Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19283 del 22/09/2011

Cassazione civile sez. lav., 22/09/2011, (ud. 14/06/2011, dep. 22/09/2011), n.19283

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3611-2007 proposto da:

SISTEMI SOSPENSIONI S.P.A. (già FIAT AUTO MAINS S.R.L.), in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE GIULIO CESARE 21/23, presso lo studio dell’avvocato DE

LUCA TAMAJO RAFFAELE, che la rappresenta e difende, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

R.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RENATO FUCINI

238, presso lo studio dell’avvocato CUTULI GUIDO, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato FELE ARCANGELO, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 220/2006 del TRIBUNALE di NOLA, depositata il

02/02/2006, r.g.n. 668/99;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso depositato il 27 marzo 1997, R.L., dipendente della Fiat Auto Mains s.r.l. con inquadramento nella sesta categoria impiegatizia del C.C.N.L. per le imprese metalmeccaniche private, collocato in Cigs dalla società resistente con comunicazione del 28 gennaio 1994, esponeva che, nonostante l’impegno di cui al verbale di accordo del 20 febbraio 1994, in cui la parte datoriale aveva manifestato l’intento di utilizzare l’intervento straordinario con la rotazione prevista dalla L. n. 223 del 1991, art. 1, comma 8 la sospensione si era in effetti protratta fino al 31 ottobre 1994, data di cessazione del proprio rapporto di lavoro per pensionamento anticipato. Allegava pertanto che la Fiat Auto Mains s.r.l. non aveva di fatto realizzato alcun meccanismo di rotazione dei lavoratori da collocare in c.i.g.s., nè in alcun modo aveva motivato il mancato ricorso a tale criterio, non avendo formato oggetto della comunicazione e dell’esame congiunto con le organizzazioni sindacali i criteri di rotazione del personale da collocare in c.i.g.s.. Deduceva inoltre l’illegittimità della collocazione in c.i.g.s. per l’assoluta insussistenza del nesso di causalità e coerenza della sospensione del lavoro rispetto alla causa integrabile individuata nel citato verbale di accordo, non essendosi verificata alcuna crisi, dal momento che, mentre si provvedevano ad espellere 137 lavoratori, ci si impegnava ad assumere nuovo personale contestualmente al ricorso alla c.i.g.s. nel corso dello stesso anno 1994, assunzioni di fatto verificatesi.

Tanto premesso, l’istante adiva il Pretore di Nola, addetto alla sezione distaccata di Pomigliano d’Arco, in funzione di giudice del lavoro, per sentir accertare l’invalidità del provvedimento di sospensione in c.i.g.s. del ricorrente per violazione della L. n. 223 del 1991, art. 1, commi 7 e 8, in relazione alla mancata motivazione del diniego di rotazione; dichiarare la nullità del menzionato provvedimento di sospensione in c.i.g.s., in quanto privo del necessario nesso causale con la causa integrabile come dedotta in ricorso, e discriminatorio; condannare per l’effetto la Fiat Auto Mains s.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore al pagamento in favore di R.L. delle differenze tra l’ordinaria retribuzione ed il trattamento di c.i.g.s. percepito oltre interessi e rivalutazione monetaria.

Ritualmente costituitasi la società convenuta, contestava la domanda, chiedendone il rigetto.

Con sentenza n. 731/1998, depositata in data 30 dicembre 1998, l’adito Pretore accoglieva la domanda, per mancanza del nesso di causalità e coerenza della sospensione dal lavoro del ricorrente con la causa integrabile della crisi aziendale e, per il periodo successivo, per il quale veniva ravvisata la ricorrenza della causa integrabile della ristrutturazione, per l’inidoneità del criterio di scelta di natura soggettiva, costituito dal possesso dei requisiti per accedere al pensionamento, a fondare un criterio di scelta coerente con il nesso di congruità causale.

2. Avverso tale sentenza interponeva appello la Fiat Auto Mains s.r.l, esponendo in particolare che all’accordo collettivo siglato in data 22.6.1993 presso il Ministero del Lavoro, in cui si era convenuto di ricorrere alla c.i.g.s. per crisi aziendale per il periodo massimo previsto dalla legge, con sospensioni dell’attività lavorativa per periodi settimanali o plurisettimanali, aveva fatto seguito l’accordo del 20.2.1994 nel quale si conveniva di far ricorso alla mobilità per un certo numero di lavoratori, da scegliere sulla base del criterio della possibilità di accedere, nel corso o al termine del periodo di mobilità, ad uno dei trattamenti di quiescenza di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 7, commi 6 e 7, e D.L. n. 40 del 1994, art. 5, commi 4. 5 e 6. Si prevedeva contestualmente la collocazione in c.i.g.s. continuativa e senza rotazione dei lavoratori in esubero sino alla messa in mobilità.

