Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19284 del 17/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 17/07/2019, (ud. 05/04/2019, dep. 17/07/2019), n.19284

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20708-2018 proposto da:

C.P.A., C.M., nella qualità di eredi di

C.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LUIGI LUCIANI 1,

presso lo studio dell’avvocato DANIELE MANCA BITTI, rappresentati e

difesi dall’avvocato MASSIMO GRATANI;

– ricorrenti –

contro

CU.AN., C.G., nella qualità di eredi di

CU.AN.AN., CU.RO. nella qualità di erede di

CU.GR., N.M., N.G., N.P.,

N.G.F., N.R., nella qualità di eredi di

CU.GI., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI GRACCHI 123,

presso lo studio dell’avvocato RAIMONDO DETTORI, rappresentati e

difesi dall’avvocato LUCIANO PINNA;

– controricorrenti –

contro

C.G., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 212/2018 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI

SEZIONE DISTACCATA di SASSARI, depositata il 16/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. TEDESCO

GIUSEPPE.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Nuoro, con riferimento alla successione di Cu.Pi., ha rigettato la domanda di riduzione delle disposizioni testamentarie per lesione di legittima, proposta da alcuni dei coeredi contro i coeredi beneficiari delle stesse disposizioni; quindi ha ordinato la divisione dei beni ereditari mediante formazione di otto quote da estrarre a sorte, essendo i compartecipi titolari di quote uguali.

Contro la sentenza hanno proposto appello coloro che avevano agito in riduzione, chiedendo che la divisione fosse fatta sulla base di un nuovo progetto e una nuova ripartizione dei frutti.

La Corte d’appello di Cagliari, in riforma della sentenza, ha riconosciuto sussistente la lesione di legittima, disponendone la reintegrazione per equivalente a carico dei beneficiari delle disposizioni lesive.

Ha quindi attribuito le porzioni secondo il progetto predisposto dal consulente nominato in grado d’appello, in presenza di ragioni idonee a derogare al sorteggio in linea di principio imposto dalla parità delle quote.

Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso C.P.A., C.M., nella qualità di eredi di C.A.. Cu.An., C.G., nella qualità di eredi di Cu.An.An., Cu.Ro. nella qualità di erede di Cu.Gr., N.M., N.G., N.P., N.G.F., N.R., nella qualità di eredi di Cu.Gi. hanno resistito con controricorso.

Gli altri soggetti cui è stato notificato il ricorso sono rimasti tali.

Il primo motivo denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 324 c.p.c.

Si sostiene che la sentenza di primo grado, nel disporre la divisione in porzioni di pari valore, aveva statuito che si dovesse provvedere alla loro assegnazione mediante sorteggio ai sensi dell’art. 729 c.c.

I ricorrenti sostengono che, in assenza di impugnazione di tale specifico capo della decisione, sulla necessità dell’adozione del criterio si era formato il giudicato.

Conseguentemente la Corte d’appello, seppure abbia disposto la divisione secondo un diverso progetto, non poteva procedere mediante attribuzione diretta delle porzioni, ma doveva disporre il sorteggio.

Il secondo motivo denuncia nullità della sentenza per difetto di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

La sentenza è censurata nella parte in cui ha ritenuto che c’erano i presupposti per la deroga al criterio del sorteggio.

I ricorrenti sostengono che le ragioni identificate dalla corte d’appello non rientravano nel novero di quelle idonee a consentire la deroga secondo la giurisprudenza di legittimità.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente possibilità di definizione nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

I ricorrenti hanno depositato memoria.

Il primo motivo è infondato.

In presenza di una sentenza di divisione giudiziale sulla base di un certo progetto, colui che impugna la sentenza, contestando il progetto approvato, rimette in discussione anche il criterio da seguire nell’attribuzione dei lotti, nell’alternativa fra attribuzione diretta e sorteggio delle porzioni uguali (art. 729 c.c.).

Secondo i ricorrenti, invece, la statuizione che, in presenza di quote uguali, dispone il sorteggio è suscettibile di acquisire autonomamente autorità di giudicato. Essi ritengono di trovare appiglio rispetto a tale tesi in Cass. n. 14713 del 2012, che avrebbe riconosciuto “la ammissibilità del passaggio in giudicato della decisione concernente l’adozione della procedura di estrazione a sorte ex art. 729 c.c. (memoria dei ricorrenti pag. 3 e 4).

A tale rilievo si deve replicare che, in quella occasione, la Suprema Corte ha negato l’interesse di una dei condividenti a impugnare la sentenza di primo grado in base alla considerazione che la divisione era stata disposta in conformità al progetto dalla medesima proposto; quindi ha censurato la sentenza d’appello perchè la corte di merito aveva riconosciuto che l’impugnazione si giustificava in considerazione dell’interesse dell’appellante di evitare il sorteggio, perchè il relativo capo della decisione non era stato specificamente impugnato. Il che è cosa diversa dal sostenere che il capo che dispone il sorteggio è suscettibile di giudicato in via autonoma rispetto al progetto di divisione in relazione al quale esso è stato ordinato.

D’altronde, nel caso in esame, i rilievi che precedono hanno carattere squisitamente teorico, perchè l’appello, così come proposto, metteva in discussione anche la parità delle quote.

Risulta infatti dalla stessa sentenza d’appello che la decisione di primo grado fu impugnata anche perchè aveva rigettato la domanda di riduzione delle disposizioni testamentarie di Cu.Pi., proposta da alcuni dei coeredi.

