrorme, Cass. nn. 11844/06, 4201/06, 3190/06, 1702/06);

– il motivo è inammissibile;

– parte ricorrente non prospetta in concreto alcun elemento di nullità della pronuncia o del procedimento, limitandosi a richiamare, in maniera del tutto priva di specificità, un principio di diritto riguardante la mancata corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. In mancanza di ulteriori deduzioni, la censura risulta priva di qualunque concretezza, circostanza che impedisce un apprezzamento da parte di questa Corte, alla luce di una pronuncia che ricostruisce i fatti di causa ed enuncia le ragioni per le quali ha ritenuto di dover confermare la sentenza impugnata, escludendo che la società contribuente avesse fornito la prova atta a superare le presunzioni, ritenute gravi precise e concordanti, che hanno condotto all’accertamento tributario;

– il contenuto della memoria ex art. 378 c.p.c., che non può sostituirsi al ricorso introduttivo, risulta del pari privo di qualunque specificità rispetto ai fatti e alle prove che sarebbero stati omessi, limitandosi a riproporre parti del ricorso introduttivo e dell’atto d’appello al fine di contestare la valutazione compiuta dai giudici di merito. Parte ricorrente, invero, sembra prospettare una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, al fine di ottenere una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione (Cass. 20 aprile 2006, n. 9233);

– le spese seguono la soccombenza e si liquidano come dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in Euro 5.600,00 per onorari, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione civile, il 13 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2020

 

 

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