Chiedeva la riforma dell’ impugnata sentenza.

Costituitosi l’appellato R.L. contestava il proposto gravame di cui chiedeva il rigetto.con conferma della gravata sentenza.

Con sentenza del 1 8 gennaio 2006 il tribunale di Nola rigettava l’appello.

3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione la società Sistemi sospensioni s..a. (già Fiat Auto Mains s.r.l.) con un unico motivo.

Resiste con controricorso la parte intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso la società ricorrente denuncia l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. In particolare deduce che la sentenza appellata accogliendo la censura della società Fiat auto mains Srl – ora sistemi sospensioni – ha correttamente collegato la sospensione del R. esclusivamente all’accordo sindacale del 20 febbraio 1994 e non anche quello del 22 giugno 1993 come erroneamente aveva fatto il pretore di Pomigliano d’Arco; ha però incongruamente motivato in ordine all’asserita insussistenza del nesso causale tra la sospensione di cui è causa e la causa integrabile. Posto che la finalità della cassa integrazione straordinaria nel caso concreto va ricercata nell’accordo del 20 febbraio 1994 concluso tra le parti sociali relativamente alla Fiat auto mains e posto che tale finalità consiste nel supportare un’eccedenza di personale determinata dal calo di ordini da parte della società Fiat auto deduce ancora la società che non si vede come il tribunale di Nola non abbia potuto rilevare dall’esame dell’istruttoria espletata in primo grado la sussistenza del nesso causale tra tale finalità e la sospensione del R..

La società richiama poi in particolare la sentenza delle sezioni unite n. 302 del 2002 che ha affermato il principio che le violazioni procedurali hanno rilevanza individuale essendo dirette a tutelare la posizione dei singoli lavoratori esposti alle decisioni datoriali in materia di cassa integrazione. Però – deduce la società – tale pronuncia nulla ha innovato relativamente all’ulteriore questione rilevante nel presente giudizio della comunicazione dei motivi ostativi alla rotazione. Infatti viene ribadito il principio che vanno comunicati alle organizzazioni sindacali i criteri di scelta alternativi alla rotazione ove questa non sia stata adottata nonchè le modalità della rotazione ove questa sia invece stata adottata, ma non dice che i motivi di ordine tecnico-organizzativo che impediscono l’adozione della rotazione, devono essere comunicati ad altri soggetti oltre quelli esplicitamente indicati nella L. n. 323 del 1991, art. 1, comma 8.

2. il ricorso è infondato.

La sentenza d’appello ha risolto la controversia ritenendo l’insussistenza del nesso causale tra la posizione professionale ricoperta da R. e la dedotta a causa integrabile della ristrutturazione richiamata a motivo della richiesta di intervento della cassa integrazione nell’accordo del 1994.

La sentenza impugnata ha intatti richiamato la comunicazione inviata dalla società al lavoratore in data 28 gennaio del 1994 con cui si comunicava al dipendente che in relazione alla situazione aziendale rappresentata dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori anche in sede ministeriale, oggetto delle esperite procedure previste dalla legge, egli sarebbe stato sospeso in via continuativa dall’attività lavorativa a partire dal 31 gennaio 1994 fino a nuova diversa determinazione.

Secondo i giudici d’appello la valutazione della legittimità della collocazione in cassa integrazione richiedeva la verifica della coerenza tra la causa integrabile individuata dalle parti sociali e fondante la richiesta del provvedimento amministrativo concessorio del beneficio della cassa integrazione per la società e la sospensione del lavoratore.

Il tribunale quale giudice d’appello con valutazione di merito a seguito della istruttoria espletata in primo grado ha ritenuto che la dedotta causa integrabile della crisi aziendale non avesse trovato un adeguato supporto probatorio. Secondo i giudici di merito dalle dichiarazioni rese dai testi escussi risultava che il settore al quale era addetto il lavoratore non aveva risentito una riduzione di attività conseguente al calo di ordini della principale committente.

Si tratta si tratta di una valutazione di merito assistita da motivazione sufficiente e non contraddittoria e quindi non censurabile in sede di legittimità.

Nè la società, che svolge essenzialmente considerazioni di carattere generale, indica circostanze di fatto non valutate dalla corte distrettuale, nè deduce antinomie interne all’iter argomentativo della pronuncia impugnata.

3. Il ricorso va quindi rigettato.

Alla soccombenza consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione liquidate in Euro 47,00 oltre Euro 3.000,00 (tremila) per onorario d’avvocato ed oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2011

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