“L’azione di riduzione e quella di divisione, pur presentando una netta differenza sostanziale, possono essere fatte valere nel medesimo processo, in quanto – per evidenti ragioni di economia processuale – è consentito al legittimario di chiedere anzitutto la riduzione delle disposizioni testamentarie e delle donazioni che assume lesive della legittima e, successivamente, nell’eventualità che la domanda di riduzione sia accolta, l’azione di divisione, estesa anche a quei beni che, a seguito dell’accoglimento dell’azione di riduzione, rientrano a far parte del patrimonio ereditario divisibile” (Cass. n. 1077/1964; n. 2367/1970)”.

E’ stato anche chiarito che, quando nel medesimo processo sono proposte congiuntamente l’azione di riduzione e la divisione, il giudice dovrà decidere pregiudizialmente sulla domanda di riduzione, costituendo questa un Pri US rispetto a quella di divisione (Cass. n. 672/1964).

Il principio si spiega perchè la domanda di riduzione, qualora sia accolta, può portare alla modifica della iniziale misura del concorso dei coeredi sui beni relitti, a vantaggio dei legittimari lesi o pretermessi e in danno dei beneficiari delle disposizioni riducibili.

Nel caso di specie la corte di merito, pur accogliendo la domanda di riduzione proposta da alcuni dei coeredi contro altri, ha lasciato ferma la parità delle quote perchè ha ritenuto di dovere operare la reintegrazione per equivalente, invece che in natura sui beni ereditari. Si legge infatti nella sentenza impugnata: “Trattandosi invero di una reintegrazione nella quota di legittima di sole tre eredi rispetto agli otto originari, appare assolutamente preferibile la soluzione suddetta (cioè l’attribuzione del controvalore monetario della lesione piuttosto che l’attribuzione in natura del compendio ereditario oggetto delle disposizioni testamentarie, essendo impossibile individuare per ciascun appellante sul punto una porzione di terreno corrispondente al valore della quota oggetto di reintegrazione)”.

Senza che sia minimamente necessario, in assenza di impugnazione, esprimersi sulla correttezza teorica di tale scelta dalla corte: in realtà l’esito positivo della riduzione non determina un concorso separato sui beni ereditari, ma comporta un incremento della quota dei legittimari lesi a scapito dei beneficiari delle disposizioni riducibili sulla totalità dei beni relitti.

Ai nostri fini è sufficiente porre in luce che l’impugnazione della sentenza di primo grado non aveva posto in discussione solo il progetto, ma la stessa parità delle quote per alcuni dei coeredi concorrenti nella divisione. Chi sostiene di avere diritto a una quota maggiore di altri dei compartecipi nega per ciò solo, quanto meno nei rapporti con tali compartecipi, la possibile adozione del criterio del sorteggio.

Solo per completezza di esame si osserva che in caso di concorso di condividenti aventi diritto a porzioni equivalenti con altri aventi diritto a porzioni di diverso valore, il sorteggio è ristretto fra coloro che hanno diritto a porzioni di eguale valore. Quanto agli altri occorre procedere per attribuzione diretta.

E’ infondato anche il secondo motivo.

La corte, in esito alla ricognizione della situazione di possesso beni comuni, ha riconosciuto sussistenti “quei motivi di opportunità, determinati da ragioni oggettive di possesso e da ragioni soggettive di comunanza di interesse che giustificano l’assegnazione diretta delle singole quote a ciascun coerede in base alla situazione di possesso attuale”.

L’affermazione è in linea con la giurisprudenza di questa Corte.

“In tema di divisione di beni immobili l’art. 729 c.c. (applicabile anche nell’ipotesi di divisione di beni comuni in forza del rinvio ricettizio contenuto nell’art. 1116 c.c.) fissa la regola che l’assegnazione delle porzioni di un bene indiviso deve effettuarsi mediante estrazione a sorte nella ipotesi di assegnazione di lotti equivalenti (in quanto determinati in relazione all’eguaglianza di quote dei condividenti), dal momento che tale situazione rende la suddetta modalità di attribuzione possibile o, nello stesso tempo, consigliabile per sottrarre l’assegnazione ad un mero criterio discrezionale del giudice; dispone, invece, che nell’ipotesi di porzioni diseguali si proceda, come norma, all’assegnazione mediante attribuzione, concedendo al giudice la facoltà di giungere all’assegnazione mediante sorteggio solo per i beni costituenti frazioni uguali di quote diseguali” (Cass. n. 3375/1968).

D’altra parte costituisce principio acquisito nella giurisprudenza della Corte che il criterio dell’estrazione sorte, inteso garantire la trasparenza delle operazioni divisionali contro ogni possibile favoritismo (Cass. n. 15079/2005), non è inderogabile, indicando essa solo un criterio di massima dal quale il giudice può discostarsi quando concorrano ragioni di necessità o di opportunità, la cui valutazione è sindacabile in sede di legittimità soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass. n. 1091/2007; n. 9848/2005; n. 12333/2003).

Ora, in presenza di una generalizzata situazione di possesso esclusivo dei beni comuni, l’esigenza che tale situazione non sia inutilmente sovvertita ben può rientrare fra le ragioni idonee a derogare al criterio legale.

Trattasi di ragione, infatti, fondata su una situazione oggettiva e comune, tale da escludere ad un tempo sia la pura discrezionalità del giudice nella scelta, sia il rischio di un ingiusto vantaggio di singoli condividenti a scapito di altri (non risulta che coloro che oggi pretendono il sorteggio si fossero attivati per ristabilire il possesso comune dei beni ereditari).

Il ricorso, pertanto, va rigettato, con addebito di spese.

Ci sono le condizioni per dare atto della sussistenza dei presupposti dell’obbligo del versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; condanna ricorrenti al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettaria nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; dichiara ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 5 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2019

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